Il dito… quel dito!

Charles Bukowski & Massimiliano Gobbo
Charles Bukowski – Tutti dicevano che era un bastardo n. 11/2016
Il dito… quel dito!

«Allora, lo scrivi o no, questo cazzo di racconto?»

«Non lo so.»

«Non lo sai? Ma dico, ti sei bevuto il cervello? Quando ci ricapita un’occasione come questa?»

Ben aveva questa cazzo di voce che dava ai nervi anche se non li avevi. E quando parlava al telefono (come allora), era anche peggio. Una cazzo di voce che ti mandava fuori di testa.

«Cristo! Chinaschi, si può sapere che ti succede? Sembri ancora più stronzo del solito» mi strillò dritto in un orecchio, e io a momenti ci restavo sordo. «Non ti sarai rimesso a bere come una vecchia spugna, vero?»

Dio, se aveva ragione! Era più di un’ora che me ne stavo a letto a bermi tutto quel vino della malora. A me il vino non piaceva per niente, ma poi Sarah, mia moglie, mi aveva obbligato a lasciar perdere gin e vodka – quelli sì che mi piacevano – e allora avanti con il vino. Detto tra noi, quello che comprava Sarah era di qualità scadente. Ma, quando devi bere, va bene pure quello.

«Sono sobrio, o quasi» e buttai giù un sorso, che mi gorgogliò stranamente per la gola.

«Sì, come no» fece una pausa. Faceva sempre così quando ti voleva fregare. «Ma, almeno, ce l’hai un’idea?»

«No, non ce l’ho questa cazzo d’idea! E allora?»

«Allora cosa?» si stava incazzando di brutto. A me piace un casino far incazzare la gente. Li trovo buffi quelli che s’incazzano al telefono. Voglio dire, possono strillare come matti, bestemmiare o mandarti al diavolo. E poi? Si fottano, loro e le loro inutili telefonate di merda.

«Ma dico, ti sei dimenticato che sono il tuo agente?» sbuffò. E io già m’immaginavo, come l’avessi avuto davanti, il suo faccione rosso e grasso come un vecchio culo inflaccidito. «Che figura ci faccio con Rodriguez? Quello vuole che gli scrivi un racconto, lo vuole e basta.»

«Che cerca da me quel finocchio?»

«Come sarebbe a dire? Lui è un editore e tu sei uno scrittore, mi sembra.» Altra pausa. «Almeno un tempo lo eri, uno scrittore.»

E bravo il vecchio Ben, lui sì che sapeva prendere le persone per il verso giusto. Ma non si sbagliava per niente. Un tempo ero uno forte, uno di quelli che scrivono cose che la gente non dimentica. Adesso, però, dopo una petroliera di superalcolici, nessuno si ricorda più di me, figuriamoci di quel che avevo scritto.

«Te l’ha chiesto lui? Voglio dire, personalmente?»

«Certo che me l’ha chiesto lui: l’altra sera, al Continental. Te lo ricordi il Continental, vero?»

Il Continental… Certo che me lo ricordavo, quel covo di puttane e ruffiani. Posti come quello vanno alla grande dalle parti di Sunset Boulevard, ci vanno le star, certe volte. Io ci andavo sempre, mi sedevo a un tavolo e mi guardavo intorno per vedere se c’era qualche star. E se poi non c’era, chi se ne fregava? Non ordinavo niente da mangiare, solo da bere. Bevevo tutto il tempo in quel posto. Poi, quando ero sbronzo fino alle orecchie, montavo qualche casino. Cristo, quante ne ho combinate al Continental!

«Allora, senti com’è andata: lui, Rodriguez, era un po’ alticcio e stava con una bionda che non ti dico, dieci a uno che non era la moglie. Mi si avvicina e comincia a chiedermi di te. Cavolo, s’è letto tutti i tuoi libri!»

«Davvero? Non lo sapevo.»

«Nemmeno io. Insomma, attacca a farmi domande su quello che stai scrivendo e roba del genere.»

«E tu che gli hai detto?»

«Che stavi lavorando a un nuovo romanzo; sì, insomma, le solite cose che si dicono in questi casi. E sai che mi dice?»

«Che ti dice?»

«Vuole che scrivi un racconto per lui. Ma ti rendi conto? Rodriguez è un vero pezzo da novanta, e se ti chiede un racconto vuol dire che te lo pubblica.»

«Te lo pubblica su una delle sue riviste del cazzo!» Buttai giù un altro bicchiere.

«Sì, ma quelle riviste del cazzo, come le chiami tu, si dà il caso che paghino bene, e noi abbiamo bisogno di soldi, ricordi?»

