L’orbo veggente di Buenos Aires

Marco Cimmino
Jorge Luis Borges – Il Bibliotecario di Babele n. 12/2017
L’orbo veggente di Buenos Aires

Una questione impellente o, me­glio, la questione impellente che è necessario affrontare scri­vendo di Jorge Luis Borges riguarda la genesi della sua narrativa e la matrice del suo universo fantastico. Chi scrive crede fermamente che Borges non sia stato un’anomalia epistemologica della letteratura latino-americana, quanto piuttosto un esponente in esilio di quella europea, cui tutta la sua produzione fan­tastica riconduce, nonostante ambien­tazioni ed onomastica coloniali. Tutto cominciò molto tempo fa e molto lon­tano dalle floride terre bonaerensi: non è dato sapere esattamente quando avven­ne, ma possediamo diverse testimonian­ze che ci permettono di ricostruire, da se­gni non sempre facilmente percepibili, il cammino che portò Borges alla sua arte.

Possiamo, ad esempio, postulare una data ed un luogo: Recanati, anno 1819. Un giovane poeta ventunenne, seduto a riflettere sui casi suoi davanti ad un’alta siepe, nel frinire di invisibili cicale perse improvvisamente la cognizione del tem­po e dello spazio: il suo spirito si trovò immerso in una solitudine di meraviglio­sa purezza, lanciato a velocità sopranna­turale attraverso deserti cosmici e visioni d’inesprimibile e colossale maestosità. Come per un’arcana e sconosciuta ma­gia, il gobbetto rachitoide dalla somma­ria cura personale si trovò ad essere un titano, lanciato nell’immensità dell’uni­verso, dimentico delle catene, inebriato dalla stordente bellezza dell’invisibile, inesprimibile, impensabile: un pellegri­no visionario. Forse, dunque, dovremmo partire di lì, dal colle de L’Infinito, per cogliere i meccanismi primi della scrit­tura di Borges, il cieco veggente. In qual­che modo l’impedimento, l’ostacolo, la menomazione, la siepe, possono, in certe circostanze, per certi attimi, divenire po­derosi strumenti visivi che aprano nuovi universi a chi riesca a goderne, ribaltan­do i termini angusti della logica e della realtà fenomenica.

Oppure, questo sogno nacque a Pari­gi verso il 1860, quando Charles Bau­delaire intuì (forse sarebbe il caso di dire re-intuì) il potere evocativo della non-vista: la capacità di accrescere la sfera percettiva attivata dai più evidenti limiti fisici della nostra visione, quasi che la mancanza di visus riportasse in vita la capacità remota e nascosta nell’uomo di vedere oltre. «Chi guarda da fuori attra­verso una finestra spalancata non vede mai tante cose come chi invece guarda una finestra chiusa. Non vi è cosa più profonda, più misteriosa, più feconda, più tenebrosa, più abbagliante di una fi­nestra al tremore di una candela. Ciò che si può vedere rischiarato dal sole è sem­pre meno interessante di quel che accade dietro un vetro. In questo foro, sia oscuro o luminoso, vive la vita, sogna la vita, sof­fre la vita.»

Questo ci sostiene nella nostra convin­zione circa la genesi europea del fanta­stico di Borges: egli visse un’apparente staticità, eccentrica rispetto ai canali tradizionali della civiltà letteraria occi­dentale. Un’immobilità australe, professionale, fisica. Eppure, questa sua lonta­nanza, questo suo isolamento apparente, divennero la chiave di un’occidentalità assoluta: non troveremo in Borges il fan­tastico ispano-americano né la prorom­pente e multicolore potenza del magico precolombiano. In lui non sussisterà rap­sodia maya o azteca, né voluttà barocca o misticismo vudu.

Tutto, come si diceva, ebbe origine in Europa: nel cuore stesso dell’Europa, con gli occhi dell’Europa. Perché c’è un ripostiglio buio, al centro della civiltà occidentale: uno sgabuzzino dalla porta scrostata, con la chiave che pende. Qualcuno, qualche volta, in qualche estate immobile e translucida o in qualche inverno scricchiolante di neve ghiacciata, ha allungato la mano, come per caso, e l’ha aperta, quasi soprappensiero, qua­si senza volere: a volte, anche solo per uno spiraglio, ma è bastato. E l’Europa è diventata universo e lo sgabuzzino si è fatto caleidoscopio. Perché al centro dell’universo c’è un caleidoscopio d’oro e di diamante, che racchiude tutti i sogni più sfrenati, le malinconie che levano il respiro, le grida di tutte le battaglie e le vertigini di tutte le muraglie: ci si può arrivare soltanto attraverso una via umile e tortuosa, ritmata dallo stillicidio della vecchia gronda, fuori dalla tua finestra. E c’è una fuga di pareti e di scale, di cer­chi di pietra e sull’acqua, nella mente di ognuno di noi: cattedrali di cipressi na­scoste in luoghi perduti in un ricordo di cose mai vedute. E ci sono le montagne, impossibili e meravigliose, che sfidano ogni giorno il cielo: sono oceani con onde immense, che si frangono su scogli giganteschi, in tramonti violacei.

