«Il mucchio selvaggio»: Volevo dipingere la luce del sole. Vita di Edward Hopper

Ilaria Floreano
2017-02-27 11:25:55
«Il mucchio selvaggio»: Volevo dipingere la luce del sole. Vita di Edward Hopper

È mattina a Cape Cod. Una donna guarda fuori dalla finestra. Forse attende qualcuno. Forse cerca d’intuire il cambiamento del tempo. Non c’è dato saperlo, ma senz’altro rivolge il capo verso il sole, attratta da una luce che sembra quasi rapirla. “La luce è un efficace mezzo per creare la struttura della realtà, una potente arma che permette all’artista di rendere la sua visione del mondo“, affermava Edward Hopper. E nel suo mondo poetico – come testimonia il dipinto Cape Cod Morning del 1950 – la luce si allontana dalla realtà visibile per assomigliare più spesso all’universo del sogno, in cui i racconti sono frammentari e le emozioni sono cristallizzate in singole immagini. Fino al mese scorso la magia di quella luce  era vicina a noi, esposta brillantemente al Complesso del Vittoriano di Roma, dove era stata allestita una mostra dedicata alla carriera del pittore statunitense, dagli anni parigini al successo americano. Un’occasione che speriamo non vi siate lasciati sfuggire, altrimenti vi resta un’altra possibilità: la lettura di Volevo dipingere la luce del sole. Il prezioso volume vi aiuterà a vedere quella luce come fosse davanti a voi, lasciandovi smarrire negli enigmi pittorici di Hopper. Potrete trovarvi il racconto dell’America delle grandi città solitarie, popolate da nomadi metropolitani che girano per diner, hotel, cinema, in cerca di qualcuno con cui finiranno per non comunicare. C’è poi l’America periferica e silenziosa di Truro: cittadina, nella penisola di Cape Cod, che il pittore elesse come studio privato e fertile fonte d’ispirazione. C’è il rapporto tra l’uomo e l’architettura. C’è la costruzione del mito americano e lo svelamento dell’esistenza come teatro. C’è il realismo che incontra la metafisica. Soprattutto, c’è un artista affascinato dal cinema – come mezzo e luogo – che con la sua opera, come nessun altro, ha influenzato la settima arte. “È come se, nei quadri di Hopper, si fosse concretizzato un sentire moderno universale“, scrive l’autrice. Lo stesso sentire di cui sono fatti quei sogni chiamati film.

Rosario Sparti, ©Il mucchio selvaggio, marzo 2017

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