Sempre uguale il vecchio Ben: se si trattava di lavorare parlava al singolare, quando si passava all’incasso usava il plurale… Figlio di puttana!

«Se poi il racconto gli piace davvero… Sai come vanno queste cose.»

«Dimmelo tu, come vanno?»

«Cristo, Chinaschi, non fare lo stupido! Quello ti chiede un romanzo, cos’altro vuoi?»

Mi rigirai nel mio lettone ad acqua, che oscillò come una barca alla deriva. Le mutande mi tiravano il cavallo, le odio quando fanno così. Mi guardai distrattamente i piedi. Avevo un solo calzino che spuntava dalle lenzuola. Poggiai un gomito sul cuscino e mi sollevai un poco. Avevo una gran sete e il vino era finito. Queste cazzo di bottiglie durano niente, non fai in tempo ad aprirle e sono già vuote. Io dico che lo fanno apposta quelli che le producono, vogliono far uscire di testa la gente.

«Io non scrivo niente per quel finocchio di messicano!»

«Guarda che Rodriguez non è omosessuale» precisò Ben. Cazzo, quanto gli piaceva precisare a quello.

«Ho detto che è finocchio, non omosessuale. E, poi, tu che ne sai? Ci vai a letto assieme o cosa?»

«Cristo, Chinaschi, falla finita! Sei al verde e non puoi permetterti di fare il prezioso.»

Era la sacrosanta verità, non avevo un soldo, e, anche se mia moglie lavorava in quella specie di giornale di moda, ero troppo orgoglioso per chiederle altri soldi.

«Allora, glielo scrivi o no questo cazzo di racconto?» mi domandò Ben, sapendo che non avevo altra scelta che accettare.

«Fissa un incontro.»

«Già fatto.»

Carogna! Aveva previsto tutto. L’avrei licenziato, ma dopo avrei dovuto pagargli gli arretrati. Che mondo di merda! Non puoi fare nemmeno lo stronzo, se non hai i soldi.

«È per sabato sera» mi fece, tutto soddisfatto. «E sai dove?»

«Lasciami indovinare… al Continental?»

 

Cosa cazzo ci facevo lì per terra non sapevo proprio spiegarmelo. Mi ricordo solo che ero sceso dal letto e barcollavo come un fottuto marinaio sul ponte d’una fottuta barca nel corso d’una fottuta burrasca o qualcosa del genere. Quando si trattava di sbronzare qualcuno, quello schifo di rosso sapeva il fatto suo, non c’è che dire. Lentamente la nebbia si dissolse, come quando alle dieci del mattino se ne va per la sua strada e lascia la città sgombra, così all’improvviso, come era arrivata. Io la odio quella cazzo di nebbia che se ne va senza nemmeno avvisare.

Alla fine, mi ricordai. Dopo la telefonata ero uscito dalla camera da letto (sempre in mutande) e mi ero diretto in cucina, per prendere un’altra bottiglia di rosso. Il pavimento liscio – cazzo, lo ammazzerei chi s’è inventato il marmo in cucina – e la sbronza che avevo in groppa avevano fatto il resto.

«Come ti senti? Oddio, come sei conciato!» piagnucolò Sarah, guardandomi preoccupata.

Me ne stavo lì per terra, a fissare il soffitto con quello strano lampadario indiano – che cazzo ci faceva nella mia cucina non l’avevo mai capito.

Sopra di me c’erano la faccia deliziosamente angosciata di Sarah e quella dell’inquilino del piano di sotto, il dottor Fieldman, che mi fissava dietro i suoi occhialetti rotondi.

Mi trascinarono di nuovo sul mio letto ad acqua, che a quel punto mi fece venire il mal di mare. Ricordo che vomitai tre volte. La prima sul cuscino di Sarah, la seconda sul mio scendiletto di vacchetta e l’ultima (un po’ lo feci apposta) sulle scarpe di quel coglione di Fieldman. Così la prossima volta si fa i cazzi suoi, pensai.

Insomma, questo Fieldman, che, come ho detto, abita al piano di sotto, fa il medico, lo psicoanalista, mi sembra. Quando mi aveva trovato disteso sul quel pavimento del cavolo, Sarah si era precipitata a chiamarlo.

Quel che odio dei medici è che non si lasciano mai sfuggire l’occasione di farti la predica. E Fieldman quella mattina, spronato da Sarah, me ne fece una con i fiocchi. Per farla breve, avrei dovuto smettere di bere o avrei potuto restarci secco. Col cazzo!

Questo dottore non era però un cazzone, come credevo. Ero ancora sopra il letto, quando lui spedì mia moglie in farmacia a prendermi delle pillole o cose del genere.

