La musica nel cuore: jazz, Mozart e Avati. "Noi tre", "Bix. Un’ipotesi leggendaria" e "Ma quando arrivano le ragazze?"

Emanuele Rauco
Pupi Avati n. 10/2019
La musica nel cuore: jazz, Mozart e Avati.

Se è vero che la forma autobiografica è una parte consistente del cinema di Pupi Avati, è altrettanto vero che al fondo dell’ispirazione personale del regista si può trovare la musica. Soprattutto il jazz, suo vero sogno giovanile, come scrive nell’autobiografia: «Il mio sogno era diventare un grande clarinettista jazz. Ma un giorno nella nostra orchestra arrivò Lucio Dalla. All’inizio non mi preoccupai più di tanto, perché mi pareva un musicista modestissimo. E invece poi ha manifestato una duttilità, una predisposizione, una genialità del tutto impreviste: mi ha tacitato, zittito, messo all’angolo. Io a un certo punto ho anche pensato di ucciderlo, buttandolo giù dalla Sagrada Familia di Barcellona, perché si era messo in mezzo tra me e il mio sogno».
Raccontando la musica, Avati trova un filtro forte attraverso cui raccontarsi e descrivere il mondo ma anche uno schermo, una mediazione che possa rendere meno dolorosa la messinscena della prima persona. Non a caso, tra i tre film che Avati ha dedicato direttamente alla musica, Noi tre, Bix. Un’ipotesi leggendaria e Ma quando arrivano le ragazze? – a cui andrebbe aggiunta la miniserie tv Jazz Band del 1979 – due parlano di musicisti realmente esistiti e leggendari come Wolfgang Amadeus Mozart per il primo titolo e Bix Beiderbecke per il secondo: come se parlare di jazz e della sua passione per il clarinetto lo esponesse troppo, lui che della delicatezza e della ritrosia pudica verso passioni e sentimenti accesi ha fatto un marchio di fabbrica. È altresì interessante constatare come l’accrescere della consapevolezza di Avati nel rapporto tra musica e autobiografia passi anche da una maggiore disinvoltura nella messinscena dello stesso atto del suonare, del rapporto tra macchina da presa e strumento musicale. Si prenda Noi tre, primo di questa ideale trilogia musicale: la musica, praticamente, non si vede. Avati si concentra sull’adolescenza di Mozart che, portato dal padre a Bologna per sostenere un importante esame all’Accademia dei Filarmonici, preferisce passare il tempo con il figlio del conte che li ospita e con una giovane quindicenne di cui si innamora. Per il giovane “Amadé”, come lo chiamano i coetanei, la musica è una sorta di costrizione, un’imposizione genitoriale da contrapporre alla vitalità giovanile. Così è anche per Avati, che preferisce la natura rigogliosa dell’estate emiliana al palazzo signorile che puzza, i cui colori sono funerei, la cui decadenza si applica anche ai suoi abitanti (il malandato conte di Carlo Delle Piane, il cugino matto di Gianni Cavina) e si scontra con la forza e l’energia dei tre ragazzi a cui allude il titolo. La bandiera della musica è tenuta alta in modo orgoglioso e sfacciato da Riz Ortolani, la cui partitura originale sfida i brani mozartiani sul loro stesso campo.
Più articolato dal punto di vista sonoro e musicale è Bix, il film che racconta la vita di Beiderbecke, mitico trombettista statunitense di cui Avati racconta la tumultuosa vita privata e professionale – attraverso l’escamotage del ricordo di un suo collega d’orchestra – circonfondendo il musicista di un certo mistero circa il suo genio. Beiderbecke, già portato sullo schermo “per interposta persona” in Chimere di Michael Curtiz (1950), era noto per essere uno dei primi bianchi a suonare il jazz «meglio degli afroamericani». Come spesso nei film di Avati è visto da un occhio laterale, raccontato da uno dei personaggi che nella sua vita sono stati di contorno, proprio come si è sentito il regista con Dalla ai tempi della Doctor Dixie Jazz Band. Che per l’autore (e per il fratello produttore e sceneggiatore Antonio) Beiderbecke sia un mito lo dimostra la cura maniacale con cui ricostruisce scene, ambienti e atmosfere dell’America degli anni Venti, arrivando a comprare la casa natale del musicista a Davenport, Iowa, che sarà poi al centro del successivo Il nascondiglio (2007); una cura che si riversa anche nella parte musicale, composta solo da brani d’epoca arrangiati e supervisionati da Lino Patruno e capace di contagiare anche la messinscena delle sessioni di registrazione e dei concerti. L’aura di Beiderbecke, però, è talmente forte che Avati ne sembra quasi intimorito, come se il film fosse un passo indietro – anzi, di lato – rispetto alla forza del jazz del protagonista. Così la musica, il suono della tromba di Bix, sembra far parte dell’ipotesi leggendaria a cui accenna il sottotitolo, facendo dell’opera un inno al rapporto tra mitologia e realtà, a come ogni racconto sia una leggenda e a come il cinema, nello stesso modo della musica, sia una “storia” da raccontare per far stare bene l’interlocutore, come fanno gli amici di Bix con la di lui madre per consolarla della prematura morte del figlio.
Nonostante la malinconia, il cinema “leggero” di Avati ha uno strato consolatorio che il regista pare più che altro rivolgere a se stesso, per addolcire il suo lato perdente e rendere più calde le istanze autobiografiche: in questo senso, Ma quando arrivano le ragazze? è il più compiuto e completo della trilogia in esame, il più esplicitamente personale, come fosse una rilettura in chiave contemporanea di Jazz Band. Al centro dell’intreccio vi sono un ragazzo di talento e il suo rapporto con uno di genio, tra i tentativi di creare un complesso jazz in quel di Bologna e le differenti strade che prendono la vita e l’amore. Anche qui coabitano lo sguardo di lato, il ragazzo medio intimorito dal genio istintivo che non segue le regole perché non sa cosa siano (anche il personaggio di Santamaria, Nick, non sa leggere lo spartito, proprio come Bix), il senso di resa e di rinuncia che è una delle costanti dei personaggi avatiani, il leggero rimpianto che rende più struggenti i ricordi. Quello del 2005 è un film struggente, certo, e anche capace di descrivere gli entusiasmi della creatività giovanile, dell’immediatezza di una certa epoca della vita, ma soprattutto è il film in cui Avati si getta più a capofitto nella musica, in cui traspare tutta la gioia del suonare, del comporre, dell’improvvisare tipiche del jazz, in cui la musica non è l’elemento da cui fuggire temporaneamente o da riprendere con devozione e deferenza, ma il centro emotivo e narrativo dell’intera opera (colonna sonora di Riz Ortolani, premiata con il David di Donatello). E Avati la riprende con gioia ed eleganza, in modo vitale, esaltando la componente fisica del gesto del suonare, la matericità degli strumenti, come se fosse ancora il giovane clarinettista prima dell’arrivo di Dalla. Se non nella lettera, Ma quando arrivano le ragazze? è il più vicino allo spirito della sua vita musicale, quello in cui la musica si è liberata dalle catene del genio e ha trovato le corde intime del musicista di talento.

