È qualcosa che scatena la fantasia, un elisir di lunga vita. Quasi una versione laica del Santo Graal, è il filo conduttore di immagini storiche impresse nella nostra mente, letterari marchi d’autore. Quando le scene,i personaggi,appartengono a film famosissimi, ma hanno indimenticabili ascendenti e paternità. Questo produce un mix suggestivo, nel piacere di leggere, tra gusto, olfatto e cultura, perché di cocktail siparla. Una confezione, anzi bevanda raffinata, che ci regala il giornalista Paolo Nizza, parodiando il mitico I have a dream con il suo I have a drink (edizioni Bietti, pp. 90, euro 4,99), sottotitolo Un brindisi tra cinema e cocktail. Ma il cinema non sarebbe grande, se non avesse spesso alle spalle la letteratura. E l’autore ci precisa subito che la parola cocktail potrebbe derivare dai termini inglesi cock (gallo) e tail (coda), dai tempi in cui si miscelavano bevande colorate che evocavano le variopinte code dei galli da combattimento. Ma forse anche dal francese coquetier, un contenitore per uova usato nell’800 da un farmacista di New Orleans per somministrare miscele alcoliche di sua creazione. Da allora ad oggi, con il più famoso dei Martini Cocktail, quello prediletto da James Bond, o il Manhattan preparato da Marilyn Monroe in A qualcuno piace caldo, al White Angel, gustato da Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany. Un’incursione che non ci fa rischiare la sbornia triste, ma ci propone un viaggio tra varie misture che risulta ugualmente da capogiro. Così,in una superba introduzione, con il fascinoso Brad Pitt negli anni ’30 di Babylon, in cui l’autore lo accosta a Francois Rabelais, «bevo per la sete che avrò», si viaggia tra i distillati principali, quell ialla base dei cocktail celebri, quali Vodka,Whisky, Tequila, Rum, Gin, Brandy, più un fastoso the end dedicato a “sua Maestà il Martini”, e subito indirizza ai lettori un “benaugurante prosit” con i versi di Stephane Mallarmè: «Noi navighiamo, o miei diversi amici, io digià sulla poppa / voi sulla prora fastosa che fende il flutto di lampi e d’inverni; una bella ebbrezza mi spinge / né temo il suo beccheggiare / in piedi a far questo brindisi/solitudine, stella, scogliera / a tutto quello che valse /il bianco affanno della nostra vela».
I capitoli di Nizza sono titolati come parodie del distillato di turno, il primo, C’ERA UNA VODKA, trova il suo riconoscimento nella citazione di Michail Bulgakov con Il maestro e Margherita: “L’unica cosa che le ridarà vita sono due bicchierini di vodka accompagnati da uno spuntino caldo”. Il secondo capitolo WHISKY, RISCHI E FISCHI non ci regala una dedica letteraria, ma supplisce con una notevole esternazione di Ava Gardner: «Voglio vivere fino a centocinquant’anni, e il giorno in cui muoio voglio avere una sigaretta in una mano e un bicchiere di whisky nell’altra», disse la diva amata da Walter Chiari e Luis Dominguin. Al terzo capitolo UNA TEQUILA O CENTOMILA, si torna indietro all’alba della terra con i dinosauri, e nella più famosa sequenza di Jurassic Park, quando decine di creature a scaglie inseguono sventurati turisti nella riserva, si vede uno di loro in fuga con un paio di Margarita, cocktail composto da tequila, liquore all’arancia e succo di lime. Mistura che, ironizza l’autore, è anche la cosa migliore del libro e del film Cinquanta sfumature di grigio: disinibisce e non impegna, tra frustini, pulsioni e bondage. Per il quarto capitolo, COGITO ERGO RUM, viene evocata L’isola del tesoro: «Bevanda, cibo: per me il rum era tutto, come marito e moglie, eravamo», scriveva Robert Louis Stevenson nel 1883. Infatti il rum profuma di avventura, battaglie navali, pirateria, e l’incendio che lo brucia ne La maledizione della prima Luna annientava dolorosamente Jack Sparrow-Johnny Depp. Passando per il Mojito di Pedro Almodovar (rum bianco, succo di lime, foglie di menta e acqua minerale) in Volver e Tom Cruise con il Tourquoise Blue di Cocktail, arriviamo al capitolo GINFLUENCER ALLA RISCOSSA, dove viene evocato addirittura Giosuè Carducci. Il quale scriveva, in stato di piacevole ebbrezza, il 5 ottobre 1881: “Quanto azzurro d’amore e di ricordi, Gin infido liquor, veggo ondeggiare”. A volte il gin, scrive Nizza, si impossessa di dardi e faretra e si trasfigura in un alcolico Cupido, firmando un cult in
assoluto: succede quando Humphrey Bogart e Ingrid Bergman si incontrano al Rick Cafè di Casablanca, firmato da Michael Curtiz nel 1942. E sorseggiano il French 75, mix di gin, limone, sciroppo di zucchero, champagne. La chiusura, MARTINI CRISTALLINI & COCKTAIL AFFINI, come anticipato, è dedicata al cocktail sovrano: “Un dry Martini va sempre preparato a ritmo di valzer”, diceva William Powell a Mirna Loy, la coppia più “etilica e stilosa della sophisticated comedy”. Ma infine, ad oscurare tutti, arrivò Ian Fleming, il papà letterario di quella spia, James Bond, che il Martini lo esigeva «agitato, non mescolato».
Bruna Magi © Libero 12 ottobre 2023