Rimaniamo soli, io e Fieldman. E lui che fa? Si scusa per tutto. Mi dice che è suo dovere fare prediche e via dicendo, che mia moglie lo aveva pregato di farmene una, e lui per centosettanta dollari – tanto mi costava l’urgenza – l’aveva accontentata.

Figlio di puttana! Fu forse per vendicarmi dei centosettanta verdoni, o perché Fieldman e il suo culo secco (secco come quello d’un fachiro) m’ispiravano una certa fiducia, che decisi di raccontargli la mia visione.

«Quale visione?» mi domandò con la sua vocetta da finocchio; però lui finocchio non lo era, quelli li riconosco subito, solo la vocetta era da finocchio.

«Mentre ero svenuto, ho visto quella dannata bottiglia di vino che stavo per afferrare dal ripiano in cucina.»

«E allora?» mi fece, guardandomi incuriosito.

«Ci ho visto dentro il Nazareno.»

«Chi?»

«Sì, insomma, Gesù Cristo.»

«Ha visto Gesù nella bottiglia?»

«Certamente» gli risposi, seccato. Non mi piaceva la sua espressione scettica, e neanche il suo culo secco da scettico. «Che c’è ora, è vietato vedere Gesù Cristo nelle bottiglie di vino?»

«No. Ma nel suo caso si è trattato solo della conseguenza d’una lieve commozione cerebrale» mi spiegò, grattandosi uno dei suoi orecchi enormi. Fieldman aveva delle orecchie da primato. Due padelle.

«Sì, ma lei è uno strizzacervelli, e magari me lo sa dire che significa la mia visione.»

Per centosettanta dollari poteva pure farlo uno sforzo, lo stronzo.

«Non sono uno psicanalista, ma uno psichiatra, e poi non mi ritengo competente nel caso d’una visione come la sua.»

Lo fissai, interdetto.

«Sono ebreo. Io e Gesù Cristo non andiamo molto d’accordo.»

Eccomi qua, sbronzo da buttare via, con un gran bernoccolo in testa e uno psichiatra ebreo che non crede alle mie visioni cristologiche. E che cazzo!

«Comunque» riprese, con un mezzo sorriso da ebreo scettico che non crede ai cristi in bottiglia. «Cos’è che ha visto esattamente?»

«Ho visto Gesù. Gliel’ho detto.»

«D’accordo, ma che faceva? Voglio dire, sorrideva, pregava o cosa?»

Feci uno sforzo di memoria non da poco, per uno completamente sbronzo. «Non sorrideva, era impassibile. Mi guardava dritto negli occhi e indicava il cielo con l’indice della mano destra.»

«Un sogno da cristiano, insomma» concluse Fieldman, dondolando la testa.

«Ma io non vado mai a messa. Non sono credente» obiettai, cercando invano di mettermi a sedere, ma ricaddi subito indietro.

«Questo lo dice lei» proseguì Fieldman. «Lei è un ateo cosciente, ma anche un credente inconscio.»

«Non è vero!» protestai, «io non credo in niente.»

«Lo racconti a Freud» mi fece lui, sogghignando. «Poi, se proprio non si fida, provi a chiederlo direttamente al suo Gesù. C’è gente che ci parla, sa?»

 

«Ottimo lavoro, Chinaschi, sono davvero colpito!» disse Rodriguez, mostrando i suoi dentoni gialli da mangiatortillas. Ce ne stavamo tutti e tre, io, Ben e lui, ad un tavolo al Continental. Intorno a noi, immerso in una cortina fumogena che sapeva d’avana, c’era il più vasto campionario di dissolutezza di tutta la costa orientale: puttane, finocchi e alcolizzati, nelle più svariate combinazioni.

«È un capolavoro, questo racconto, un vero capolavoro!» continuò Rodriguez, buttando giù l’ennesimo drink. «Chinaschi, te l’hanno mai detto che sei un cazzo di genio?»

Un genio, figuriamoci! Che idiota questo Rodriguez. Gli bastavano un paio di drink e diventavo un genio.

«Che le avevo detto?» intervenne Ben, con un sorriso da ruffiano stampato sul suo muso di culo. «È in piena forma, il nostro Chinaschi.»

«Dico sul serio» riprese Rodriguez, accendendosi uno di quei puzzolentissimi sigari messicani. Cazzo, dovrebbero metterli fuori legge! «Un’idea geniale, quella di questo scrittore alcolizzato alle prese con la sceneggiatura. E poi c’è la storia dell’incidente in salotto.»

«In cucina» lo corressi, un po’ seccato.

