"Senza limiti". Il figlio di "Maniac Cop"

Simone Scafidi
William Lustig n. 13/2020

Nel numero di novembre 1985 del celebre «Vanity Fair» il nome di Judd Nelson è strillato in copertina, dove campeggia l’immagine di Sylvester Stallone abbracciato a Brigitte Nielsen. Sono i tempi del “Brat Pack”, ovvero del gruppo di giovani interpreti – da Molly Ringwald a Emilio Estevez – che rappresenta sullo schermo la nuova immagine degli adolescenti statunitensi. Nelson ne fa parte, rivestendo i panni del ribelle. All’interno del magazine è oggetto di un pezzo, a opera dello scrittore Bret Easton Ellis, che racconta del loro viaggio nei locali più fighi di Los Angeles, quelli frequentati dalle giovani stelle. La loro guida è in realtà un mezzo sberleffo, nel senso che molti dei luoghi che esaltano sono tra i meno attraenti delle periferie della città. Ma, grazie all’articolo, molti di questi posti iniziano a essere presi d’assalto. Questo per dire – come ricorda lo stesso Ellis nel suo libro Bianco (Einaudi, 2019) – «quanto fossero potenti “Vanity Fair”, la giovinezza e gli anni Ottanta».

Sempre a L. A., non tra i locali più cool ma in appartamenti di ignare vittime, compie il suo viaggio Buck Taylor, l’omicida seriale che Nelson interpreta in Senza limiti, proprio alla fine dei luccicanti anni Ottanta. La carriera dell’attore è già lontana dai fasti dei ruoli dell’anticonformista John di Breakfast Club (1985) e del fascinoso Alec di St. Elmo’s Fire (1985), e la parte di un folle assassino può essere la prova della sua versatilità interpretativa.

Buck è il tipico personaggio segnato da un trauma che ne giustifica l’agire. La non particolarmente brillante sceneggiatura – firmata sotto pseudonimo da Phil Alden Robinson – racconta, attraverso esemplificativi flashback di Buck bambino, il rapporto con il padre Ike, poliziotto di ferro che istruisce fin da ragazzino il figlio alla dura vita del tutore della legge tra scalate su rocce impervie, tiri al bersaglio e violenze psicologiche. Il genitore insegna al pargolo che non esiste altro futuro se non quello nella polizia, poi Buck non riuscirà a entrare nel corpo e il suo mondo crollerà.

Nelson costruisce un Buck dall’inquietante voce infantile, accompagnata a un taglio scalato dei capelli che ricorda un eterno bambino ancora impaurito dal papà. Il suo personaggio affronta la vita come un continuo dolore dal quale vorrebbe essere liberato; così “libera” le sue vittime, che costringe a collaborare al loro stesso omicidio in una sorta di suicidio assistito, di addio alla sofferenza. Gli occhi di Buck, che stiano per uccidere o per rivivere con la memoria passaggi del tortuoso rapporto con il padre, sono lo strumento con cui Nelson cerca di comunicare l’aspetto umano e bisognoso d’aiuto del suo personaggio.

Paradossalmente, però, Senza limiti è un film in cui la scena la rubano i buoni, in controtendenza con i titoli per i quali è noto William Lustig. E infatti il franchise di cui sarà al centro questo titolo – con tre sequel, tutti direct-to-video – vede come costante protagonista il detective Sam Dietz, interpretato da Leo Rossi. Dietz si è trasferito a L. A. da New York – la città tanto cara al regista, sfondo delle sue pellicole più famose – e si ritrova subito a dover indagare sui crimini di Buck. La pellicola è quindi in gran parte un cop movie, con tutti i cliché del caso: contrasti e chiarimenti con il nuovo e anziano partner Malloy; la famiglia come rifugio dagli orrori del lavoro e infine come paradiso da difendere; la conduzione del caso tolta ingiustamente a Dietz, che deve riconquistarsela agendo alle spalle del proprio superiore.

