Andrea Tagliapietra: «Icone della fine»

Mitsuharu Hirose
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Andrea Tagliapietra: «Icone della fine»

Che cosa evoca la parola fine? Fine individuale, fine del mondo, Apocalisse? O forse solo una paradossale, istantanea transizione tra ciò che ha tempo e ciò che non ne ha? Per quanto sia impossibile fissare questo concetto univocamente, ogni epoca ha cercato di rappresentare le suggestioni che esso suscita tramite miti, filosofia e arte, seguendo lo scorrere dell’evoluzione del pensiero. Ma cosa implica la fine, per come è stata interiorizzata dall’uomo nel corso della sua storia? Le interpretazioni sono naturalmente innumerevoli, così come gli ambiti a cui essa viene associata. Andrea Tagliapietra, filosofo e docente presso l’Università San Raffaele di Milano, ci accompagna lungo un percorso che comincia dalla ripresa di miti (religiosi e non), teorie e idee elaborati nel corso dei secoli. Icone appunto, che al pari delle immagini sacre ortodosse ci permettono di “toccare e vedere ciò che per altro è e rimane invisibile e inattingibile” (p. 11). Questo insieme di rappresentazioni si è rivelato propedeutico allo sviluppo delle attuali icone della fine, contemporanee metafore  visive che, grazie ai moderni mezzi di comunicazione, oggi popolano il nostro immaginario massificato. L’autore le seziona con un occhio di riguardo nei confronti della cinematografia, ovvero la più giovane delle arti, in rapidissimo divenire e destinata ad un enorme bacino di fruitori. Lo studio è caratterizzato da un costante parallelismo tra immagini antiche e moderne, tramite cui emergono tratti comuni e divergenze tra percezioni presenti e passate della fine. Analogie e differenze sono evidenziate tramite la moltitudine di riferimenti attinti da tutto il bacino del sapere occidentale. Tra di essi spiccano numerose pellicole (tra cui alcune di grandissimo successo come Apocalypse Now o 2001-Odissea nello spazio) ma anche testi sacri, opere filosofiche e letterarie. Il testo si avventura in diverse sfaccettature del concetto di fine. Si comincia dall’Apocalisse, evento carico di significati religiosi e millenaristici, “rivelazione” che apre ad una nuova fase; la sua concezione è condivisa da culture e religioni diverse tra loro ed oggi può rispecchiarsi nell’emblematica immagine dell’affondamento del Titanic, che trascina con sé, oltre a migliaia di vite umane, la certezza di una modernità illuminata dal progresso. Si prosegue analizzando le immagini del tempo, che nella nostra epoca trovano la massima espressione proprio nella cinematografia, immagine in movimento, che proprio grazie al fluire del tempo riesce a mostrarne l’evoluzione. L’autore trova nel sopracitato film di Kubrick una delle massime espressioni di “temporalità come soggetto stesso della rappresentazione” (p.58): immagini in trasformazione si scontrano con le apparizioni di un misterioso monolite dagli arcani significati. La settima arte è chiamata in causa anche nel capitolo dedicato alle immagini dell’estremo: Schindler’s List di Spielberg e La Nona Porta di Polanski sono omologhi moderni delle visioni infernali dantesche e di Hieronymus Bosch. Passando per le immagini della fine individuale, l’opera si completa con quelle della fine collettiva, che presenta, tra l’altro, un’accurata analisi di Don Giovanni, eroe moderno che esalta l’abbandono ai propri sensi, contrapposto alla severità della morale religiosa del suo tempo. Assieme al lungo percorso contenutovi, le infinite citazioni e i continui accostamenti tra immagini rendono Icone della fine una ricchissima miniera per approfondimenti sul tema. Andrea Tagliapietra, Icone della fine. Immagini apocalittiche, filmografie, miti, Il Mulino, Bologna 2010, pp. 218, euro 13,60.

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