Non c’è regalo più gradito di un piccolo saggio che tratta di economia scritto da un “estraneo” al settore. Tanto per dare un’idea, per nulla imperniato sull’uso strumentale e sulle personalizzazioni di gonfaloni e intellettuali, provenienti dalle scuole di pensiero della macroeconomia e della microeconomia. “C’era una volta l’economia, Oro e lavoro nelle favole dal Mago di Oz a Mary Poppins” di Luca Gallesi, insegnante di Lingua e letteratura inglese, riesce ottimamente a coordinare gli sforzi nella direzione della “Collana Poundiana” per le edizioni Ares. I suoi contributi alle pagine culturali di quotidiani e periodici a tiratura nazionale, lo portano, diversamente da quanto un lettore possa aspettarsi in un volume di poche pagine, ad una semplice e piacevole lettura (cosa rara quando si scrive di economia e finanza) riuscendo inaspettatamente a rompere gli indugi e a scomporre la morale espressa in genere alla fine delle favole, dalla realtà.
Il testo conduce il lettore alla riletture di due racconti dell’occidente, a metà strada tra il sogno onirico e le vicissitudini del XX secolo per poi comprenderne, anche se solo in parte, come allora, le dinamiche politiche, dell’economia mondiale, i fatti e i personaggi descritti dall’autore, spesso soggetti ad abilissimi trucchi per poi essere regolarmente cestinati da un establishment intellettuale e politico contiguo alle magagne della City e di Wall Street. Vizi e defezioni che irrompono sulla scena sociale e culturale del XXI secolo, riconducendo il tutto a semplici accadimenti di costume e società dai retroscena anteriori e posteriori, nascosti in acronimi spesso usati dagli esperti del settore economico-finanziario. Naturalmente, senza nessuna voglia di rendere chiari e soprattutto comprensibili, le denominazioni e le vicende che hanno portato alla nascita dei primi antiemetici, per alleviare i postumi dovuti alle carambole dello spread, del sistema/mercato oligopolistico gestito dalla ultima forma del Capitalismo.
Tuttavia, possiamo allora affermare che Luca Gallesi nel suo saggio, descriva la palingenesi della moderna Età dell’Oro o se vogliamo, come a lui piace indicarla con precisione, di una continuità adorazionale e contemplativa del biblico Vitello d’Oro ? Salvo le eccezioni riguardanti le attività populiste risalenti alla metà del Settecento americano e, in buona parte, dovute alle azioni politiche di Presidenti come Jefferson, Jackson, Van Buren e Lincoln, bisogna però, oggi, comprenderne l’ampio margine che sino a ieri era conosciuto con il nome di Capitalismo ? L’ultima forma conosciuta del turbo-capitalismo e la sua ennesima propensione all’adattamento dovuta alla fine degli spazi mercantili e delle vie possibili per l’espansione e l’ampliamento della commercializzazione dei prodotti, con l’inizio di un quarto mutamento.
Possiamo definirlo con il nome di “Capitalismo Pneumatico”. Prossimo alla rigenerazione e a correre alla stessa stregua del treno più veloce al mondo (di fattura cinese, il CRH380A in grado di raggiunge i 500 Km orari) che dopo uno schianto contro un muro, giunto al termine di un “ciclo di muta”, si rifà le vesti. Ampiamente sbugiardato nelle sue fattezze dell’irrealtà di un profitto puramente immaginario ai più, dai giochi di una borsa alle economie speculative, somministrate gradualmente alla società del “benessere”, grazie anche all’accondiscendenza di una classe politica compiacente e ad un controllo neonatale della specie. Il conseguimento di un punto estremo, come nel ciclo vitale di un essenza prossima all’estinzione, il muro d’impatto assume i contorni e una consistenza di gomma, per divenire rinascita. Prendendo nuovamente vitalità dalla prima e dalla seconda stagione della rivoluzione industriale americana, asiatica ed occidentale.
Un merito da attribuire al Professor Luca Gallesi, “navigato sgobbone poundiano”, cui piace ripercorrere i primi passi dopo l’ipotizzabile disfacimento. Dalla scopa di Mary Poppins alle pieghe di una favola che racchiude in se le peripezie di Pamela Lyndon Travers, nome d’arte della scrittrice australiana Helen Lyndon Goff, autrice dell’omonimo romanzo e in buona parte delle disavventure paterne (non solo paterne) legate alla Bank of England. Come dimostrato dalla Banca d’Inghilterra, dove nacque la modernissima concezione dell’uso del denaro a discapito dell’ economia e di una moneta tangibile, della produttività e del regime di crescita imposto ai governi di mezza Europa. Secondo il sistema presbiteriano-battista della produttività, disgiunto da ogni immaginario di utilità per la società e dalla crescita (terminale) smodata, efficace solo in parte al ciclo del rinnovamento del capitalismo contemporaneo. Quando un professore di Liceo, vede più in là del bigottismo contemporaneo, dove il ritorno all’antico non è solo una prerogativa conservatrice. Due passi avanti per raggiungerne poi quattro indietro? La teoria del gambero: meglio far credere, secondo la quarta evoluzione del Capitalismo, all’illusione di un gambero che cammina all’indietro ma che in realtà procede in avanti facendo passi da gigante. Balzando in senso contrario e, sopra addirittura, ad una società preconfezionata.
(Francesco Marotta, «Destra.it», 5 gennaio 2014)