"Il testimone dello sposo". Emilian Love Story

Francesco Grieco
Pupi Avati n. 10/2019

La prima vera storia d’amore tra adulti raccontata da Pupi Avati, ma anche un ambizioso affresco storico. Un film di attori, intimista, che l’autore scrive e dirige rispettando le regole del genere “love story”, finale a lieto fine incluso, ma senza esitare ad arricchirlo con tutte le sue ossessioni autoriali.
Da un lato, dunque, è una favola romantica, agrodolce e corale, ambientata nella notte di Capodanno tra il 1899 e il 1900, chiusa in una sorta di “…e vissero tutti felici e contenti” con la voice over che, richiamando le parole di uno dei personaggi, si chiede, fiduciosa: «Riusciremo ad andare tutti sulla luna?». Sui titoli di coda, la foto di una bimba seduta su una mezza luna dal volto umano, come quella di Méliès, a rappresentare tutte le speranze di successo e di felicità che ogni nuovo secolo porta con sé. Come quelle di uno degli invitati al matrimonio il quale, ignaro dei conflitti mondiali che insanguineranno il Novecento, si augura un secolo senza guerre.
Dall’altro lato, nel film non mancano alcuni dei tòpoi avatiani ricorrenti: la difficoltà di vivere i sentimenti, i problemi legati al grande passo del matrimonio, l’amicizia tradita (un motivo, quest’ultimo, che Avati ha in comune con altri due maestri del cinema di paura, Alfred Hitchcock e Brian De Palma). Una visione del mondo non particolarmente ottimista, che mal si concilia con lo stereotipo di laudator temporis acti ingiustamente affibbiato ad Avati. Qui di nostalgia ce n’è poca, il passato non sembra migliore del presente e l’autore, ormai, è in una fase di carriera in cui non gli interessano più i racconti idilliaci.
Anche l’amore al centro del film, ch’a nullo amato amar perdona, somiglia più a una malattia mentale contagiosa, che si trasmette dalla giovane Francesca ad Angelo, il testimone del suo sposo. Angelo è un ex manovale, neanche tra i più bravi, che Oltreoceano ha ereditato dal fratello maggiore una fortuna e solo grazie a questa può sedere al tavolo dei padroni, durante il pranzo di nozze. Un personaggio ispirato al nonno materno di Avati, Carlo Vigetti, tornato a vivere a Sasso Marconi dopo essersi arricchito in Brasile.
Francesca, che nella sua ossessione d’amore ricorda la Adele H. di Truffaut, di dantesco e stilnovista ha l’aspetto nobile da donna angelicata, di bianco vestita, dall’apparenza innocua e dalla straordinaria bellezza, ma con un’espressione del volto volitiva e determinata. In un rovesciamento protofemminista dei ruoli tradizionali di genere – così sorprendente in una società regolata da usanze tradizionali prestabilite, dominata da una religiosità popolare che sconfina nella superstizione – è lei a prendere l’iniziativa e, in una scena grottesca, a inseguire letteralmente il maschio spaventato, in frettolosa partenza, vittima predestinata, uomo sensibile e timido. Angelo piange di commozione quando, tornato dopo quindici anni dagli Stati Uniti per reincontrare Luly – una sua vecchia fiamma, finita a fare la prostituta di lusso – la rivede, sempre bellissima come la ricordava. Mentre, invece, sembra accettare, con ritrosia, le avance testarde di Francesca, più per passività che per passione. È per questo che risultano inaspettati il ritorno e il ripensamento nel finale, con il protagonista alla guida di un’auto a riabbracciare Francesca, maestrina ormai esiliata in solitudine, dopo aver mandato a monte il matrimonio.
