In breve. Corto e mediometraggi di François Ozon

Luca Pacilio
François Ozon n. 2/2016
In breve. Corto e mediometraggi di François Ozon

Tra il 1988 e il 1998 François Ozon gira una serie di lavori brevi che non solo contengono in nuce elementi e tematiche che si ritroveranno nei suoi lavori lunghi, ma che stupiscono per la qualità e la maturità dello sguardo: sono lavori contesi dai festival di settore, molto premiati, che conferiscono al regista, fin da subito, una solida reputazione.

Nel Super 8 Photo de famille (1988), la primissima macabra sitcom (Casa Ozon…), quella che sembra una normale serata in famiglia (tra tv, studio, preparazione della cena) finisce con l’omicidio, da parte del figlio, di genitori e sorella. La strage è il frutto evidente di un conflitto di visioni: la famiglia riunisce sotto un unico tetto letture diverse della realtà, anche se violentemente uniformate in una ritualistica convenzionale comune che il giovane assassino, nel finale, decide di omaggiare e dissacrare nello stesso tempo (l’autoscatto sul divano, circondato dai congiunti uccisi, mette in scena un controverso quadretto familiare). Les doigts dans le ventre (1988) si muove nello stesso alveo: è il pedinamento di una ragazza bulimica che trascorre la sua giornata vagabondando per Parigi, ingozzandosi. Rientrata a casa, dopo aver vomitato, la protagonista si mette a tavola con i familiari e mangia insalata. Anche in questo caso domina la scissione tra una dimensione intima e personale, ignota al nucleo parentale, in cui il corpo costituisce oggetto di una preoccupazione e di un’attenzione abnormi, e un microcosmo, quello familiare, quale contesto fassbinderianamente innaturale e disumano, costruito su abitudini e usi ridotti a insensibili automatismi.

Mes parents un jour d’été (1990) si concentra, invece, sulle dinamiche di una coppia di coniugi: la loro quotidianità è scandita da pacate consuetudini, attraversate da tensioni e inquietudini latenti (lui beve di nascosto, lei reprime un istinto omicida, giocando a scarabeo formano parole che alludono a una crisi), trovando infine l’unico momento di comunione al cimitero, di fronte a una tomba senza iscrizione che sottintende, forse, la morte recente di un figlio (in questo senso il titolo sarebbe ambivalente, essendo i protagonisti i genitori del regista).

Sono temi ripresi, nei toni più marcati del grottesco, dal primo corto in 35mm, Victor (1993), in cui il protagonista, soffocato dalla vita familiare condotta in una sontuosa magione, dopo aver rinunciato al suicidio e ucciso gli opprimenti genitori, profana lo scenario in cui ha condotto la sua vita borghese. Una volta esorcizzato il legame familiare, attraverso una sorta di macabra messa in scena simbolica, e ottenuto anche il battesimo sessuale, Victor recide il cordone ombelicale. Poi abbandona definitivamente quel luogo primario e si prepara ad affrontare la vita e il mondo esterno.

Nell’incontro tra Rose e Paul di Une rose entre nous (1994) va vista, invece, la prima decisiva collisione tra personaggi che determina sconvolgimenti di equilibri e conseguenti, intime scoperte. Rose convince Paul a prostituirsi, lui accetta, sopraffatto dall’attrazione per la ragazza, anche se pulsioni diverse fanno già capolino. La serata si chiude con i due a letto, ma per Paul l’amplesso è un’esperienza rivelatoria, un rito di passaggio al rapporto omosessuale: come in Victor, il corto mette in scena l’ultima fase di un processo di elaborazione che si conclude con una nuova nascita. Nella stessa ottica vanno considerati i folgoranti quattro minuti di Action Vérité (1994): un gruppo di adolescenti sta giocando a “Action, Vérité, Conséquence”, in cui ciascun partecipante deve scegliere tra il dire una verità o compiere un’azione richiesta. Tra rivelazioni e ammicchi sessuali, i ragazzini si provocano a vicenda, ma l’ultima azione, concludendosi con la scoperta del sangue mestruale, segna la fine del divertimento innocente e, metaforicamente, dell’età dei giochi.