Lì si trovano ogni giorno coloro che non ebbero paura dei propri desideri: quei prescelti che possedettero la sma­nia di vedere, lo struggente desiderio di essere liberi in una corsa senza fine ver­so la cascata che schiuma e ruggisce nei pressi di un orizzonte irraggiungibile. Per arrivarci ci vogliono tre cose magi­che. Una disperazione infinita che ci renda estraneo il tormentoso brusio del­la quotidiana pena collettiva, facendoci distanti e, insieme, partecipi del dolore umano. Una rabbiosa incapacità a ferire, che faccia di noi un’arma deposta sulla cassapanca, a coprirsi di polvere, costrin­gendoci ad innaturali compromessi col nostro beneducato demone. Infine, un amore immenso che non trova sfogo né ragione se non il canto, lo smemorante canto della morte.

Borges, certamente, sapeva della porta, del caleidoscopio, del cerchio di pietra: semplicemente, in vita, non gli era ba­stato il cuore. Così scrisse, dato che non aveva potuto guardare: cieco prima di essere cieco, lui che era nato per essere il benvedente, il maestro della chiave segreta.

Veniamo alla prima parte di questa sto­ria: è la meno significativa e amabile, ma va raccontata, se volete sapere di Borges. Basta un pensiero, talvolta, a spalancare universi: un’idea tanto potente da cam­biare il corso della storia. Così è accadu­to per la letteratura fantastica, quando, intorno alla metà del secolo XIX, si è diffuso un nuovo sentimento della re­altà: l’immaginazione. Non ci si lasci ingannare dall’apparente ossimoro: le scienze esatte ci hanno ampiamente dimostrato che, per gli esseri umani, ciò che esiste nell’ambito sensoriale esiste in quello fenomenico e questo determi­na una sostanziale identità tra ciò che è fisicamente reale e ciò che percepiamo come tale. La dottrina del colore, che ha determinato la svolta epocale delle arti figurative ottocentesche, ne è uno dei portati più evidenti: l’idea che le nostre impressioni determinino colori e forme e che il nostro cervello assembli informa­zioni divise rendendole un’unica visione rappresentò un’autentica rivoluzione, che diede frutti formidabili.

In un certo senso, possiamo dire che la nostra modernità è figlia della fantasia almeno quanto lo è del pensiero scienti­fico: da quando Schopenhauer postulò la presenza di una realtà inconoscibile o, perlomeno, difficilmente decifrabile, al di là del pesante velo di materialità che impedisce all’uomo di coglierla, generazioni di scrittori hanno cercato di dare corpo a questa visione entusiasmante e terribile, ora percorrendo le vie della complessità e dell’alienazione, ora bat­tendo quelle del candore e dell’ingenu­ità. Insomma, l’uomo moderno ha cerca­to davvero di essere una freccia scagliata verso i confini dell’universo: perciò, for­se, la nostra storia comincia ancor prima e ancor più lontano. Essa affonda le sue radici in un tempo in cui simili emozio­ni si provavano ma non si esprimevano: esistevano solo la guerra, l’amore e Dio. Dalla diversa combinazione di questi tre elementi mitopoietici, in un certo senso, nacque la letteratura romanza. Eppure, tanti scrittori medievali denunciarono un’ansia di sapere di più, di andare oltre: bestiari e lapidari, agiografie e leggende testimoniano un poderoso sforzo fanta­stico cui, semplicemente, mancarono gli strumenti filosofici. O, forse, ancora più semplicemente, il tempo.

