Lars von Trier. La luce oscura

Elisa Battistini
2025-06-26 09:23:41
Lars von Trier. La luce oscura

Lars von Trier è uno dei registi più divisivi di sempre. Raccontare l’opera e soprattutto la personalità del cineasta è una sfida ambiziosa, ma Elisa Battistini l’ha vinta, firmando la più completa monografia italiana sul danese

Genio o provocatore da quattro soldi? Una cosa è certa: Lars von Trier è uno dei registi più divisivi di sempre. Pensiamo a capolavori come Dogville e Melancholia ma anche alle sue dichiarazioni controverse. Tanto da spingere il Festival di Cannes a bandirlo per qualche anno a causa di una battuta su Adolf Hitler. Raccontare l’opera e soprattutto la personalità del cineasta è una sfida ambiziosa, ma Elisa Battistini l’ha vinta. Con “Lars von Trier. La luce oscura” (Bietti), la giornalista e critica cinematografica firma la più completa monografia italiana sul danese nonché una delle più esaurienti a livello internazionale. Dopo l’articolata prefazione dell’attore Willem Dafoe e l’introduzione firmata da Peter Schepelern, l’autrice ripercorre in maniera cronologica tutta la carriera di von Trier. Dai primissimi cortometraggi da ragazzo agli esordi sul grande schermo, fino alla consacrazione e alle ultime fatiche.
Il titolo del libro – che è anche quello dell’ultima parte dello scritto – è un’espressione che usa il protagonista de La casa di Jack per riferirsi alla qualità demoniaca insita nel bagliore. Un raggio diabolico, ma affascinante e seducente. E proprio la luce oscura racconta molte cose di von Trier. Luce e oscurità del resto sono temi ricorrenti nella sua opera, come il dolore, la solitudine e la tensione tra l’individuo e la collettività. Fin da bambino ha visto le cose da una prospettiva diversa. Basti pensare che nel 1963, quando aveva sette anni, dettò al padre Ulf un racconto intitolato Mordene ved midnat (Omicidi di mezzanotte) la cui trama ha a che fare con dei delitti. Ma c’è anche tanto altro: lo stile visivo radicale e innovativo, l’esplorazione estrema della sofferenza umana, il suo “gioioso sadismo”.
Uno degli aspetti più interessanti del volume è la capacità dell’autrice di mostrare le tante sfumature di von Trier. Dal bullismo subìto da bambino agli attacchi di ansia, fino ai fallimenti. Sì, perché la storia del cineasta è fatta anche di fiaschi. Non fu selezionato alla Scuola nazionale di cinema al suo primo tentativo di ammissione del 1973 e non fu accettato all’Accademia di Belle arti di Copenaghen e alla Scuola nazionale di teatro. Era un outsider, un ragazzo su cui nessuno avrebbe scommesso. E invece siamo qui a celebrare uno dei registi più importanti della storia del cinema, con tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti, con la sua personalità dinamitarda e con le sue fobie talmente assurde da sembrare inventate.
Un’altra stimolante chiave di lettura è che la storia di von Trier è anche un grande esempio di libertà. Dopo aver mosso i primi passi da regista, capì che se voleva fare un cinema libero avrebbe dovuto creare una società di produzione. Così, da ottimo imprenditore, insieme a Peter Aalbaek Jensen nel 1992 fondò la Zentropa, diventata una delle realtà più attrattive dell’area nordica. In questo modo si garantì una libertà assoluta e restò lontano da compromessi e accordi sottobanco. Ma non solo. Con il lancio del movimento Dogma 95 e il successo dello straordinario Le onde del destino, la sua società divenne un caso globale.
Lars von Trier. La luce oscura si presenta dunque come un’opera completa e ben documentata, ideale per chi desidera approfondire la figura di uno dei registi più discussi e affascinanti del panorama cinematografico contemporaneo.

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