La petite mort (1995) alza la posta: Paul è un giovane artista segnato dal racconto del ricordo della reazione paterna alla foto che lo ritraeva neonato (il genitore, lontano, lo aveva definito «brutto»), che lo ha portato, da adulto, a vivere con disagio le relazioni sociali, compresa quella con il suo amorevole compagno. Recatosi al capezzale del padre morente, con cui è in rotta da sempre, Paul non viene riconosciuto. Alle prese con un progetto che lo porta a immortalare uomini nel momento della «piccola morte» (l’orgasmo), Paul affronta quella gigantesca del padre, fotografandolo di nascosto sul letto d’ospedale. La famiglia, che nei corti precedenti determina un tacito dissidio in atto e un passaggio evolutivo, qui si presenta come esperienza rifiutata, ma di fatto mai superata, che torna, dunque, sotto forma di trauma da elaborare. La svolta significativa è data dall’azione della sorella del protagonista che, dopo il lutto, regala al fratello una foto che la ritrae con il padre e gli fa credere di esserne il soggetto. La donna sembra agire altruisticamente, concedendo a Paul, attraverso questo inganno, la possibilità di allontanare da sé l’ingombrante fantasma del rifiuto genitoriale, ma in realtà riconduce egoisticamente il fratello a sé, rendendolo di nuovo organico a quel nucleo familiare e borghese dal quale si era brutalmente distaccato. Opera di straordinaria densità tematica e di precisa, tagliente scrittura, il film rappresenta un netto scatto in avanti anche sul piano strettamente stilistico, colpendo per l’organica orchestrazione visiva.

La felicità del tocco è confermata dal capolavoro Une robe d’été (1996), corto che riassume con miracolosa levità e poesia i temi già esplorati nei precedenti lavori, offrendone un compendio decisivo: Luc, diciottenne, dopo un litigio con l’amico-amante con il quale è in vacanza si reca da solo al mare dove incontra una giovane spagnola con cui fa l’amore nel bosco. È la sua prima volta con una ragazza. Tornato in spiaggia, scopre che i suoi abiti sono stati rubati, quindi si reca a casa indossando l’abito della giovane. Dapprima imbarazzato, Luc, durante il percorso in bici, si sente sempre più a suo agio e, una volta a destinazione, ha un rapporto con l’amico. Il giorno dopo va a restituire l’abito: la ragazza glielo regala. Smascheramento dell’artificialità dei consolidati ruoli sessuali, delicato percorso di formazione identitaria, Une robe d’été propone, con disinvolta mistura di registri (il musical, la commedia, il coming of age movie), una soave ode all’età dell’innocenza (quella in cui la sessualità si esprime senza schemi, prima di essere inquinata dalle convenzioni), alla naturalezza del desiderio (il primo rapporto sessuale avviene tra le piante boschive, in una sorta di spazio mitico), all’ambivalenza dell’attrazione erotica. Tutti temi che trovano la loro sintesi visiva/visibile nell’abito-feticcio (oggetto simbolo per eccellenza del cinema ozoniano, qui, in una trafila significativa, prestato, indossato, strappato, ricucito, legato al collo, restituito, infine donato) che diviene emblema evidente, significativamente colorato, di gioiosa emancipazione e libertà.

