Le inafferrabili. La dualità delle figure femminili nel cinema di Soavi

Marcella Leonardi
Michele Soavi n. 6/2018
Le inafferrabili. La dualità delle figure femminili nel cinema di Soavi

Muse, angeli, bambine, fantasmi imprendibili, scienziate attratte dal buio: le figure femminili del cinema di Michele Soavi compongono un ritratto sfaccettato in cui le variazioni dell’archetipo riconducono a una sola “donna” che domina l’immaginario del regista. Si tratta di un essere enigmatico in stretto contatto con le forze dell’oscurità, capace di trasformarsi, di confluire in corpi differenti; creatura indefinita e indefinibile, divisa tra la luce razionale del giorno e un inconscio desiderio di tenebra, quasi un richiamo ancestrale cui è impossibile sottrarsi. Ma è anche una donna-attrice, un personaggio in cerca d’autore: continuamente creata e distrutta sullo schermo, oggetto del disegno del regista, cui però finisce per sfuggire. Soavi è una sorta di demiurgo espropriato del potere: le sue protagoniste si lasciano plasmare, travestire, si mettono in gioco in una costante ridefinizione e messa a fuoco. Ma è un’arrendevolezza apparente, che tradisce una ineluttabile componente di inafferrabilità. Il regista è pienamente consapevole dello “scarto” tra la remissività del personaggio femminile nei confronti del proprio autore e l’intima ribellione che lo anima: spesso, proprio in questo scarto risiede la bellezza del suo cinema. Deliria (1987) ne fa subito il nucleo portante, emblematizzandolo nella dualità, estetica ed etica, della protagonista Alice: puttana volgare sul palcoscenico finzionale del film, in calze nere e parrucca di piume (quasi a segnalare una parentela con il piumato assassino?) e ragazza pulita, di assoluta integrità morale fuori dalle scene. La prima Alice è vittima designata della rappresentazione: Soavi ce la mostra come un manichino perfetto e inespressivo, bloccata in un pallore evanescente e priva di volontà. La seconda, donna in fieri e in movimento, dal carattere irriducibile e orgoglioso, sarà la final girl che sopravvive al gruppo per giungere allo scontro finale con l’assassino. Una protagonista “doppia”, divisa tra realtà e rappresentazione, figura polarizzante su cui convergono le sequenze omicide, sino alla bellissima scena che la vede spiare il killer nell’atto di comporre le proprie vittime in una cristallizzata, onirica scenografia.

La chiesa (1989) si apre con un quadro medievale di grande impatto e violenza: un gruppo di Cavalieri teutonici attacca un villaggio di streghe. Soavi stacca su una ragazza-strega dall’aspetto puro, indifeso, intenta a bagnarsi nelle acque con l’istintività di un animale selvatico; i suoi abiti sono poveri e nei suoi grandi occhi verdi scorgiamo una vulnerabilità infantile. Fiduciosa, la giovane porge il viso al cavaliere in attesa di una carezza: ma nel suo guanto l’uomo cela un coltello, che le pianta in pieno volto con freddezza spietata.
La bellezza infranta dalla brutalità del sangue è uno dei tòpoi dell’horror, ma Soavi vi insinua il dubbio, l’ambiguità: nonostante l’apparenza innocente, il corpo della giovane presenta i segni della possessione demoniaca. Successivamente, con immagini di rara efferatezza, il regista allestisce la terribile distruzione del villaggio: donne barbaramente uccise, trascinate dai cavalli che ne lacerano le membra, corpi ammucchiati in fosse comuni, lance scagliate contro bambine. Soavi riesce, con sequenze rapide e allucinate, a consegnarci il tabù del corpo femminile violato, a renderci partecipi del massacro ai danni della sua carnalità e nella sua “devianza” spirituale. Un omicidio oltraggioso, in cui percepiamo la profanazione di una sacralità ancestrale e che Soavi traduce in immaginario orrorifico ripugnante. Dopo averci trasportato, con un salto temporale, nella Germania contemporanea, il demiurgo ci presenta Lisa, personaggio antitetico alla donna-strega il cui compito è quello di incarnare la “serenità” razionale. Lucida, forte della sua preparazione scientifica, Lisa ha una bellezza chiara, senza ombre apparenti: capelli corti, indumenti pratici che non lasciano spazio a malìe seduttive. Soavi le riserva molti primi piani, soprattutto dettagli dei suoi occhi trasparenti. Nell’intimità della propria casa, spalle nude e capelli bagnati, Lisa è soffusa da un’aura di bellezza classica, da un nitore che la rende simile a una scultura del Canova. Eppure nemmeno lei sfuggirà al suo legame primigenio con l’oscurità: incuriosita dall’ignoto, istintiva nel suo sentimento amoroso, la ragazza finirà con il divenire oggetto/soggetto del rituale demoniaco.