Angelo è interpretato da uno straordinario e misurato Diego Abatantuono, che attraversa il film in uno stato di spaesamento, di smarrimento, di confusione, adottando un modello di sottorecitazione che affida agli sguardi gran parte della comunicazione. Il testimone dello sposo è infatti anche un film di sguardi: da quello titubante che si scambiano Angelo e Francesca, in chiesa, durante la cerimonia nuziale, che permette alla zia della ragazza di accorgersi dell’attrazione nascente, alle occhiate di seduzione e ricerca tra i vari personaggi, che scandiscono la notevole scena del ballo. Una scena senza dialoghi, di cinema puro.
Edgardo è esattamente l’opposto di Angelo, la sua nemesi, cioè lo sposo imposto a Francesca dal padre medico. Figlio dell’ex datore di lavoro di Angelo, è un uomo volgare, interessato solo al denaro, un incallito sciupafemmine che non riesce a comprendere come il protagonista non abbia mai avuto successo con le donne e come non voglia passare la vita a contare i soldi. Un uomo gretto da cui Francesca vuole essere salvata, a tutti i costi. Lo chiede esplicitamente ad Angelo, il principe azzurro che viene dagli Stati Uniti, il Paese dei sogni, delle illusioni, delle novità, delle automobili, del cinema. Un Paese da cui Angelo trasporta fino a Sasso delle diapositive, da quelle del mostro cannibale della Virginia e dei «negri buoni come noi» a quelle della sua famiglia e delle altre famiglie emigrate.
Proprio negli States, dopo l’anteprima al Festival di Berlino, Avati, tramite la Universal, riesce a far distribuire il film, dopo avervi girato qualche anno prima tre titoli: Bix. Un’ipotesi leggendaria (1991), Fratelli e sorelle (1992) e L’amico d’infanzia (1994). Al fascino dell’America, Avati non ha mai saputo resistere, sin dai suoi trascorsi giovanili di jazzista. Dal cinema d’Oltreoceano mutua un lirismo e un gusto della finzione pura, che si esprime in un utilizzo tutt’altro che parco delle musiche, in il Testimone dello sposo composte da Riz Ortolani. Il motivo che accompagna la fuga della sposa, nel corso della cerimonia nuziale, è quasi una musica thriller, mentre gli archi che ascoltiamo sui titoli di testa hanno un che di disneyano.
Il film, particolarmente curato nelle scenografie di Steno Tonelli e Alberto Cottignoli e nei costumi di Vittoria Guaita, è stato girato proprio dove, nella finzione, si svolgono le vicende dei personaggi: a Sasso Marconi, segnatamente nel Palazzo de’ Rossi e a Villa Neri, ma tra le location ci sono anche l’eremo di Tizzano, a Casalecchio, e la Strada Romea, a Ravenna. Località fotografate da Pasquale Rachini con tonalità ocra, marroni, seppia, coerenti con il calligrafismo da film in costume e dotate di grande gusto del dettaglio, degno di un Camerini.
Avati non rinuncia a sfoggiare il suo senso dell’umorismo, espresso da una serie di figure minori. Se è tipico del cinema popolare cercare il riso enfatizzando gli accenti regionali dei personaggi (in questo caso, quello dei parenti tranesi di Francesca, compreso un convincente Toni Santagata, all’esordio come attore), e se il prete spiritoso può sembrare un cliché, le gag-tormentone del ragazzino vergine – che per la sua purezza risulta il più adatto a dedicarsi a una serie di rituali di preparazione prematrimoniali – e della vestizione della sposa permettono anche di mettere in luce l’aspetto più scaramantico e atavico della cultura dell’epoca. Un folklore che Avati raffigura con la consueta, ammirevole curiosità.