Nel mediometraggio Regarde la mer (1997) la giovane inglese Sasha – che sta trascorrendo le vacanze sull’isola di Yeu in una villetta isolata, con la figlia neonata, attendendo il marito – autorizza Tatiana, turista da poco sbarcata sull’isola, a piantare la tenda nel suo giardino. Le donne instaurano un rapporto ambiguo, al punto che Tatiana finisce con l’uccidere Sasha e lasciare l’isola portando con sé la piccola. Considerato dal regista il suo primo film, Regarde la mer mette a confronto due mondi femminili – quello di una donna dalla vita apparentemente normale che nasconde profonde frustrazioni, e quello di una creatura sradicata il cui atteggiamento rimane insondabile – ed è il primo esempio di quella modalità intrusiva prediletta da Ozon, da Swimming Pool a Il rifugio, che decreta il contatto potenzialmente traumatico tra due persone in uno spazio concentrato,. Delle protagoniste, peraltro, non sappiamo nulla: come in un dramma pinteriano, esse non si autodefiniscono, ma si identificano esclusivamente attraverso azioni e dialoghi. Il regista stilizza ulteriormente la messa in scena tramite inquadrature fisse, intepretazioni prosciugate, rilevanza dell’aspetto cromatico (il vestito rosso di Sasha indossato da Tatiana nel finale ufficializza la raccapricciante sostituzione), affidando il senso di ambiguità e minaccia a pochi, penetranti dettagli (lo sguardo iniziale di Tatiana che fissa dall’alto madre e figlia, il contatto dei corpi, l’uso dei chiaroscuri, la disposizione dei piani). Chiamando in causa il contesto naturale come simbolica cornice di un confronto animalesco tra un rapace e la sua preda, è un lavoro che, con il senno di poi, rappresenta un passo decisivo verso la definizione di una dimensione autoriale sempre più riconoscibile e complessa.

Poco più di un divertissement è invece il successivo Scènes de lit (1998) che Ozon gira in due weekend, ironico excursus tra le tematiche predilette: sette microepisodi che vedono due protagonisti a letto, secondo combinazioni varie e in situazioni differenti. Si va dal soldato con la prostituta che, al buio e cantando La Marsigliese, pratica fellatio “particolari” (Le trou noir) al rapporto occasionale tra una donna e un uomo che rifugge l’igiene personale (Monsieur Propre); dal ragazzino che ha abbordato una cinquantenne (Madame) alla coppia che chiude il conto alla rovescia pre-coito al 69 (Tête bêche); dalla ragazza che confessa i suoi rovelli sentimentali a un’amica la quale alla fine, facendo la parte del soggetto spasimato, la bacerà (L’homme idéal, titolo ironico che contiene una poetica) alle esigenze inconciliabili della coppia di Love in the dark. Per chiudere con i due ragazzi (uno non ha mai avuto rapporti con un uomo, l’altro li ha avuti solo con una donna) che in Les puceaux, attraverso l’esperimento del sesso, svelano un’attrazione amorosa (il bacio finale apre un nuovo scenario). Gli sketch compongono un mosaico che ribadisce la visione di Ozon del rapporto amoroso e dell’intesa sessuale come frutto dell’incontro tra soggetti che sfuggono a categorizzazioni, azzerando barriere di genere, sociali, generazionali, culturali, per cui il letto si afferma come metaforico campo “neutro” nel quale il teorema viene dimostrato.

In X2000 (1998) il protagonista si sveglia in un appartamento dopo i festeggiamenti del capodanno 2000. Vaga nudo per la casa per perlustrare questo Eden devastato, pianeta che sembra a lui sconosciuto, seguito dalla sua Eva, donna matura con la quale ha dormito e che, nuda a sua volta, si immerge nella vasca per un bagno; intanto in soggiorno due gemelli, immobili nello stesso sacco a pelo, sembrano un serpente enigmatico, mentre dalla spazzatura una colonia di formiche sta per invadere la cucina. Lavoro volutamente ermetico che, narrando dell’alba del nuovo millennio, fonde, in un contrasto spiazzante, una narrazione realistica e minimale con suggestioni fantascientifiche.

Ozon torna inaspettatamente al mediometraggio nel 2006 con Un lever de rideau, da un testo di Henry de Montherlant (Un incompris). Il giovane Bruno attende in casa, in compagnia dell’amico Pierre, l’arrivo di Rosette: ha deciso che se anche stavolta la ragazza arriverà con tre quarti d’ora di ritardo metterà fine alla loro relazione. Eutanasia di un amore, sacrificato sull’altare della ragione, in cui i personaggi si muovono ognuno sulla base della propria esperienza e del proprio sentire: Bruno che vuole mettere fine a un legame che lo fa soffrire, Rosette che ascolta solo i suoi sentimenti, Pierre che vuole vedere felice l’amico. Colto gioco filosofico, in odor di Rohmer, che il forbito linguaggio e l’atemporalità della messinscena trasformano in asettica riflessione sulla rappresentazione (l’attesa di Rosette è quella dell’entrata in scena, l’addio è il testo da rappresentare, la discussione finale con Pierre rimanda al riscontro del pubblico e della critica). Il motivo è ribadito, per accumulo, dalla scelta del titolo: l’espressione lever de rideau – letteralmente “alzata di sipario”, ma anche “avanspettacolo” – allude a un lavoro breve che precede la rappresentazione canonica, così come questo mediometraggio potrebbe essere l’antipasto di un lungo.

