Modernità e tradizione in Fernando Pessoa

Brunello Natale De Cusatis
Modernità occulta – Le radici simboliche delle arti contemporanee n. 5/2013
Modernità e tradizione in Fernando Pessoa

È indiscutibile come la fama di Fernando Pessoa si riporti essenzialmente agli aspetti, per così dire, innovatori dei suoi versi, cui risulta strettamente legata la sua eteronomia – ossia, una particolarissima capacità di spersonalizzarsi, creando personalità altre, ognuna con una sua propria biografia, i propri interessi culturali, un proprio stile letterario; diverse, queste personalità, le une dalle altre e dal loro stesso demiurgo.

Ciò premesso, c’è da sottolineare, tuttavia, come la grandezza di Pessoa non risieda unicamente nelle innovazioni legate alla sua poesia, poiché sono dell’idea che la peculiarità più importante della sua opera sia quella di una costante alternanza o, meglio ancora, di un costante e continuo concorso di modernità e tradizione. Ritengo doveroso ricordare, in tal senso, come questa peculiarità, ancora oggi – seppur non in maniera così marcata rispetto a qualche anno fa –, sia posta in secondo piano dalla critica non portoghese, e segnatamente da quella italiana, la quale preferisce in genere soffermarsi sugli aspetti innovatori dell’opera pessoana, trascurando (forse perché sarebbe costretta a dare delle giustificazioni – come dire? – “imbarazzanti”, in termini sociologici e politici) il Pessoa altro, come sono solito definirlo nei miei lavori, ossia, il Pessoa “epico”, “profetico”, “occultista”, “esoterico” e “mitogenico”: tutte caratteristiche, ovviamente, che hanno poco o nulla di moderno, rapportandosi senza dubbio, in senso lato, al Pessoa “tradizionalista” e, più nello specifico, a quello “nazionalista” e “patriota”.

Da più parti, e a giusta ragione, è stato detto come, in Portogallo, Fernando Pessoa abbia contrassegnato meglio di chiunque altro le avanguardie novecentesche, tanto facendo sue e rielaborando correnti artistico-letterarie e di pensiero già codificate e cementate nel resto d’Europa (quali il Futurismo, il Cubismo, il Surrealismo e l’Esistenzialismo), quanto inventandone altre ex novo (il Paulismo, il Sensazionismo e l’Intersezionismo).

In tal senso, sono indiscutibilmente versi mirabili e unici, ad esempio, quelli di Impressioni del crepuscolo e di Pioggia obliqua. Quanto al primo componimento – meglio conosciuto con il titolo Paludi (Pauis, in portoghese), la prima parola con cui inizia la poesia, pubblicata nel febbraio del 1914 sul primo e unico numero della rivista “Renascença” – esso risulta essere il manifesto del Paulismo, con cui Pessoa si prefigge di superare, non solo tecnicamente e concettualmente, ma anche sul terreno della sensibilità e dell’immaginazione, il cosiddetto Saudosismo (1). Con il secondo – formato da sei poesie, pubblicate nel 1915 sul secondo numero della rivista “Orpheu” (2) – Pessoa darà corpo a una nuova avanguardia da lui denominata Intersezionismo, la quale ha molto a che vedere con gli sviluppi della pittura moderna, in particolare con il Cubismo, oltre che con il Futurismo. Questo perché, in ognuna delle sei poesie, due scene – l’una rappresentata dalla dimensione del reale, l’altra dalla dimensione onirica – più che sovrapporsi s’intersecano, come avviene, per l’appunto, in un quadro cubista, finendo così per creare una sensazione di vaghezza, di certo meno musicale ma più plastica rispetto a quella prodotta dalle poesie pauliste.

Come non ricordare, inoltre, altri versi mirabili dei suoi eteronimi maggiori, ossia di Alberto Caeiro, di Ricardo Reis e di Álvaro de Campos? Soprattutto di quest’ultimo, certamente l’eteronimo più prossimo al Pessoa ortonimo, ingegnere navale e viaggiatore, avanguardista, futurista, iconoclasta e nietzschiano, autore di Oppiario, Ode trionfale, Ode marittima, Tabaccheria – straordinarie e uniche, direi, composizioni poetiche – ma anche di un testo in prosa celeberrimo, Ultimatum, del 1917, vero e proprio manifesto futurista dal sapore fortemente nietzschiano, in cui è marcato e caratterizzato, nella sfera storica e in quella soprastorica, l’universalismo dei Portoghesi – una costante, lascia intendere Pessoa/Campos, che li abilita, più e meglio di qualsiasi altro popolo, alla costruzione di un Nuovo Mondo.

Fernando Pessoa, però, non è solo questo. Difatti, quel che fa di lui uno dei maggiori poeti, in assoluto, del Novecento non è soltanto quel che possiamo definire il gioco eteronimico e neppure un tipo di poesia che ha avuto la possibilità di travalicare postumamente i confini del suo Paese e, di conseguenza, farsi conoscere, come esempio supremo della modernità, da un pubblico molto più vasto.