 

CAST & CREDITS

Regia: Pupi Avati; soggetto: Pupi Avati; sceneggiatura: Pupi Avati; fotografia: Pasquale Rachini; scenografia: Alberto Cottignoli, Steno Tonelli; costumi: Vittoria Guaita; montaggio: Amedeo Salfa; musiche: Riz Ortolani; interpreti: Diego Abatantuono (Angelo Beliossi), Inés Sastre (Francesca Babini), Valeria D’Obici (Olimpia Campeggi Babini), Dario Cantarelli (Edgardo Osti), Nini Salerno (Sauro Ghinassi), Toni Santagata (Manlio Lobianco), Ugo Conti (Marziano Beliossi); produzione: Antonio Avati e Aurelio De Laurentiis per FilmAuro; origine: Italia, 1997; durata: 99’; home video: Blu-ray inedito, dvd FilmAuro; colonna sonora: RCA Victor Italy.

[Vai all'indice]

Scarica il pdf

Ultime uscite

François Ozon

François Ozon

Inland n. 2/2016
Il secondo numero di INLAND è il primo volume dedicato in Italia a François Ozon. Regista tra i generi, firma sfuggente all’etichetta d’autore, nei suoi film Ozon fa riverberare echi [...]
Fiume Diciannove - Il Fuoco sacro della Città di Vita
1919-2019. Un secolo fa Gabriele d’Annunzio entrava in Fiume d’Italia, dando vita a quella che sarebbe stata una rivoluzione durata cinquecento giorni. Un’atmosfera febbricitante e festosa, ma anzitutto sacra, qui [...]
Aldo Lado

Aldo Lado

Inland n. 9/2019
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai [...]
Dylan Dog - Nostro orrore quotidiano
Detective dell’Occulto, Indagatore dell’Incubo, Esploratore di Pluriversi: come definire altrimenti Dylan Dog, dal 1986 residente al n. 7 della londinese Craven Road? Le sue avventure – che affrontano tutti gli [...]
Dino Buzzati - Nostro fantastico quotidiano
Vi sono autori, come disse una volta Conan Doyle, che «hanno varcato una porta magica». Tra questi spicca Dino Buzzati, che ha condotto il fantastico nel cuore pulsante della materia. [...]
William Lustig

William Lustig

Inland n. 13/2020
Gennaio 2015, riunone di redazione: si discute a proposito della nascita di INLAND. Quaderni di cinema. A chi dedicare i primi tre numeri? Idee tante, unanimità poca. Restano quattro progetti, [...]
Jorge Luis Borges - Il Bibliotecario di Babele
Jorge Luis Borges è un autore oceanico, un crocevia di esperienze, storie, civiltà e piani dell’essere, un caleido­scopio nel quale il passato si fa futuro e il futuro si rispecchia [...]
Antonio Bido

Antonio Bido

Inland n. 11/2019
Girata la boa del decimo numero, INLAND. Quaderni di cinema compie altri due significativi passi in avanti. Innanzitutto ottiene il passaporto. A rilasciarlo è stato il Paradies Film Festival di Jena [...]
Carlo & Enrico Vanzina

Carlo & Enrico Vanzina

Inland n. 7/2018
INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel [...]
Lav Diaz

Lav Diaz

Inland n. 3/2017
È da tempo che noi di INLAND pensiamo a una monografia dedicata a Lav Diaz. Doveva essere il numero #1, l’avevamo poi annunciato come #2, l’abbiamo rimandato in entrambe le [...]
Mike Flanagan

Mike Flanagan

Inland n. 16/2023
Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene [...]
Manetti Bros.

Manetti Bros.

Inland n. 14/2022
Febbraio 2020. Inland. Quaderni di cinema numero #13 va in stampa con una nuova veste. Brossura, dorso rigido, grammatura della copertina aumentata. Il numero è dedicato a William Lustig, alfiere [...]
Lune d'Acciaio - I miti della fantascienza
Considerata da un punto di vista non solo letterario, la fantascienza può assumere oggi la funzione un tempo ricoperta dai miti. I viaggi nello spazio profondo, le avventure in galassie [...]
Rob Zombie

Rob Zombie

Inland n. 1/2015
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e [...]
Pupi Avati

Pupi Avati

Inland n. 10/2019
Numero #10. Stiamo diventando grandi. Era da tempo che pensavamo a come festeggiare adeguatamente questa ricorrenza tonda, questo traguardo tagliato in un crescendo di sperimentazioni editoriali, collaborazioni, pubblicazioni sempre più [...]
Philip K. Dick - Lui è vivo, noi siamo morti
Celebrato in film, fumetti e serie tv, Philip K. Dick ha stregato gli ultimi decenni del XX secolo. Ma il suo immaginario era talmente prodigioso che, a furia di sondare [...]
Sergio Martino

