Elisa Battistini. La luce oscura

2025-09-24 17:13:10
Elisa Battistini. La luce oscura

Se il cinema, come alcuni sostengono, è morto con l’inizio del nuovo secolo, Lars von Trier è la prova vivente e vivificante che la settima arte palpita ancora.

Consacrato al grande pubblico con capolavori come Le onde del destino e Dancer in the dark, von Trier ha superato i confini del suo cinema autoriale senza snaturarsi. Registra internazionale, i suoi film sono arrivati anche nelle sale italiane portando agli inizi del Duemila la Mondadori a investire sulla realizzazione del volume Il cinema come Dogma, libro-intervista tra Lars von Trier e Stig Björkman. In quegli anni risale anche la sceneggiatura di Dancer in the dark edita da Minimum Fax e, in occasione dell’uscita di Dogville, il volume monografico di Roberto Lasagna per Gremese Editore.

Oltre ogni aspettativa

Nonostante la validità delle pubblicazioni, per decenni non sono usciti presso le case editrici altri contributi significativi, fino a questi ultimi anni. Fra tutti, emerge indubbiamente Lars von Trier. La luce oscura di Elisa Battistini, edito da Bietti nella collana “I libri di Inland” e con la prefazione dell’attore Willem Dafoe. Un libro monumentale, di oltre seicento pagine, che oggi più che mai diventa un libro totemico, indispensabile per chiunque voglia districarsi nel cinema del “ragazzaccio danese”.
Elisa Battistini riesce in un’impresa unica. Con le pagine del suo libro puntella gli alberi che vanno a costituire la foresta oscura in cui lo spettatore è destinato inevitabilmente a perdersi durante la visione del cinema di von Trier. Eppure, Battistini riesce anche a fornire delle importanti coordinate di lettura per tutto quello che costituisce il macrocosmo del regista danese. Oltre ad avanzare imprescindibili considerazioni personali, il suo è un lavoro estremamente documentato, ricco di un apparato critico per chiunque voglia approfondire le opere di tutta la sua produzione. Un invito a non guardare i film superficialmente, ma a capirli.

Lars von Trier e la settima arte

Dalle prime sperimentazioni della Scuola di Cinema ai Festival internazionali, von Trier è riuscito a realizzare il suo tipo di cinema con un linguaggio inconfondibile, senza mai però imitarsi del tutto. Negli anni si è rivelato un maestro non solo dietro la camera da presa, ma anche nella scrittura di sceneggiature titaniche e nella gestione delle proprie produzioni. Orgogliosamente indipendente, è riuscito a fare Cinema secondo i propri modelli e teorie.
Allievo spirituale di numi tutelari come Carl Theodor Dreyer, Ingmar Bergman e Andrej Tarkovskij, Lars von Trier, almeno per un primo periodo della sua carriera, si vota a un rigoroso formalismo estetico. Ortodosso nella realizzazione, gira L’elemento del crimine, dedicato proprio all’autore di Stalker, ed epopee moderne come Europa.
Tuttavia, von Trier lavora, senza pregiudizi, anche per la televisione realizzando non solo spot e clip, ma anche producendo una delle rivoluzioni del piccolo schermo. Si tratta della serie televisiva The Kingdom che, a distanza di più di venticinque anni, come I segreti di Twin Peaks, ha visto la realizzazione della terza stagione. Un impulso che lo porterà anche a fondare insieme a Thomas Vinterberg Dogma 95 e girare uno dei suoi prodotti più controversi, Idioti.

Il libro come bussola

Il libro di Battistini (acquista) è quindi una bussola. Permette di risalire alla fonte della gran parte delle suggestioni del regista derivanti a volte da singoli episodi oppure dalle impressioni e stimoli avuti durante l’infanzia.
Ecco, perciò, che la trilogia del “Cuore d’oro”, affonda le sue radici nell’omonima fiaba che Lars era abituato da leggere fin da bambino, o come The Kingdom, oltre ad essere debitore a Lynch, si ispiri dichiaratamente alla miniserie francese Belfagor o Il fantasma del Louvre. Oppure, ancora, come le innovative scenografie di Dogville e Manderlay  siano in realtà ispirate da un allestimento della Royal Shakespeare Company del Nicholas Nickleby di Charles Dickens. Per non dire poi della musica, di cui von Trier è un grandissimo estimatore, soprattutto del trasformismo di David Bowie, le cui canzoni vengono inserite in diversi film, di cui si ricorda, ad esempio, Fame in La casa di Jack.

Del dolore e della luce

E se Bowie canta “Got to get a rain check on pain”, von Trier non ha mai rimandato l’appuntamento con il suo dolore. Battistini, da ottima cinefila virgiliana, ci accompagna nella mente della regista danese. In questo percorso, nonostante la luce possa apparire oscura, in realtà si nota come la luce filtri tra le fronde degli alberi. Non si tratta però del semplice soffrire per plasmare l’arte, piuttosto della capacità di costruire un contesto così da provare a scindere, fondamentalmente, il bene dal male.
Ma, a essere sinceri, Battistini ha ragione un’altra volta: il confine, come ci insegna Lars von Trier, non è così netto e a volte può anche diventare un ossimoro. Perché, per parafrasare l’autrice, il bene e il male non sono categorie statiche, ma intessono continue relazioni reciproche. E anche Lars von Trier lo sa bene e coglie ogni occasione per ricordarcelo. Adesso è il turno del lettore/spettatore non dimenticarlo.

Lorenzo Gafforini ©magmamag.it 24 settembre 2025

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