Non sono molti i saggi in grado di indagare, con competenza, rigore filologico e sincera passione per la materia, fenomeni estremamente recenti, mutevoli e tutt’ora in fase di assestamento come potrebbero essere quelli legati all’industria cinematografica. Se l’oggetto in questione, poi, viene analizzato compiutamente per la prima volta, l’interesse non può che aumentare. Blumhouse Productions. La casa americana degli orrori di Matteo Marescalco, uscito a marzo 2023 per la collana Inland di Bietti Edizioni, è infatti il primo studio italiano dedicato a quella che, per buona parte di inizio millennio, è stata La casa di produzione horror per eccellenza.
Difficile, del resto, pensare al genere, oggi, senza incappare almeno una volta nella compagnia fondata nel 2000 da Jason Blum. Perché la storia di Blumhouse Productions, in un certo senso, è anche la storia dell’horror americano degli ultimi vent’anni. La storia delle sue mode e dei suoi archetipi ma anche, e soprattutto, lo specchio dei traumi e delle paure – sociali, politiche, economiche – di un intero Paese. Uno sguardo sulla realtà mai conciliato o conciliante che, attraverso la creatura di Blum, si fa apripista di un nuovo modo di fare e intendere il genere, unendo assieme industria e logiche da cinema indipendente, consuetudini europee e dinamiche da blockbuster.
Un unicum nel panorama cinematografico, fatto di formule vincenti (una su tutte: High concept, low budget) e riflessioni teoriche, collaborazione con le grandi major e concessione del final cut ai registi. Una realtà capace di reinventare, istituzionalizzandolo, il modo di fare film commerciali pur mantenendo un approccio fortemente indipendente. Fino a trasformarsi, in poco tempo, in un vero e proprio brand riconoscibile anche dal grande pubblico.
È da questa unicità che prende piede il lavoro di Marescalco. Un viaggio che, in perfetta sintonia con il suo oggetto di studio, si immerge tanto negli aspetti industriali del fenomeno, quanto nella specificità e nell’importanza (tematica, artistica, socio-politica) dei singoli testi filmici presi in esame. È attraverso questi casi di studio, centro e cuore del libro, infatti, che l’autore riesce a dimostrare non solo il peso che queste opere hanno avuto all’interno del sistema produttivo ma anche la loro capacità di elaborare eventi storici, politici e sociali influenzando il dibattito contemporaneo e, in definitiva, lo stesso immaginario collettivo.
Da Paranormal Activity, vero e proprio trampolino di lancio per la Blumhouse e suo manifesto politico, teorico ed economico, allo sdoganamento degli elevated horror, tra nuovi grandi nomi (Jordan Peele) e vecchie glorie salvate dal dimenticatoio (M. Night Shyamalan), passando per titoli capaci di fondare nuovi franchise (The Purge) o rinverdire saghe storiche attraverso la pratica del remake/reboot (Halloween), l’analisi di Marescalco si districa così tra fattori economici ed elementi artistici, colpi di genio produttivo e riflessioni tutt’altro che scontate sulla contemporaneità e sulle sue derive. Temi quali disuguaglianze sociali, questione femminile, razzismo e pericoli delle nuove tecnologie diventano, in questo modo, fotografia puntuale (e a volte preconizzante) di un Paese irrimediabilmente irrisolto, contenitore di paure tutte inedite e contemporanee.
Un contesto all’interno del quale l’autore ritaglia per Blum il ruolo di protagonista assoluto. Artefice di un’idea di cinema capace di racchiudere in se vecchio e nuovo, New Hollywood (Patrick Brice, regista di Creep, nella prefazione al libro racconta di come Blum desse a ogni nuovo regista un manuale di Roger Corman) e spregiudicato talento imprenditoriale.
Il quadro che mano a mano viene fuori dalle pagine di Marescalco è così quello non solo di una realtà produttiva unica, ma anche di un modello di cinema virtuoso. Capace di portare avanti una politica di studio alternativa, fatta di creatività e marketing, arte e industria, dove il guadagno e i progressi tecnologici non compromettono mai la possibilità di sperimentare.
Un modello che, seguendo la tesi dell’autore, si innesta perfettamente nell’unicità del tempo in cui viviamo, diventando una possibile strada da battere per il futuro stesso del genere. Un faro per una realtà, produttiva e spettatoriale, completamente mutata dopo la pandemia ma ancora desiderosa di ragionare e mettere in scena le sue più profonde, e altrimenti inconfessabili, paure.
Mattia Caruso ©Birdmen Magazine 15 maggio 2023