Sergio Martino

Inland n. 5/2017
Giunto al quinto numero, INLAND. Quaderni di cinema affronta uno snodo cruciale, fatto di significative ed emblematiche svolte che segnano uno scarto, un’apertura rispetto alla precedente linea editoriale. Innanzitutto la scelta del [...]
Carlo Verdone

Carlo Verdone

Inland n. 12/2019
"Vi ho chiesto di mettere la mia moto Honda Nighthawk in copertina perché su quella moto c'è passato il cinema italiano. Su quella moto io sono andato e tornato da [...]
Rob Zombie Reloaded

Rob Zombie Reloaded

Inland n. 8/2019
Giunto all’ottavo fascicolo, INLAND. Quaderni di cinema riavvolge per un attimo la pellicola della sua breve ma significativa storia, tornando a percorrere i passi compiuti nel 2015 quando aveva aperto [...]
America! America? - Sguardi sull'Impero antimoderno
L’impero statunitense ha sempre generato nella cultura italiana reazioni contrastanti, che spaziano da un’esaltazione semi-isterica a una condanna a priori, altrettanto paranoica. Sembra sia pressoché impossibile, per chi si confronta [...]
Dario Argento

Dario Argento

Inland n. 15/2022
Tutto è nato da Occhiali neri (2022). Dalla sua visione, certo, ma anche dal dibattito che il film ha riaperto a proposito di Dario Argento e di tutto ciò che [...]
Walt Disney - Il mago di Hollywood
«Credo che dopo una tempesta venga l’arcobaleno: che la tempesta sia il prezzo dell’arcobaleno. La gente ha bisogno dell’arcobaleno e ne ho bisogno anch’io, e perciò glielo do». Solo un [...]
4-4-2 - Calciatori, tifosi, uomini
Nel calcio s’intrecciano oggi le linee di forza del nostro tempo; talvolta vi si palesano le sue fratture, i suoi non-detti. Ecco perché il quattordicesimo fascicolo di «Antarès» è dedicato [...]
Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn

Inland n. 4/2017
Perché Nicolas Winding Refn? La risposta è semplice: perché, piaccia o no, è un autore che, più di altri, oggi ha qualcosa da dire. Sebbene sempre più distante dalle logiche [...]
Michele Soavi

Michele Soavi

Inland n. 6/2018
Il nuovo corso di INLAND. Quaderni di cinema, inaugurato dal numero #5, dedicato a Sergio Martino, è contraddistinto da aperture al cinema italiano, al passato, a trattazioni che possano anche [...]

Ultimi post dal blog

Fabrizio Fogliato è un esperto di cinema e in particolare del cinema dei generi. Da anni pubblica regolarmente saggi e analisi che diventano punti di riferimento per il mondo del cinema. Lo scorso anno ha mandato in stampa un nuovo importante volume intitolato Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano. Lo abbiamo intervistato per farci spiegare di che cosa si tratta e in che modo ha analizzato il cinema criminale della Penisola. Partiamo dal titolo. Come mai ha scelto Con la rabbia agli occhi, che è anche il titolo di un film degli anni 70? Con la rabbia [...]
Benedetta Pallavidino ha raccontato un attore molto controverso nel suo Helmut Berger. Ritratto su pellicola, edito da Bietti Edizioni nella collana Fotogrammi. L’abbiamo intervistata. L’attore classe 1944 è scomparso il maggio scorso ed è stato interprete di tanti capolavori tra cui diversi film di Luchino Visconti con cui ebbe anche una relazione. Ecco le sue parole sull’artista: Come nasce la tua voglia di andare a raccontare un personaggio controverso come Helmut Berger? Nasce dal fatto che l’ho sempre trovato un attore molto sottovalutato, ricordato solo per essere stato il divo e il compagno di Visconti. È sicuramente vero che diretto da [...]