Lustig e Dietz, entrambi lontani dalla loro New York, si calano in una realtà a loro indigesta. Lo sbirro fatica ad abituarsi ai metodi legnosi del LAPD – lui che è stato nel team che catturò il terribile “Son Of Sam” David Berkowitz – come Lustig abbandona la marca lurida e notturna che ha impresso ai suoi Maniac (1980) e Vigilante (1983) per realizzare un lavoro diretto con rigore, quasi costantemente diurno e ricco di illuminazione, oltre che contenuto sia nella violenza – da ricordare, in questo senso, solo l’omicidio della cantante nel suo seminterrato – sia negli elementi exploitation, ridotti a un topless.

Tra carrelli sempre giustificati alle finalità della narrazione e un montaggio calibrato nella sua linearità, Senza limiti resta un film per il quale si possono spendere definizioni lusinghiere quanto poco vibranti: solido, scorrevole, mai tedioso. Forse proprio per questa sua confezione con il freno tirato, è il titolo di Lustig che ha guadagnato di più, sia con il non scontato buon esito nelle sale statunitensi sia, soprattutto, con le vhs. Ma, come ricorda lo stesso regista, se Maniac, Vigilante e Poliziotto sadico (1988) riflettono la personalità del loro autore, Senza limiti e il coevo Hit List. Il primo della lista (entrambi realizzati per la Cinetel) sono solo prodotti che, come tali, non sopravvivono al passare del tempo.

Allora dove può nascondersi l’interesse per Senza limiti?

Forse nel suo essere un’opera che rende chiare le sfaccettature del Lustig regista, che sa muoversi con padronanza all’interno di strutture produttive più rigide di quelle a cui è abituato. E se dal set di Hit List aveva rischiato di essere licenziato, su quello di Senza limiti viene lasciato a briglia sciolta, in quanto la produzione è ormai certa di essere nelle mani di un regista che sa gestire un budget da poco più di 2 milioni di dollari ottimizzando quanto a disposizione, rendendo l’opera fruibile e non eccentrica e marginale.

Infine, nella costante pratica di legare tra loro i lavori di un regista portatore di una poetica, si può pensare che Senza limiti contenga uno straccio di riflesso dell’anima più vera di Lustig.

Il film, da una parte, rimescola un certo cinema allora in voga, dal confronto tra un poliziotto giovane e irruento e uno maturo e sensato in puro buddy movie alla Arma letale (1987) – che lo stesso Leo Rossi cita in un’intervista dell’epoca, sottolineando come l’intero costo di Senza limiti sia pari a un terzo del compenso di Mel Gibson sul set di Richard Donner – alla caccia al serial killer di opere come Manhunter (1986), blandamente ricalcato nella resa dei conti finale.

Però, dall’altra parte, nell’immagine finale di Dietz – il quale per distrarre Buck indossa il giubbotto, forato e ancora sporco di sangue, che portava suo padre al momento della morte – si nasconde forse il seme controverso di Senza limiti e la sua parentela con il Lustig più autentico: non è forse questa la storia di un omicida che ha avuto come padre un poliziotto sadico? Ecco, pensare a Buck come al figlio di un “maniac cop” tremendamente reale e non zombiesco – al punto che tutti, in polizia, lo ricordano come un vero eroe – è la chiave per leggere Senza limiti come un film tutt’altro che rassicurante.

 

CAST & CREDITS

Titolo originale: Relentless; regia: William Lustig; soggetto: Phil Alden Robinson (come Jack T.D. Robinson); sceneggiatura: Phil Alden Robinson (come Jack T.D. Robinson); fotografia: James Lemmo; scenografia: Gene Abel; montaggio: David Kern; musiche: Jay Chattaway; interpreti: Judd Nelson (Arthur Taylor), Robert Loggia (Bill Malloy), Leo Rossi (Sam Dietz), Meg Foster (Carol Dietz), Patrick O’Bryan (Todd Arthur), Ken Lerner (Arthur), Mindy Seeger (Francine); produzione: Cinetel Films, Out of The Dark Productions; origine: Usa, 1989; durata: 92’; home video: Blu-ray inedito, dvd Sony Pictures Home Entertainment (import Stati Uniti); colonna sonora: inedita.