Occorre prendere in considerazione altri importantissimi elementi, già da me precedentemente richiamati, quali l’epicità, il profetismo e lo spirito mitogenico. Tutti aspetti – come ho avuto modo di far notare già dal 1997, in occasione del mio saggio introduttivo alla traduzione italiana dell’elegia pessoana Alla memoria del Presidente-Re Sidónio Pais – che si rifanno alla concezione, originariamente medievale, dell’essere come analogia. Questo perché, ricorrendo a simboli e immagini, l’analogia – com’è a tutti noto – finisce per fornire un ponte d’unione tra l’infinito e il finito, tra l’eterno e il caduco. Cosicché, sono dell’avviso come sia proprio da tali caratteristiche, più che dalla spersonalizzazione eteronimica, che discende l’unicità e, per certi versi, l’insuperabilità della poesia pessoana all’interno del panorama letterario del Novecento. Innanzitutto, perché tanto l’epicità e il profetismo quanto la mitogenia, a ben vedere, posizionano gran parte dei versi di Fernando Pessoa fuori d’un tempo e d’un luogo determinati, di conseguenza universalizzandoli; in secondo luogo, poiché rappresentano il trait d’union tra il “Pessoa poeta” e il “Pessoa pensatore”, legame che assolutamente occorre tener da conto se si vuole indagare e decifrare la liricità e la drammaticità, l’intensità emotiva e l’intensità sentimentale, in una parola, il pathos di questa eccezionale figura d’artista e d’intellettuale.

Difatti, se non si prendessero in esame i valori, i principi e gli archetipi che soggiacciono alle grandi e mirabili composizioni poetiche del Pessoa ortonimo, in primis Messaggio – com’è noto, la sua opera prima, il suo poema più rappresentativo e celebrato – ma direi anche la già citata elegia Alla memoria del Presidente-Re Sidónio Pais, così come tutta la sua poesia cosiddetta mitico-profetica ed esoterica, sarebbe impossibile cogliere la loro profonda e intima essenza (3).

Orbene, è proprio quando si vanno a leggere e analizzare con attenzione tali composizioni poetiche, insieme a tutta una serie di articoli e saggi (non solo quelli pubblicati in vita, ma anche quelli riesumati dall’ormai “mitica” arca e pubblicati postumi, pur se spesso incompleti o frammentari) di contenuto sociologico, teorico-politico, mitico-profetico ed economico (4), ecco, solo allorquando andiamo a leggere e analizzare questo Pessoa altro, emerge il suo essere uno scrittore-patriota. Diversamente detto, si manifesta l’amore filiale per la sua Patria, un “amore-medicina” – come ho avuto modo di definirlo – poiché tale intenso e profondo patriottismo farà sì che la sua solitudine (sinonimo, peraltro, d’inquietudine e insicurezza) in qualche modo si attenui e che Pessoa possa identificarsi con la collettività nazionale, con la storia e il futuro del proprio Paese.

In sostanza, quello dell’amore patriottico (5) sarà una presenza costante lungo tutto il suo arco esistenziale e letterario. Senza timore di essere smentito (6), dico che l’amore patriottico, che va chiaramente di pari passo con il suo nazionalismo, è uno degli aspetti più positivi (se non l’unico positivo!) e fermi rivelati dal grande scrittore portoghese all’interno degli alti e bassi della sua esistenza labirintica. Il patriottismo mitogenetico si espliciterà nei suoi componimenti già richiamati, soprattutto nel poema Messaggio, scritto tra il 1913 e il 1934, anno in cui verrà pubblicato (con una gestazione, quindi, di più di vent’anni), che è sostanzialmente un’epopea del Portogallo storico e mitico.

Ebbene, la data, per così dire, cruciale dell’esplosione di tale sentimento patriottico è il 5 ottobre 1910, giorno in cui viene definitivamente abbattuta in Portogallo la Monarchia Costituzionale. Si faccia attenzione, dico Costituzionale e non Assoluta, essendo stata abbattuta quest’ultima molto prima, nel 1822. La distinzione tra i due tipi di monarchia è decisiva nell’evoluzione socio-politica pessoana, poiché lo scrittore portoghese era sì contro la Monarchia Costituzionale, ma era, tuttavia, a favore di quella assoluta o pura, essendo a tutti gli effetti un conservatore.

Fatto è che, a partire dalla proclamazione della Repubblica, Fernando Pessoa inizierà a interessarsi alle sorti del Portogallo e lo farà pubblicando saggi, articoli e poesie, concedendo interviste e, soprattutto, lavorando alla progettazione di molti opuscoli e libri che, tuttavia, non riuscirà a concludere e, quindi, a pubblicare, dei quali ci restano solo moltissime annotazioni e appunti frammentari.