«Be’, sì… in cucina, certo. Senza parlare dello strizzacervelli ebreo. Fenomenale! E il Cristo in bottiglia? Mi fa morire!»

Ben, da buon ruffiano, gli riempì di nuovo il bicchiere. «Sicuro, il nostro Chinaschi è sempre il migliore» disse tutto soddisfatto, come se avesse appena infilato le mani tra le tette di Peggy Lipton.

«Già» fece Rodriguez, sbuffandomi in faccia una folata del suo merdoso sigaro. «Vorrei solo sapere che ci fa Gesù con quel suo dito alzato. Indica il cielo, ammonisce o cosa? Significa forse che la via della redenzione passa per la rinuncia alla bottiglia?»

Me lo disse fissandomi con quei suoi occhietti da finocchio messicano. A quel punto, morivo dalla voglia di fare come il Cristo della visione: avrei voluto alzare pure io il mio dito, ma non l’indice. Certo.

Ma Rodriguez era un finocchio insistente. Mi fece un cenno spazientito, agitando il cazzo di sigaro: «Allora, che vuol dire quel dito alzato?».

Fu allora che mi scoppiò quella cosa nel cervello, fu come un lampo accecante, una specie d’illuminazione, credo. D’improvviso, per la prima volta, tutto mi apparve maledettamente chiaro.

«Davvero vuole saperlo?» gli domandai.

«Certo.»

«STAPPALA!»

 

(Titolo originale: The finger, 1974,

traduzione di Max Gobbo)

[Vai all'indice]

Scarica il pdf

Ultime uscite

François Ozon

François Ozon

Inland n. 2/2016
Il secondo numero di INLAND è il primo volume dedicato in Italia a François Ozon. Regista tra i generi, firma sfuggente all’etichetta d’autore, nei suoi film Ozon fa riverberare echi [...]
Fiume Diciannove - Il Fuoco sacro della Città di Vita
1919-2019. Un secolo fa Gabriele d’Annunzio entrava in Fiume d’Italia, dando vita a quella che sarebbe stata una rivoluzione durata cinquecento giorni. Un’atmosfera febbricitante e festosa, ma anzitutto sacra, qui [...]
Aldo Lado

Aldo Lado

Inland n. 9/2019
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai [...]
Dylan Dog - Nostro orrore quotidiano
Detective dell’Occulto, Indagatore dell’Incubo, Esploratore di Pluriversi: come definire altrimenti Dylan Dog, dal 1986 residente al n. 7 della londinese Craven Road? Le sue avventure – che affrontano tutti gli [...]
Dino Buzzati - Nostro fantastico quotidiano
Vi sono autori, come disse una volta Conan Doyle, che «hanno varcato una porta magica». Tra questi spicca Dino Buzzati, che ha condotto il fantastico nel cuore pulsante della materia. [...]
William Lustig

William Lustig

Inland n. 13/2020
Gennaio 2015, riunone di redazione: si discute a proposito della nascita di INLAND. Quaderni di cinema. A chi dedicare i primi tre numeri? Idee tante, unanimità poca. Restano quattro progetti, [...]
Jorge Luis Borges - Il Bibliotecario di Babele
Jorge Luis Borges è un autore oceanico, un crocevia di esperienze, storie, civiltà e piani dell’essere, un caleido­scopio nel quale il passato si fa futuro e il futuro si rispecchia [...]
Antonio Bido

Antonio Bido

Inland n. 11/2019
Girata la boa del decimo numero, INLAND. Quaderni di cinema compie altri due significativi passi in avanti. Innanzitutto ottiene il passaporto. A rilasciarlo è stato il Paradies Film Festival di Jena [...]
Carlo & Enrico Vanzina

Carlo & Enrico Vanzina

Inland n. 7/2018
INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel [...]
Lav Diaz

Lav Diaz

Inland n. 3/2017
È da tempo che noi di INLAND pensiamo a una monografia dedicata a Lav Diaz. Doveva essere il numero #1, l’avevamo poi annunciato come #2, l’abbiamo rimandato in entrambe le [...]
Mike Flanagan

Mike Flanagan

Inland n. 16/2023
Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene [...]
Manetti Bros.

Manetti Bros.

