"Un sacco bello". Il bullo, l’hippy, il mammone

Matteo Berardini
Carlo Verdone n. 12/2019

Roma, ferragosto, esterno giorno. Due amici discutono in strada di un viaggio a Cracovia, alle loro spalle gli inconfondibili scaloni cilindrici delle case popolari di Via Giovanni Conti. Poco dopo i due passano per Via Luigi Petroselli, angolo Vico Jugario, da dove si intravedono il Teatro Marcello e il Foro Boario; all’incrocio ci sono tre hippie fuori tempo massimo che cercano fondi per la loro comune. Intanto, sulla salita di Via Garibaldi verso il Gianicolo, un ragazzo ingenuo incontra un’intraprendente turista spagnola.
Tufello, Lungotevere, Trastevere: in pochi minuti Carlo Verdone attraversa Roma e le sue strade, presenta la città e i personaggi che la abitano. Inizia Un sacco bello (1980), che sotto il magistero umano e produttivo di Sergio Leone permette al comico romano di portare su grande schermo la sua capacità mimetica e gestuale. Per farlo intreccia il racconto di tre caratteri tipicamente locali, nati dall’osservazione quotidiana di un reale che viene poi esaltato, trasfigurato, fatto cinema.
Cinque settimane di riprese, 560 milioni di budget e 2 miliardi e mezzo di incassi. Per il 1980, anno di uscita del film, sono numeri straordinari. Il cinema italiano arriva all’inizio del decennio spossato dalla lunga crisi degli anni Settanta. Nell’arco di una decade, dal 1975 al 1985, gli spettatori caleranno da 513 a 123 milioni, un crollo della domanda che però è solo un aspetto congiunturale di una più generale e irreversibile trasformazione sociologica e culturale, uno stravolgimento che investe pubblico, esercenti e produzione, legato alle nuove dinamiche del consumo, alla contrazione artistica delle ultime generazioni, alla liberalizzazione e diffusione nazionale della neo-televisione privata. Il quadro è complesso e non riassumibile in questa sede, ma per comprendere l’importanza del successo di Un sacco bello bisogna tenere presente lo stato precario del sistema audiovisivo del tempo, che proprio nel fenomeno dei “nuovi comici” – di cui Verdone è di diritto capofila – troverà un’insperata e salvifica boccata d’ossigeno. Saranno loro, autori-attori che devono l’esistenza e la piena legittimazione professionale al successo ottenuto con sketch e programmi televisivi, a impossessarsi del box-office di inizio decennio e contendersi l’ultimo pubblico di massa rimasto nelle sale del cinema italiano. Sono il gruppo dei Nuti, Troisi, Benigni, molti dei quali arrivano su grande schermo firmando non solo la regia, ma anche il soggetto e la sceneggiatura dei loro esordi. Al centro della scena, maschere e scenette riconoscibili e già collaudate in tv, con le quali rinverdire i moduli di una commedia cinematografica che rischiava di farsi acqua stagnante.
Nonostante l’immane successo di pubblico gli esiti sono diversi e discontinui. Il rischio di questi film è di limitare lo sguardo sull’attore comico protagonista della scena, travasando attorno a lui un’estetica tv che non crei alcun dialogo con le potenzialità visive e narrative del cinema. Questo rischio Un sacco bello lo evita accuratamente, svelando nel giovane comico romano un regista capace e consapevole, attento al valore visivo e all’identità della sua messa in scena. Basti pensare alla fenomenale introduzione del bullo, costruita su un brano per armonica e batteria che Ennio Morricone ha scritto basandosi su un pezzo simile dei Cream: è un incipit che da subito mostra un regista capace di usare macchina da presa e montaggio per valorizzare la narrazione e i caratteri psicologici dei suoi personaggi.
In innumerevoli occasioni Verdone ha ammesso il suo debito, umano e professionale, con le figure che gli hanno permesso di arrivare al cinema: Rossellini, che lo spinge a frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia dopo aver visto i suoi tre cortometraggi; Enzo Trapani e Bruno Voglino, che lo scoprono con Tali e quali al teatro off Alberichino e lo chiamano al programma Non stop sulla Rai, dove Verdone mette a fuoco i suoi personaggi e diventa maschera comica a livello nazionale; Sergio Leone, che lo vede in tv e ne comprende il potenziale artistico; Piero De Bernardi e Leo Benvenuti, esperti sceneggiatori che Leone affianca a Verdone nella stesura del suo esordio e da cui il comico imparerà moltissimo (non a caso in Borotalco [1982], il primo film in cui abbandona la struttura a episodi per raffinare la sua maschera di intimismo, spessore e ironia, il regista impersona un protagonista chiamato Sergio Benvenuti, crasi dei due maestri).
Tutto questo si raccoglie nelle storie di Un sacco bello, che intreccia le vicende di uno smargiasso di periferia, un hippie scappato di casa e un timido trasteverino mammone, ai quali Verdone, inarrestabile e vulcanico, aggiunge altre maschere di contorno. Ne emerge una galleria di personaggi familiari e vicini, basati sull’osservazione e sul mimetismo tanto del gesto reale quanto della percezione sociale della categoria; è così che, attraverso uno studio attento della lingua, dei toni, dei movimenti, Verdone riesce a costruire un umorismo che scarta la raffica di battute sagaci per basarsi, piuttosto, sull’esasperazione di atteggiamenti sociologicamente riconoscibili. Quella applicata è una lente d’ingrandimento che ha ben poco di surreale e molto di quotidiano, e che il regista ha l’intelligenza di usare anche su alcuni personaggi di contorno, fondamentali e definiti con altrettanta cura (si pensi al padre dell’hippie e all’amico del bullo, un grande Renato Scarpa).
A riguardo sintetizza bene Brunetta: «Verdone è in grado di fissare, con estrema precisione e notevole coinvolgimento affettivo, i nuovi riti e miti, le dissociazioni dell’io e il difficile cammino di scoperta di se stessi da parte delle nuove generazioni dei giovani romani nati nei paraggi del miracolo economico»1.
Un sacco bello è racconto corale i cui frammenti dialogano tra loro e creano un ritratto dolente e malinconico, un orizzonte di solitudine e inadeguatezza al cui centro Verdone pone la crisi della mascolinità: Enzo, Leo e Ruggero riflettono a modo loro la perdita di punti di riferimento di una generazione maschile che fatica a trovare una sua identità dentro una società in forte trasformazione. Lo scarto rispetto al passato è evidente e spietato. Ce lo mostra, per esempio, la distanza che separa il meschino gradasso di Gassman in Il sorpasso (1962) da Enzo, cui sono rimaste soltanto la fragilità, l’insicurezza e l’alienazione contemporanea.
Sotto le risate e il senso di riconoscimento, Un sacco bello si rivela un film ricco di debolezze, piccole nevrosi e illusioni spezzate, l’umorismo pirandelliano nato con una vecchia signora imbellettata che ritorna nell’agenda semideserta di un bulletto, talmente abituato al vuoto da accettare l’esplosione dell’ennesima bomba stragista con la semplice chiusura di una finestra.