Prendendo in visione tutti i lavori sociologici, politici ed economici pessoani, ne scaturisce un pensatore sui generis, visto che Pessoa è prima di tutto un poeta e non certo un sociologo, un politologo o un economista. Eppure, questo suo interesse risulta fondamentale anche nello studio del Pessoa poeta.

Di certo, l’anno decisivo nella sua vita e nella sua formazione, tanto artistica quanto intellettuale, è il 1912. Ha ventiquattro anni e fa il suo debutto letterario nella rivista “A Águia”, organo della Renascença Portuguesa, una società culturale d’ispirazione nazionalista che si propone la resurrezione intellettuale del Portogallo.

La rivista e, di conseguenza, la stessa Renascença Portuguesa hanno come punto fermo la lotta contro il Positivismo e anelano a impiantare, nelle parole di uno dei massimi esponenti del movimento, il già citato Teixeira de Pascoaes, “l’anima portoghese nella terra portoghese, affinché il Portogallo esista come patria, poiché una patria è di natura puramente spirituale e le uniche forze invincibili sono le forze dello spirito” (7). Il tutto, facendo a meno di atteggiamenti militaristici e autoritari.

È questa dottrina, sono questi principi che attraggono Fernando Pessoa, poiché si sposano con la sua intensa sofferenza patriottica.

Nella rivista “A Águia” Pessoa ha il suo battesimo letterario con una serie di tre articoli, dal titolo generico La nuova poesia portoghese (8), con i quali aderisce all’idea saudosista di Pascoaes. Completerà tale serie di articoli con delle parole profondamente profetiche: “La nostra grande Razza partirà alla ricerca di una India nuova, che non esiste nello spazio, su navi che sono costruite “con ciò di cui i sogni sono fatti”. E il suo vero e supremo destino, del quale l’opera dei navigatori è stata l’oscura e carnale imitazione imperfetta, si realizzerà divinamente” (9).

In queste parole, a un tempo profetiche e incendiarie, ritroviamo, ancora una volta, la presenza di un indiscutibile e profondo amore patriottico da parte del nostro poeta, un impetuoso desiderio di rigenerazione nazionale che sarà il germe di tutte le sue poesie e dei suoi poemi mitico-profetici.

Come già ricordato, è a partire dalla proclamazione della Repubblica che Fernando Pessoa inizierà a occuparsi fattivamente delle sorti del suo Paese. Negli anni intercorsi, grosso modo, tra il 1920 e il 1925, tuttavia, si disinteresserà quasi del tutto delle vicende politiche susseguitesi in Portogallo, perché contrariato e sconfortato dal non vedere all’orizzonte immediato delle soluzioni sociali e politiche soddisfacenti.

Allorquando ritornerà a interessarsi di politica, combinerà questa attività con i suoi interessi verso la teosofia e l’occultismo.

Nella sua opera, da questo momento, andranno sviluppandosi in modo particolare due grandi linee direttrici, al di là della continuazione della sua poesia ortonima ed eteronima, di natura lirica o drammatica. Ossia, da un lato, una direzione esoterica, occultista e iniziatica, vale a dire, la ricerca di un sapere tradizionale circa il divino, ma – si badi bene – in termini generalmente eterodossi in relazione alla teologia cattolica e assimilando tradizioni orfiche, gnostiche, templari, orientali e rosacrociane (tutto questo su un piano trascendente e non su quello di una iniziazione massonica militante, che non lo ha mai fattivamente interessato). Dall’altro lato, ne abbiamo una patriottica (manifestatasi, in particolare, nei termini di un Sebastianismo Messianico, ossia, ricollegata al mito di don Sebastiano), ben differente dalle correnti conservatrici vigenti nel Portogallo dell’epoca, quali erano il Nazionalismo tout court, il Lusitanismo e l’Integralismo (10).

L’idea dell’esistenza quale realtà misteriosa e divina (concetto – è bene dirlo – apparentemente negato da alcuni suoi eteronimi, ossia, per certi versi, dai suoi dèmoni interiori) fu più volte esposto in vari poemi e poesie.

Pessoa, riguardo a questo aspetto, arrivò persino a essere aggressivamente molto polemico nel difendere, in un suo articolo, pubblicato il 4 febbraio 1935 sul “Diário de Lisboa”, le società iniziatiche come la Massoneria, da lui ritenuta sentinella di un sapere arcaico e di verità segrete che risalgono all’Ordine dei Templari (11). È bene dire, tuttavia, che Pessoa non fu mai un massone, nel senso che non fu mai affiliato alla Massoneria, della quale condannò sempre la secolarizzazione, esaltandone al contrario le pratiche iniziatiche e, quindi, i principi segreti d’ispirazione templare, da lui intesi come forze d’opposizione all’eccessivo peso ecclesiastico e clericale del Portogallo epocale (12).