Inland n. 14/2022
Febbraio 2020. Inland. Quaderni di cinema numero #13 va in stampa con una nuova veste. Brossura, dorso rigido, grammatura della copertina aumentata. Il numero è dedicato a William Lustig, alfiere [...]
Lune d'Acciaio - I miti della fantascienza
Considerata da un punto di vista non solo letterario, la fantascienza può assumere oggi la funzione un tempo ricoperta dai miti. I viaggi nello spazio profondo, le avventure in galassie [...]
Rob Zombie

Rob Zombie

Inland n. 1/2015
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e [...]
Pupi Avati

Pupi Avati

Inland n. 10/2019
Numero #10. Stiamo diventando grandi. Era da tempo che pensavamo a come festeggiare adeguatamente questa ricorrenza tonda, questo traguardo tagliato in un crescendo di sperimentazioni editoriali, collaborazioni, pubblicazioni sempre più [...]
Philip K. Dick - Lui è vivo, noi siamo morti
Celebrato in film, fumetti e serie tv, Philip K. Dick ha stregato gli ultimi decenni del XX secolo. Ma il suo immaginario era talmente prodigioso che, a furia di sondare [...]
Sergio Martino

Sergio Martino

Inland n. 5/2017
Giunto al quinto numero, INLAND. Quaderni di cinema affronta uno snodo cruciale, fatto di significative ed emblematiche svolte che segnano uno scarto, un’apertura rispetto alla precedente linea editoriale. Innanzitutto la scelta del [...]
Carlo Verdone

Carlo Verdone

Inland n. 12/2019
"Vi ho chiesto di mettere la mia moto Honda Nighthawk in copertina perché su quella moto c'è passato il cinema italiano. Su quella moto io sono andato e tornato da [...]
Rob Zombie Reloaded

Rob Zombie Reloaded

Inland n. 8/2019
Giunto all’ottavo fascicolo, INLAND. Quaderni di cinema riavvolge per un attimo la pellicola della sua breve ma significativa storia, tornando a percorrere i passi compiuti nel 2015 quando aveva aperto [...]
America! America? - Sguardi sull'Impero antimoderno
L’impero statunitense ha sempre generato nella cultura italiana reazioni contrastanti, che spaziano da un’esaltazione semi-isterica a una condanna a priori, altrettanto paranoica. Sembra sia pressoché impossibile, per chi si confronta [...]
Dario Argento

Dario Argento

Inland n. 15/2022
Tutto è nato da Occhiali neri (2022). Dalla sua visione, certo, ma anche dal dibattito che il film ha riaperto a proposito di Dario Argento e di tutto ciò che [...]
Walt Disney - Il mago di Hollywood
«Credo che dopo una tempesta venga l’arcobaleno: che la tempesta sia il prezzo dell’arcobaleno. La gente ha bisogno dell’arcobaleno e ne ho bisogno anch’io, e perciò glielo do». Solo un [...]
4-4-2 - Calciatori, tifosi, uomini
Nel calcio s’intrecciano oggi le linee di forza del nostro tempo; talvolta vi si palesano le sue fratture, i suoi non-detti. Ecco perché il quattordicesimo fascicolo di «Antarès» è dedicato [...]
Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn

Inland n. 4/2017
Perché Nicolas Winding Refn? La risposta è semplice: perché, piaccia o no, è un autore che, più di altri, oggi ha qualcosa da dire. Sebbene sempre più distante dalle logiche [...]
Michele Soavi

Michele Soavi

Inland n. 6/2018
Il nuovo corso di INLAND. Quaderni di cinema, inaugurato dal numero #5, dedicato a Sergio Martino, è contraddistinto da aperture al cinema italiano, al passato, a trattazioni che possano anche [...]

Ultimi post dal blog

Fabrizio Fogliato è un esperto di cinema e in particolare del cinema dei generi. Da anni pubblica regolarmente saggi e analisi che diventano punti di riferimento per il mondo del cinema. Lo scorso anno ha mandato in stampa un nuovo importante volume intitolato Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano. Lo abbiamo intervistato per farci spiegare di che cosa si tratta e in che modo ha analizzato il cinema criminale della Penisola. Partiamo dal titolo. Come mai ha scelto Con la rabbia agli occhi, che è anche il titolo di un film degli anni 70? Con la rabbia [...]
Benedetta Pallavidino ha raccontato un attore molto controverso nel suo Helmut Berger. Ritratto su pellicola, edito da Bietti Edizioni nella collana Fotogrammi. L’abbiamo intervistata. L’attore classe 1944 è scomparso il maggio scorso ed è stato interprete di tanti capolavori tra cui diversi film di Luchino Visconti con cui ebbe anche una relazione. Ecco le sue parole sull’artista: Come nasce la tua voglia di andare a raccontare un personaggio controverso come Helmut Berger? Nasce dal fatto che l’ho sempre trovato un attore molto sottovalutato, ricordato solo per essere stato il divo e il compagno di Visconti. È sicuramente vero che diretto da [...]