Di queste Europe, s’intenda di tutte queste Europe, fu figlio Borges: altri cercheranno nelle linee nere dei suoi rac­conti stili e crittogrammi d’altro metro e misura, ma noi questo vediamo, un’as­soluta coerenza con la narrativa europea. Jorge Luis Borges è uno scrittore euro­peo: non certamente della Mitteleuro­pa, ma di quell’Europa dolce e forte che nacque dal disfacimento dell’impero carolingio, l’Europa che sognava sen­za vergogna, circoscritta dai suoi mari, ignara del globo, lontana dall’ecumene. Un’Europa, in sostanza, delimitata nel suo vedere da una siepe: un continente seduto davanti ad una finestra chiusa. Solo paradossalmente, perciò, uno degli scrittori più straordinariamente visiona­ri in senso europeo nacque, visse e morì dall’altra parte del pianeta, legato ai suoi sodali soltanto dalle radici fortissime ed esili dei libri: le parole. E, forse, alla fine del suo viaggio mortale, Jorge Luis Bor­ges, l’orbo veggente, dimenticò le catene che lo trattenevano al suo letto di morte e alla sua scrittura, così regolata e preci­sa, e si sdraiò sull’oceano, che fu confi­ne alla sua malinconia e al suo sogno: la percezione del tutto lo invase e lo sanò definitivamente.

Di nuovo e per l’ultima volta vide il ripostiglio, come ricordandosi memo­rie di altri, girò la chiave, aperse la por­ta scrostata: si trovò nel vortice dorato, magnifico e stordente del caleidoscopio, ruotò nel cosmo, cadde infinitamente e si sollevò sopra i ghiacci e le nebbie, per planare nel centro preciso del grande cer­chio di pietra. Lì, finalmente, la sua vista tornò a distinguere gli uomini e le cose, il sogno e la poesia, la memoria e il ricor­do, tra volti resigli familiari dalle pagine, dalle parole, dai libri: e Jorge Luis Borges capì di essere finalmente tornato a casa.

[Vai all'indice]

Scarica il pdf

Ultime uscite

François Ozon

François Ozon

Inland n. 2/2016
Il secondo numero di INLAND è il primo volume dedicato in Italia a François Ozon. Regista tra i generi, firma sfuggente all’etichetta d’autore, nei suoi film Ozon fa riverberare echi [...]
Fiume Diciannove - Il Fuoco sacro della Città di Vita
1919-2019. Un secolo fa Gabriele d’Annunzio entrava in Fiume d’Italia, dando vita a quella che sarebbe stata una rivoluzione durata cinquecento giorni. Un’atmosfera febbricitante e festosa, ma anzitutto sacra, qui [...]
Aldo Lado

Aldo Lado

Inland n. 9/2019
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai [...]
Dylan Dog - Nostro orrore quotidiano
Detective dell’Occulto, Indagatore dell’Incubo, Esploratore di Pluriversi: come definire altrimenti Dylan Dog, dal 1986 residente al n. 7 della londinese Craven Road? Le sue avventure – che affrontano tutti gli [...]
Dino Buzzati - Nostro fantastico quotidiano
Vi sono autori, come disse una volta Conan Doyle, che «hanno varcato una porta magica». Tra questi spicca Dino Buzzati, che ha condotto il fantastico nel cuore pulsante della materia. [...]
William Lustig

William Lustig

Inland n. 13/2020
Gennaio 2015, riunone di redazione: si discute a proposito della nascita di INLAND. Quaderni di cinema. A chi dedicare i primi tre numeri? Idee tante, unanimità poca. Restano quattro progetti, [...]
Jorge Luis Borges - Il Bibliotecario di Babele
Jorge Luis Borges è un autore oceanico, un crocevia di esperienze, storie, civiltà e piani dell’essere, un caleido­scopio nel quale il passato si fa futuro e il futuro si rispecchia [...]
Antonio Bido

Antonio Bido

Inland n. 11/2019
Girata la boa del decimo numero, INLAND. Quaderni di cinema compie altri due significativi passi in avanti. Innanzitutto ottiene il passaporto. A rilasciarlo è stato il Paradies Film Festival di Jena [...]
Carlo & Enrico Vanzina

Carlo & Enrico Vanzina

Inland n. 7/2018
INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel [...]
Lav Diaz

Lav Diaz

Inland n. 3/2017
È da tempo che noi di INLAND pensiamo a una monografia dedicata a Lav Diaz. Doveva essere il numero #1, l’avevamo poi annunciato come #2, l’abbiamo rimandato in entrambe le [...]
Mike Flanagan

Mike Flanagan

Inland n. 16/2023
Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene [...]
Manetti Bros.

Manetti Bros.