In La setta (1991) Kelly Curtis, sorella di Jamie Lee, viene chiamata a interpretare la protagonista Miriam. L’attrice è molto brava nel conferire originalità e carattere a una tipologia femminile già abusata dalla filmografia classica sull’avvento dell’anticristo: vi sono, nella sua Miriam, una fragilità autentica e una ingenuità d’animo che ce la rendono immediatamente amabile. Insegnante elementare, sola, la giovane vive all’interno di un’abitazione-microcosmo allestita come una casa di bambola: è protagonista della sua stessa favola, una Cenerentola che rincorre perennemente il bianconiglio, eterna fanciulla che sogna. Il suo letto è circondato da mille suppellettili infantili; il suo unico compagno, il coniglio bianco in cui sublimare il desiderio di rapporti, è il solo piacere tattile che si concede, carezzandone il pelo con le dita. Miriam ha un’innocenza che la porta a essere colma di fiducia persino di fronte all’evidenza del male. La trasparenza del suo personaggio trova uno specchio nella presenza simbolica dell’acqua, purificatrice e riflettente: il film scorre tra laghi, pozzi, condutture, vasche, fino alla liberazione finale offerta proprio dal getto d’acqua di una pompa che riporta Miriam alla purezza originaria. Soavi però ne incrina la “santità” con una sequenza visionaria di grande raffinatezza: un incubo in cui la ragazza, inquadrata con prospettive deformanti, sembra veder nascere dal suo seno un corvo che le strappa il viso.

Il complesso rapporto di Soavi con il mondo femminile emerge in tutta la pienezza delle sue forme nel celeberrimo Dellamorte Dellamore (1994), dove la donna è l’emblema di un inconoscibile al contempo magnetico e pericoloso, ma anche la congiunzione tra la vita e l’aldilà. Una depositaria magica e demoniaca, a suo agio con la morte, che non considera qualcosa di “altro da sé” ma un’ombra in cui avvolgere la propria natura spirituale. Non a caso Anna Falchi si presenta, bellissima e assorta in un’altra realtà, in un velo che ne mostra le fattezze in trasparenza: è una “vedova nera” trasfigurata e resa fantasmatica dal velo; una creatura in cui si annulla la contraddizione tra «morti viventi e vivi morenti», già spettrale, protesa al trapasso come a un destino consapevole. Francesco Dellamorte è immediatamente attratto da lei: «La più bella persona viva che abbia mai visto». In pochi istanti, la vedova diviene il fulcro della sua idealizzazione amorosa. L’amore è consumato sulla tomba del marito appena scomparso, in uno scintillio di fuochi fatui: Soavi mette in scena la passione bruciante dei corpi trasfigurandola in un contesto di funebre misticismo («La signora vuole solo le stelle»), fino a mostrarci una Falchi bellissima, nuda e alata: ella è l’angelo. Dopo il rapporto, la vedova è avvolta in un bianco sudario, come il celebre Cristo velato (1753) di Giuseppe Sanmartino: una purezza che si rivelerà impossibile. La morte separa i due amanti, gettando l’uomo nella disperazione: ma la vedova torna, hitchcockianamente, in altre forme. Soavi non nasconde l’omaggio a La donna che visse due volte (1958) vestendo la Falchi dello stesso abito grigio della Novak, e soffermandosi per un primo piano sui suoi capelli raccolti. Il film è saturo di cinema trasformato in ricordo e soggettivizzato; allo stesso modo la vedova è una donna-ricordo, una proiezione di desideri destinati a infrangersi. Tanto bella quanto traditrice, la proteiforme figura femminile interpretata dalla Falchi rivive non due, ma tre volte. La sua presenza diventa simbolo dell’impulso di morte: una bellezza crudele in cui si intravede il nulla, incombente e divoratore. Altri due significativi personaggi compaiono nel film, a sottolineare come il corpo femminile sia terreno di confine oltre l’umano: l’una è la giovane figlia del sindaco, di cui non resta che la testa mozzata ma ancora vogliosa di baciare; l’altra è un’adolescente che si fa mangiare per amore. La vita e la morte non sono che dettagli secondari di fronte a un desiderio di donna.