[Vai all'indice]

Scarica il pdf

Ultime uscite

François Ozon

François Ozon

Inland n. 2/2016
Il secondo numero di INLAND è il primo volume dedicato in Italia a François Ozon. Regista tra i generi, firma sfuggente all’etichetta d’autore, nei suoi film Ozon fa riverberare echi [...]
Fiume Diciannove - Il Fuoco sacro della Città di Vita
1919-2019. Un secolo fa Gabriele d’Annunzio entrava in Fiume d’Italia, dando vita a quella che sarebbe stata una rivoluzione durata cinquecento giorni. Un’atmosfera febbricitante e festosa, ma anzitutto sacra, qui [...]
Aldo Lado

Aldo Lado

Inland n. 9/2019
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai [...]
Dylan Dog - Nostro orrore quotidiano
Detective dell’Occulto, Indagatore dell’Incubo, Esploratore di Pluriversi: come definire altrimenti Dylan Dog, dal 1986 residente al n. 7 della londinese Craven Road? Le sue avventure – che affrontano tutti gli [...]
Dino Buzzati - Nostro fantastico quotidiano
Vi sono autori, come disse una volta Conan Doyle, che «hanno varcato una porta magica». Tra questi spicca Dino Buzzati, che ha condotto il fantastico nel cuore pulsante della materia. [...]
William Lustig

William Lustig

Inland n. 13/2020
Gennaio 2015, riunone di redazione: si discute a proposito della nascita di INLAND. Quaderni di cinema. A chi dedicare i primi tre numeri? Idee tante, unanimità poca. Restano quattro progetti, [...]
Jorge Luis Borges - Il Bibliotecario di Babele
Jorge Luis Borges è un autore oceanico, un crocevia di esperienze, storie, civiltà e piani dell’essere, un caleido­scopio nel quale il passato si fa futuro e il futuro si rispecchia [...]
Antonio Bido

Antonio Bido

Inland n. 11/2019
Girata la boa del decimo numero, INLAND. Quaderni di cinema compie altri due significativi passi in avanti. Innanzitutto ottiene il passaporto. A rilasciarlo è stato il Paradies Film Festival di Jena [...]
Carlo & Enrico Vanzina

Carlo & Enrico Vanzina

Inland n. 7/2018
INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel [...]
Lav Diaz

Lav Diaz

Inland n. 3/2017
È da tempo che noi di INLAND pensiamo a una monografia dedicata a Lav Diaz. Doveva essere il numero #1, l’avevamo poi annunciato come #2, l’abbiamo rimandato in entrambe le [...]
Mike Flanagan

Mike Flanagan

Inland n. 16/2023
Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene [...]
Manetti Bros.

Manetti Bros.

Inland n. 14/2022
Febbraio 2020. Inland. Quaderni di cinema numero #13 va in stampa con una nuova veste. Brossura, dorso rigido, grammatura della copertina aumentata. Il numero è dedicato a William Lustig, alfiere [...]
Lune d'Acciaio - I miti della fantascienza
Considerata da un punto di vista non solo letterario, la fantascienza può assumere oggi la funzione un tempo ricoperta dai miti. I viaggi nello spazio profondo, le avventure in galassie [...]
Rob Zombie

Rob Zombie

Inland n. 1/2015
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e [...]
Pupi Avati

Pupi Avati

Inland n. 10/2019
Numero #10. Stiamo diventando grandi. Era da tempo che pensavamo a come festeggiare adeguatamente questa ricorrenza tonda, questo traguardo tagliato in un crescendo di sperimentazioni editoriali, collaborazioni, pubblicazioni sempre più [...]
Philip K. Dick - Lui è vivo, noi siamo morti
Celebrato in film, fumetti e serie tv, Philip K. Dick ha stregato gli ultimi decenni del XX secolo. Ma il suo immaginario era talmente prodigioso che, a furia di sondare [...]
Sergio Martino

