Libero: «Bradbury, Eliade, Lovecraft. Quel che a Torino non c'è»
Andrew Macdonald & Antarès Prospettive Antimoderne
Il bello di una «fiera» sta anche nelle sue stravaganze, nelle curiosità che essa regala ai visitatori, in ciò che presenta di diverso e fuori dell’ordinario. Un «salone», invece, è un po’ come un centro commerciale. I grandi marchi si notano, quelli più piccoli, che magari offrono prodotti altrettanto se non più ricercati, si perdono nel marasma. O addirittura non riescono neppure ad arrivare sugli scaffali.
Al Salone del libro di Torino, per esempio, non trovate quest’anno lo stand delle Edizioni Bietti. Una casa storica, che da qualche anno è stata ripresa in mano da giovani volonterosi come Andrea Scarabelli (responsabile della splendida collana l’Archeometro) e Tommaso Piccone (amministratore e direttore editoriale), i quali l’hanno riportata ai fasti del tempo che fu. Nel loro catalogo si trovano nomi come Ray Bradbury, E. M. Cioran, H. P. Lovecraft, solo per citarne alcuni. Libri che, appunto, non vedrete a Torino, ed è un vero peccato. Perché sono le eccezioni come Bietti a rendere interessante il panorama editoriale italiano.
«Per via di svariati investimenti sul fronte telematico, abbiamo deciso di lasciar perdere Torino quest’anno, scegliendo altri interlocutori», spiega Andrea Scarabelli. «D’altro canto, in un ambiente come quello torinese, accanto ai giganti dell’editoria nostrana, per una realtà medio-piccola non è facile emergere. Meglio operare sul web – nuovo canale per che non si contenta di quel che trova in libreria ma ama l’universo editoriale, per così dire, a trecentosessanta gradi».
I volumi di Bietti, in ogni caso, si trovano agevolmente in libreria. E dal web si possono scaricare gratuitamente (disponibili, sempre gratis, anche in formato cartaceo in varie librerie) i numeri della rivista Antarès, ennesimo «caso» in Italia.
«Antarès – prospettive antimoderne nacque per iniziativa di un gruppo di (allora) studenti della Statale di Milano», racconta Scarabelli. «Avversi a un certo tipo di cultura accademica bigotta, provinciale e conformista, la cui ortodossia li annoiava non poco, decisero di approfondire quegli autori e temi non giudicati degni d’interesse dalla “cultura ufficiale” in fascicoli tirati in pochissime copie e distribuiti tra amici e conoscenti. Fino a quando una copia giunse tra le mani di Tommaso Piccone, direttore di Edizioni Bietti, che accolse l’idea di dare una nuova veste grafica al periodico, mantenendo – caso più unico che raro – la sua formula gratuita. Sotto la direzione del sottoscritto e dell’amico Gianfranco de Turris, Antarès ha conosciuto una crescente popolarità. Quattro anni di attività, nove fascicoli pubblicati… La rivista è cresciuta e ha visto accostarsi il lavoro di due o tre generazioni di studiosi, accanto a inediti di nomi ben più noti, come Emil Cioran, Mircea Eliade, Giovanni Papini e Howard Phillips Lovecraft». Il prossimo fascicolo, ora in stampa, si intitola Lune d’Acciaio, ed è dedicato al rapporto tra mito e fantascienza, «nato dalla persuasione che la science-fiction, con le avventure eroiche in mondi lontani, il nodo alla gola di viaggi oltre la velocità della luce, gli incontri con razze sconosciute, i bagliori di mondi persi e ritrovati, possa svolgere la funzione di mito per la modernità, in crisi proprio perché priva di una mitologia fondante».
Poi c’è la collana «l’Archeometro», una collezione di gioielli come Carta da Visita di Ezra Pound, L’agonia dell’Occidente di Emil Cioran e Salazar e la rivoluzione in Portogallo, di Mircea Eliade. Volumi importanti, lontani dal mainstream, proposti in una veste elegante e oggetto di una cura rara nell’editoria odierna. «I libri dell’Archeometro non vengono mai riproposti tali e quali ma sempre corredati di introduzioni, postfazioni e appendici – storicizzati, insomma», dice Scarabelli. «Troppe sono quelle case editrici le quali, per pigrizia o poca cura, ripubblicano testi vecchi di decenni senza contestualizzarli, come se fossero stati scritti ieri. È il caso, ad esempio, delle ultime due uscite. Siamo noi i marziani, raccolta d’interviste a Ray Bradbury, è dotata di un imponente corpo di note, introduzioni, cronologie e bibliografie. Così come due saggi critici, di cui uno firmato dal politologo Giorgio Galli, accompagnano la prima edizione italiana dei famigerati Turner Diaries, inseriti nella collana col titolo La Seconda Guerra Civile Americana. Vangelo dei suprematisti statunitensi e profondo sismografo della crisi della modernità, è un libro da cui non si può prescindere per comprendere questo nostro tempo». Ci vuole del coraggio, a pubblicare opere del genere. Il libro di MacDonald, in particolare, è quanto di più sulfureo sia disponibile sulla piazza. Eppure è necessario leggerlo per capire dove nascono personaggi come Breivik o McVeigh (quest’ultimo considerava i Turner Diaries come una specie di «libretto rosso»).
«I prossimi progetti della collana coinvolgono nomi vecchi e nuovi», conclude Scarabelli. «Prime edizioni italiane di Drieu La Rochelle e Alain de Benoist saranno affiancate da altri volumi di Pound, Eliade e Cioran. Talvolta, quando l’ortodossia vacilla, è agli eretici e agli eterodossi che occorre rivolgersi. Per onestà, nonché educazione». C’è bisogno di editori così. E sarebbe bello trovarli anche a Torino.
(Francesco Borgonovo, «Libero», 17 maggio 2015)