[Vai all'indice]

Scarica il pdf

Ultime uscite

François Ozon

François Ozon

Inland n. 2/2016
Il secondo numero di INLAND è il primo volume dedicato in Italia a François Ozon. Regista tra i generi, firma sfuggente all’etichetta d’autore, nei suoi film Ozon fa riverberare echi [...]
Fiume Diciannove - Il Fuoco sacro della Città di Vita
1919-2019. Un secolo fa Gabriele d’Annunzio entrava in Fiume d’Italia, dando vita a quella che sarebbe stata una rivoluzione durata cinquecento giorni. Un’atmosfera febbricitante e festosa, ma anzitutto sacra, qui [...]
Aldo Lado

Aldo Lado

Inland n. 9/2019
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai [...]
Dylan Dog - Nostro orrore quotidiano
Detective dell’Occulto, Indagatore dell’Incubo, Esploratore di Pluriversi: come definire altrimenti Dylan Dog, dal 1986 residente al n. 7 della londinese Craven Road? Le sue avventure – che affrontano tutti gli [...]
Dino Buzzati - Nostro fantastico quotidiano
Vi sono autori, come disse una volta Conan Doyle, che «hanno varcato una porta magica». Tra questi spicca Dino Buzzati, che ha condotto il fantastico nel cuore pulsante della materia. [...]
William Lustig

William Lustig

Inland n. 13/2020
Gennaio 2015, riunone di redazione: si discute a proposito della nascita di INLAND. Quaderni di cinema. A chi dedicare i primi tre numeri? Idee tante, unanimità poca. Restano quattro progetti, [...]
Jorge Luis Borges - Il Bibliotecario di Babele
Jorge Luis Borges è un autore oceanico, un crocevia di esperienze, storie, civiltà e piani dell’essere, un caleido­scopio nel quale il passato si fa futuro e il futuro si rispecchia [...]
Antonio Bido

Antonio Bido

Inland n. 11/2019
Girata la boa del decimo numero, INLAND. Quaderni di cinema compie altri due significativi passi in avanti. Innanzitutto ottiene il passaporto. A rilasciarlo è stato il Paradies Film Festival di Jena [...]
Carlo & Enrico Vanzina

Carlo & Enrico Vanzina

Inland n. 7/2018
INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel [...]
Lav Diaz

Lav Diaz

Inland n. 3/2017
È da tempo che noi di INLAND pensiamo a una monografia dedicata a Lav Diaz. Doveva essere il numero #1, l’avevamo poi annunciato come #2, l’abbiamo rimandato in entrambe le [...]
Mike Flanagan

Mike Flanagan

Inland n. 16/2023
Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene [...]
Manetti Bros.

Manetti Bros.

Inland n. 14/2022
Febbraio 2020. Inland. Quaderni di cinema numero #13 va in stampa con una nuova veste. Brossura, dorso rigido, grammatura della copertina aumentata. Il numero è dedicato a William Lustig, alfiere [...]
Lune d'Acciaio - I miti della fantascienza
Considerata da un punto di vista non solo letterario, la fantascienza può assumere oggi la funzione un tempo ricoperta dai miti. I viaggi nello spazio profondo, le avventure in galassie [...]
Rob Zombie

Rob Zombie

Inland n. 1/2015
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e [...]
Pupi Avati