 

 

[Vai all'indice]

Scarica il pdf

Ultime uscite

François Ozon

François Ozon

Inland n. 2/2016
Il secondo numero di INLAND è il primo volume dedicato in Italia a François Ozon. Regista tra i generi, firma sfuggente all’etichetta d’autore, nei suoi film Ozon fa riverberare echi [...]
Fiume Diciannove - Il Fuoco sacro della Città di Vita
1919-2019. Un secolo fa Gabriele d’Annunzio entrava in Fiume d’Italia, dando vita a quella che sarebbe stata una rivoluzione durata cinquecento giorni. Un’atmosfera febbricitante e festosa, ma anzitutto sacra, qui [...]
Aldo Lado

Aldo Lado

Inland n. 9/2019
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai [...]
Dylan Dog - Nostro orrore quotidiano
Detective dell’Occulto, Indagatore dell’Incubo, Esploratore di Pluriversi: come definire altrimenti Dylan Dog, dal 1986 residente al n. 7 della londinese Craven Road? Le sue avventure – che affrontano tutti gli [...]
Dino Buzzati - Nostro fantastico quotidiano
Vi sono autori, come disse una volta Conan Doyle, che «hanno varcato una porta magica». Tra questi spicca Dino Buzzati, che ha condotto il fantastico nel cuore pulsante della materia. [...]
William Lustig

William Lustig

Inland n. 13/2020
Gennaio 2015, riunone di redazione: si discute a proposito della nascita di INLAND. Quaderni di cinema. A chi dedicare i primi tre numeri? Idee tante, unanimità poca. Restano quattro progetti, [...]
Jorge Luis Borges - Il Bibliotecario di Babele
Jorge Luis Borges è un autore oceanico, un crocevia di esperienze, storie, civiltà e piani dell’essere, un caleido­scopio nel quale il passato si fa futuro e il futuro si rispecchia [...]
Antonio Bido

Antonio Bido

Inland n. 11/2019
Girata la boa del decimo numero, INLAND. Quaderni di cinema compie altri due significativi passi in avanti. Innanzitutto ottiene il passaporto. A rilasciarlo è stato il Paradies Film Festival di Jena [...]
Carlo & Enrico Vanzina

Carlo & Enrico Vanzina

Inland n. 7/2018
INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel [...]
Lav Diaz

Lav Diaz

Inland n. 3/2017
È da tempo che noi di INLAND pensiamo a una monografia dedicata a Lav Diaz. Doveva essere il numero #1, l’avevamo poi annunciato come #2, l’abbiamo rimandato in entrambe le [...]
Mike Flanagan

Mike Flanagan

Inland n. 16/2023
Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene [...]
Manetti Bros.

Manetti Bros.

Inland n. 14/2022
Febbraio 2020. Inland. Quaderni di cinema numero #13 va in stampa con una nuova veste. Brossura, dorso rigido, grammatura della copertina aumentata. Il numero è dedicato a William Lustig, alfiere [...]
Lune d'Acciaio - I miti della fantascienza
Considerata da un punto di vista non solo letterario, la fantascienza può assumere oggi la funzione un tempo ricoperta dai miti. I viaggi nello spazio profondo, le avventure in galassie [...]
Rob Zombie

Rob Zombie

Inland n. 1/2015
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e [...]
Pupi Avati