Inland n. 14/2022
Febbraio 2020. Inland. Quaderni di cinema numero #13 va in stampa con una nuova veste. Brossura, dorso rigido, grammatura della copertina aumentata. Il numero è dedicato a William Lustig, alfiere [...]
Lune d'Acciaio - I miti della fantascienza
Considerata da un punto di vista non solo letterario, la fantascienza può assumere oggi la funzione un tempo ricoperta dai miti. I viaggi nello spazio profondo, le avventure in galassie [...]
Rob Zombie

Rob Zombie

Inland n. 1/2015
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e [...]
Pupi Avati

Pupi Avati

Inland n. 10/2019
Numero #10. Stiamo diventando grandi. Era da tempo che pensavamo a come festeggiare adeguatamente questa ricorrenza tonda, questo traguardo tagliato in un crescendo di sperimentazioni editoriali, collaborazioni, pubblicazioni sempre più [...]
Philip K. Dick - Lui è vivo, noi siamo morti
Celebrato in film, fumetti e serie tv, Philip K. Dick ha stregato gli ultimi decenni del XX secolo. Ma il suo immaginario era talmente prodigioso che, a furia di sondare [...]
Sergio Martino

Sergio Martino

Inland n. 5/2017
Giunto al quinto numero, INLAND. Quaderni di cinema affronta uno snodo cruciale, fatto di significative ed emblematiche svolte che segnano uno scarto, un’apertura rispetto alla precedente linea editoriale. Innanzitutto la scelta del [...]
Carlo Verdone

Carlo Verdone

Inland n. 12/2019
"Vi ho chiesto di mettere la mia moto Honda Nighthawk in copertina perché su quella moto c'è passato il cinema italiano. Su quella moto io sono andato e tornato da [...]
Rob Zombie Reloaded

Rob Zombie Reloaded

Inland n. 8/2019
Giunto all’ottavo fascicolo, INLAND. Quaderni di cinema riavvolge per un attimo la pellicola della sua breve ma significativa storia, tornando a percorrere i passi compiuti nel 2015 quando aveva aperto [...]
America! America? - Sguardi sull'Impero antimoderno
L’impero statunitense ha sempre generato nella cultura italiana reazioni contrastanti, che spaziano da un’esaltazione semi-isterica a una condanna a priori, altrettanto paranoica. Sembra sia pressoché impossibile, per chi si confronta [...]
Dario Argento

Dario Argento

Inland n. 15/2022
Tutto è nato da Occhiali neri (2022). Dalla sua visione, certo, ma anche dal dibattito che il film ha riaperto a proposito di Dario Argento e di tutto ciò che [...]
Walt Disney - Il mago di Hollywood
«Credo che dopo una tempesta venga l’arcobaleno: che la tempesta sia il prezzo dell’arcobaleno. La gente ha bisogno dell’arcobaleno e ne ho bisogno anch’io, e perciò glielo do». Solo un [...]
4-4-2 - Calciatori, tifosi, uomini
Nel calcio s’intrecciano oggi le linee di forza del nostro tempo; talvolta vi si palesano le sue fratture, i suoi non-detti. Ecco perché il quattordicesimo fascicolo di «Antarès» è dedicato [...]
Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn

Inland n. 4/2017
Perché Nicolas Winding Refn? La risposta è semplice: perché, piaccia o no, è un autore che, più di altri, oggi ha qualcosa da dire. Sebbene sempre più distante dalle logiche [...]
Michele Soavi

Michele Soavi

Inland n. 6/2018
Il nuovo corso di INLAND. Quaderni di cinema, inaugurato dal numero #5, dedicato a Sergio Martino, è contraddistinto da aperture al cinema italiano, al passato, a trattazioni che possano anche [...]

Ultimi post dal blog

Fabrizio Fogliato è un esperto di cinema e in particolare del cinema dei generi. Da anni pubblica regolarmente saggi e analisi che diventano punti di riferimento per il mondo del cinema. Lo scorso anno ha mandato in stampa un nuovo importante volume intitolato Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano. Lo abbiamo intervistato per farci spiegare di che cosa si tratta e in che modo ha analizzato il cinema criminale della Penisola. Partiamo dal titolo. Come mai ha scelto Con la rabbia agli occhi, che è anche il titolo di un film degli anni 70? Con la rabbia [...]
Benedetta Pallavidino ha raccontato un attore molto controverso nel suo Helmut Berger. Ritratto su pellicola, edito da Bietti Edizioni nella collana Fotogrammi. L’abbiamo intervistata. L’attore classe 1944 è scomparso il maggio scorso ed è stato interprete di tanti capolavori tra cui diversi film di Luchino Visconti con cui ebbe anche una relazione. Ecco le sue parole sull’artista: Come nasce la tua voglia di andare a raccontare un personaggio controverso come Helmut Berger? Nasce dal fatto che l’ho sempre trovato un attore molto sottovalutato, ricordato solo per essere stato il divo e il compagno di Visconti. È sicuramente vero che diretto da [...]