Pupi Avati

Inland n. 10/2019
Numero #10. Stiamo diventando grandi. Era da tempo che pensavamo a come festeggiare adeguatamente questa ricorrenza tonda, questo traguardo tagliato in un crescendo di sperimentazioni editoriali, collaborazioni, pubblicazioni sempre più [...]
Philip K. Dick - Lui è vivo, noi siamo morti
Celebrato in film, fumetti e serie tv, Philip K. Dick ha stregato gli ultimi decenni del XX secolo. Ma il suo immaginario era talmente prodigioso che, a furia di sondare [...]
Sergio Martino

Sergio Martino

Inland n. 5/2017
Giunto al quinto numero, INLAND. Quaderni di cinema affronta uno snodo cruciale, fatto di significative ed emblematiche svolte che segnano uno scarto, un’apertura rispetto alla precedente linea editoriale. Innanzitutto la scelta del [...]
Carlo Verdone

Carlo Verdone

Inland n. 12/2019
"Vi ho chiesto di mettere la mia moto Honda Nighthawk in copertina perché su quella moto c'è passato il cinema italiano. Su quella moto io sono andato e tornato da [...]
Rob Zombie Reloaded

Rob Zombie Reloaded

Inland n. 8/2019
Giunto all’ottavo fascicolo, INLAND. Quaderni di cinema riavvolge per un attimo la pellicola della sua breve ma significativa storia, tornando a percorrere i passi compiuti nel 2015 quando aveva aperto [...]
America! America? - Sguardi sull'Impero antimoderno
L’impero statunitense ha sempre generato nella cultura italiana reazioni contrastanti, che spaziano da un’esaltazione semi-isterica a una condanna a priori, altrettanto paranoica. Sembra sia pressoché impossibile, per chi si confronta [...]
Dario Argento

Dario Argento

Inland n. 15/2022
Tutto è nato da Occhiali neri (2022). Dalla sua visione, certo, ma anche dal dibattito che il film ha riaperto a proposito di Dario Argento e di tutto ciò che [...]
Walt Disney - Il mago di Hollywood
«Credo che dopo una tempesta venga l’arcobaleno: che la tempesta sia il prezzo dell’arcobaleno. La gente ha bisogno dell’arcobaleno e ne ho bisogno anch’io, e perciò glielo do». Solo un [...]
4-4-2 - Calciatori, tifosi, uomini
Nel calcio s’intrecciano oggi le linee di forza del nostro tempo; talvolta vi si palesano le sue fratture, i suoi non-detti. Ecco perché il quattordicesimo fascicolo di «Antarès» è dedicato [...]
Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn

Inland n. 4/2017
Perché Nicolas Winding Refn? La risposta è semplice: perché, piaccia o no, è un autore che, più di altri, oggi ha qualcosa da dire. Sebbene sempre più distante dalle logiche [...]
Michele Soavi

Michele Soavi

Inland n. 6/2018
Il nuovo corso di INLAND. Quaderni di cinema, inaugurato dal numero #5, dedicato a Sergio Martino, è contraddistinto da aperture al cinema italiano, al passato, a trattazioni che possano anche [...]

Ultimi post dal blog

Fabrizio Fogliato è un esperto di cinema e in particolare del cinema dei generi. Da anni pubblica regolarmente saggi e analisi che diventano punti di riferimento per il mondo del cinema. Lo scorso anno ha mandato in stampa un nuovo importante volume intitolato Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano. Lo abbiamo intervistato per farci spiegare di che cosa si tratta e in che modo ha analizzato il cinema criminale della Penisola. Partiamo dal titolo. Come mai ha scelto Con la rabbia agli occhi, che è anche il titolo di un film degli anni 70? Con la rabbia [...]
Benedetta Pallavidino ha raccontato un attore molto controverso nel suo Helmut Berger. Ritratto su pellicola, edito da Bietti Edizioni nella collana Fotogrammi. L’abbiamo intervistata. L’attore classe 1944 è scomparso il maggio scorso ed è stato interprete di tanti capolavori tra cui diversi film di Luchino Visconti con cui ebbe anche una relazione. Ecco le sue parole sull’artista: Come nasce la tua voglia di andare a raccontare un personaggio controverso come Helmut Berger? Nasce dal fatto che l’ho sempre trovato un attore molto sottovalutato, ricordato solo per essere stato il divo e il compagno di Visconti. È sicuramente vero che diretto da [...]