Sergio Martino

Inland n. 5/2017
Giunto al quinto numero, INLAND. Quaderni di cinema affronta uno snodo cruciale, fatto di significative ed emblematiche svolte che segnano uno scarto, un’apertura rispetto alla precedente linea editoriale. Innanzitutto la scelta del [...]
Carlo Verdone

Carlo Verdone

Inland n. 12/2019
"Vi ho chiesto di mettere la mia moto Honda Nighthawk in copertina perché su quella moto c'è passato il cinema italiano. Su quella moto io sono andato e tornato da [...]
Rob Zombie Reloaded

Rob Zombie Reloaded

Inland n. 8/2019
Giunto all’ottavo fascicolo, INLAND. Quaderni di cinema riavvolge per un attimo la pellicola della sua breve ma significativa storia, tornando a percorrere i passi compiuti nel 2015 quando aveva aperto [...]
America! America? - Sguardi sull'Impero antimoderno
L’impero statunitense ha sempre generato nella cultura italiana reazioni contrastanti, che spaziano da un’esaltazione semi-isterica a una condanna a priori, altrettanto paranoica. Sembra sia pressoché impossibile, per chi si confronta [...]
Dario Argento

Dario Argento

Inland n. 15/2022
Tutto è nato da Occhiali neri (2022). Dalla sua visione, certo, ma anche dal dibattito che il film ha riaperto a proposito di Dario Argento e di tutto ciò che [...]
Walt Disney - Il mago di Hollywood
«Credo che dopo una tempesta venga l’arcobaleno: che la tempesta sia il prezzo dell’arcobaleno. La gente ha bisogno dell’arcobaleno e ne ho bisogno anch’io, e perciò glielo do». Solo un [...]
4-4-2 - Calciatori, tifosi, uomini
Nel calcio s’intrecciano oggi le linee di forza del nostro tempo; talvolta vi si palesano le sue fratture, i suoi non-detti. Ecco perché il quattordicesimo fascicolo di «Antarès» è dedicato [...]
Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn

Inland n. 4/2017
Perché Nicolas Winding Refn? La risposta è semplice: perché, piaccia o no, è un autore che, più di altri, oggi ha qualcosa da dire. Sebbene sempre più distante dalle logiche [...]
Michele Soavi

Michele Soavi

Inland n. 6/2018
Il nuovo corso di INLAND. Quaderni di cinema, inaugurato dal numero #5, dedicato a Sergio Martino, è contraddistinto da aperture al cinema italiano, al passato, a trattazioni che possano anche [...]

Ultimi post dal blog

Fabrizio Fogliato è un esperto di cinema e in particolare del cinema dei generi. Da anni pubblica regolarmente saggi e analisi che diventano punti di riferimento per il mondo del cinema. Lo scorso anno ha mandato in stampa un nuovo importante volume intitolato Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano. Lo abbiamo intervistato per farci spiegare di che cosa si tratta e in che modo ha analizzato il cinema criminale della Penisola. Partiamo dal titolo. Come mai ha scelto Con la rabbia agli occhi, che è anche il titolo di un film degli anni 70? Con la rabbia [...]
Benedetta Pallavidino ha raccontato un attore molto controverso nel suo Helmut Berger. Ritratto su pellicola, edito da Bietti Edizioni nella collana Fotogrammi. L’abbiamo intervistata. L’attore classe 1944 è scomparso il maggio scorso ed è stato interprete di tanti capolavori tra cui diversi film di Luchino Visconti con cui ebbe anche una relazione. Ecco le sue parole sull’artista: Come nasce la tua voglia di andare a raccontare un personaggio controverso come Helmut Berger? Nasce dal fatto che l’ho sempre trovato un attore molto sottovalutato, ricordato solo per essere stato il divo e il compagno di Visconti. È sicuramente vero che diretto da [...]