Pupi Avati

Inland n. 10/2019
Numero #10. Stiamo diventando grandi. Era da tempo che pensavamo a come festeggiare adeguatamente questa ricorrenza tonda, questo traguardo tagliato in un crescendo di sperimentazioni editoriali, collaborazioni, pubblicazioni sempre più [...]
Philip K. Dick - Lui è vivo, noi siamo morti
Celebrato in film, fumetti e serie tv, Philip K. Dick ha stregato gli ultimi decenni del XX secolo. Ma il suo immaginario era talmente prodigioso che, a furia di sondare [...]
Sergio Martino

Sergio Martino

Inland n. 5/2017
Giunto al quinto numero, INLAND. Quaderni di cinema affronta uno snodo cruciale, fatto di significative ed emblematiche svolte che segnano uno scarto, un’apertura rispetto alla precedente linea editoriale. Innanzitutto la scelta del [...]
Carlo Verdone

Carlo Verdone

Inland n. 12/2019
"Vi ho chiesto di mettere la mia moto Honda Nighthawk in copertina perché su quella moto c'è passato il cinema italiano. Su quella moto io sono andato e tornato da [...]
Rob Zombie Reloaded

Rob Zombie Reloaded

Inland n. 8/2019
Giunto all’ottavo fascicolo, INLAND. Quaderni di cinema riavvolge per un attimo la pellicola della sua breve ma significativa storia, tornando a percorrere i passi compiuti nel 2015 quando aveva aperto [...]
America! America? - Sguardi sull'Impero antimoderno
L’impero statunitense ha sempre generato nella cultura italiana reazioni contrastanti, che spaziano da un’esaltazione semi-isterica a una condanna a priori, altrettanto paranoica. Sembra sia pressoché impossibile, per chi si confronta [...]
Dario Argento

Dario Argento

Inland n. 15/2022
Tutto è nato da Occhiali neri (2022). Dalla sua visione, certo, ma anche dal dibattito che il film ha riaperto a proposito di Dario Argento e di tutto ciò che [...]
Walt Disney - Il mago di Hollywood
«Credo che dopo una tempesta venga l’arcobaleno: che la tempesta sia il prezzo dell’arcobaleno. La gente ha bisogno dell’arcobaleno e ne ho bisogno anch’io, e perciò glielo do». Solo un [...]
4-4-2 - Calciatori, tifosi, uomini
Nel calcio s’intrecciano oggi le linee di forza del nostro tempo; talvolta vi si palesano le sue fratture, i suoi non-detti. Ecco perché il quattordicesimo fascicolo di «Antarès» è dedicato [...]
Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn

Inland n. 4/2017
Perché Nicolas Winding Refn? La risposta è semplice: perché, piaccia o no, è un autore che, più di altri, oggi ha qualcosa da dire. Sebbene sempre più distante dalle logiche [...]
Michele Soavi

Michele Soavi

Inland n. 6/2018
Il nuovo corso di INLAND. Quaderni di cinema, inaugurato dal numero #5, dedicato a Sergio Martino, è contraddistinto da aperture al cinema italiano, al passato, a trattazioni che possano anche [...]

Ultimi post dal blog

Fabrizio Fogliato è un esperto di cinema e in particolare del cinema dei generi. Da anni pubblica regolarmente saggi e analisi che diventano punti di riferimento per il mondo del cinema. Lo scorso anno ha mandato in stampa un nuovo importante volume intitolato Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano. Lo abbiamo intervistato per farci spiegare di che cosa si tratta e in che modo ha analizzato il cinema criminale della Penisola. Partiamo dal titolo. Come mai ha scelto Con la rabbia agli occhi, che è anche il titolo di un film degli anni 70? Con la rabbia [...]
Benedetta Pallavidino ha raccontato un attore molto controverso nel suo Helmut Berger. Ritratto su pellicola, edito da Bietti Edizioni nella collana Fotogrammi. L’abbiamo intervistata. L’attore classe 1944 è scomparso il maggio scorso ed è stato interprete di tanti capolavori tra cui diversi film di Luchino Visconti con cui ebbe anche una relazione. Ecco le sue parole sull’artista: Come nasce la tua voglia di andare a raccontare un personaggio controverso come Helmut Berger? Nasce dal fatto che l’ho sempre trovato un attore molto sottovalutato, ricordato solo per essere stato il divo e il compagno di Visconti. È sicuramente vero che diretto da [...]