Il suo interesse, tuttavia, si mosse anche verso altre regioni dell’occulto. Tradusse varie opere teosofiche, adottò formule rosacrociane in varie poesie, studiò astrologia, ebbe relazioni con il poeta e mago inglese Aleister Crowley (13). Tutto ciò era dovuto a una sua innata e profonda sensibilità per il soprannaturale – la qual cosa è anche dimostrata dal fatto che egli stesso sperimentò esperienze medianiche quando non proprio mistiche.

In sostanza – e lo ripeto – in Fernando Pessoa v’è la confluenza di una doppia sfera, quella storica, le cui determinazioni sono tuttavia caduche e mutevoli, e, in maniera più marcata, quella soprastorica, di difficile, quando non impossibile, comprensione per chi ancora ritiene che i campi della conoscenza siano attingibili solo con gli strumenti della ragione!

Riportando le parole con cui nel 1994 concludevo l’Introduzione al volume da me curato degli scritti sociologici e teorico-politici pessoani, sono dell’avviso che “Fernando Pessoa appartenga a una minoranza eroica di scrittori, cosiddetti veggenti (Yeats, Kafka, D’Annunzio, Pound e pochi altri), i quali, in forza delle loro eccentriche e straordinarie virtù visionarie, hanno saputo percepire e analizzare, forse più e meglio di tanti teorici, sociologi e moralisti di professione, le intemperie e i conflitti, sia sociali che spirituali, del mondo moderno” (14).

 

(1) Un movimento d’ispirazione simbolista con connotazioni mistico-panteistiche e nazionaliste, il cui massimo esponente fu Teixeira de Pascoaes (1877-1952).

(2) Una rivista – lo ricordo – che rappresenta un punto insieme di partenza e d’arrivo importantissimo per la letteratura portoghese, oltre che per lo stesso Pessoa, poiché marca l’avvento del Modernismo in Portogallo e, quindi, il superamento dell’estetica parnassiano-simbolista.

(3) Cfr. B. De Cusatis, Saggio introduttivo, in F. Pessoa, Alla memoria del Presidente-Re Sidónio Pais, saggio introduttivo e traduzione di B. De Cusatis, nuova versione riveduta, Edizioni dell’Urogallo, Perugia 2010.

(4) Da me riuniti, tradotti in italiano e commentati: Fernando Pessoa. Scritti di sociologia e teoria politica, Settimo Sigillo, Roma 1994; Fernando Pessoa. Politica e profezia. Appunti e frammenti 1910-1935, Pellicani, Roma 1996; Fernando Pessoa. Economia & commercio – impresa, monopolio, libertà, Ideazione, Roma 2000 (nuova edizione riveduta Edizioni dell’Urogallo, Perugia 2011).

(5) Questo amore patriottico discende già dagli anni sudafricani. Ricordo, difatti, come Pessoa abbia trascorso parte della sua infanzia e la sua adolescenza, più precisamente, dal 1896 al 1905, a Durban, allora colonia inglese del Natal, in Sudafrica.

(6) D’altronde l’ho scritto più volte, dimostrandolo con dati di fatto concreti. Si vedano, ad esempio, i tre volumi citati nella nota 4.

(7) Cit. in F. Guimarães, Poética do Saudosismo, Editorial Presença, Lisboa 1988.

(8) Cfr. Fernando Pessoa. Politica e profezia, cit., nota 45, pp. 63-64.

(9) F. Pessoa, A nova poesia portuguesa no seu aspecto psicológico, cit. in Obra em prosa de Fernando Pessoa. Textos de intervenção social e cultural. A ficção dos heterónimos, introduções, organização e notas de A. Quadros, Publicações Europa-América, Lisboa s. d., pp. 36-57.

(10) Quanto al Sebastianismo pessoano – che presenta tra l’altro anche un suo contenuto ideologico-politico, con la rivendicazione di un Portogallo portoghese, vale a dire nazionalista e imperialista ad un tempo – si rinvia al mio Saggio introduttivo, cit.

(11) Cfr. F. Pessoa, Associazioni segrete. Analisi serena e minuziosa, in Fernando Pessoa. Scritti di sociologia e teoria politica, cit.

(12) Su tale materia si rinvia al mio Esoterismo, Mitogenia e Realismo Politico em Fernando Pessoa. Uma visão de conjunto, Caixotim Edições, Porto 2005.

(13) Sui rapporti tra Fernando Pessoa e Aleister Crowley si veda M. Pasi, La Bocca dell’Inferno, in Aleister Crowley e la tentazione della politica, FrancoAngeli, Milano 1999.

(14) B. De Cusatis, Introduzione, in Fernando Pessoa. Scritti di sociologia e teoria politica, cit., p. 40.

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