 

Note

1 Avati Pupi, Sotto le stelle di un film, Il Margine, Trento 2008.

 

 

CAST & CREDITS

 

NOI TRE

Regia: Pupi Avati; soggetto: Pupi Avati, Antonio Avati; sceneggiatura: Pupi Avati, Antonio Avati; fotografia: Pasquale Rachini; montaggio: Amedeo Salfa; musiche: Riz Ortolani; interpreti: Christopher Davidson, Lino Capolicchio, Gianni Cavina, Carlo Delle Piane, Ida Di Benedetto; produzione: DueA Film, Istituto Luce; origine: Italia, 1984; durata: 88’; home video: inedito; colonna sonora: inedita.

BIX. UN’IPOTESI LEGGENDARIA

Regia: Pupi Avati; soggetto: Pupi Avati, Antonio Avati, Fred Chalfy, Lino Patruno; sceneggiatura: Pupi Avati, Antonio Avati, Fred Chalfy, Lino Patruno; fotografia: Pasquale Rachini; montaggio: Amedeo Salfa; musiche: Cesare Poggi; interpreti: Bryant Weeks, Julia Ewing, Barbara Wilder, Mark Collver; produzione: DueA Film, Union P.N.; origine: Italia, Stati Uniti, 1991; durata: 111’; home video: dvd Aegida; colonna sonora: RCA.

MA QUANDO ARRIVANO LE RAGAZZE?

Regia: Pupi Avati; soggetto: Pupi Avati; sceneggiatura: Pupi Avati; fotografia: Pasquale Rachini; montaggio: Amedeo Salfa; musiche: Riz Ortolani; interpreti: Claudio Santamaria, Paolo Briguglia, Vittoria Puccini, Johnny Dorelli, Eliana Miglio; produzione: DueA Film, Rai Cinema; origine: Italia, 2005; durata: 105’; home video: dvd 01 Distribution; colonna sonora: inedita.

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