Note

1 Brunetta Gian Piero, Storia del cinema italiano. Vol. 4, Editori Riuniti, Roma 1993 (seconda edizione), p. 460.

 

 

CAST & CREDITS

Regia: Carlo Verdone; soggetto: Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Carlo Verdone; sceneggiatura: Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Carlo Verdone; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia: Carlo Simi; costumi: Carlo Simi; montaggio: Eugenio Alabiso; musiche: Ennio Morricone; interpreti: Carlo Verdone (Enzo, Ruggero Brega, Leo Nuvolone, don Alfio, Anselmo, il professore), Veronica Miriel (Marisol), Mario Brega (Mario Brega), Renato Scarpa (Sergio), Fausto Di Bella (Antioco); produzione: Romano Cardarelli e Sergio Leone (non accreditato) per Medusa Distribuzione; origine: Italia, 1980; durata: 97’; home video: dvd Medusa, Blu-ray inedito; colonna sonora: Cinevox.

[Vai all'indice]

Scarica il pdf

Ultime uscite

François Ozon

François Ozon

Inland n. 2/2016
Il secondo numero di INLAND è il primo volume dedicato in Italia a François Ozon. Regista tra i generi, firma sfuggente all’etichetta d’autore, nei suoi film Ozon fa riverberare echi [...]
Fiume Diciannove - Il Fuoco sacro della Città di Vita
1919-2019. Un secolo fa Gabriele d’Annunzio entrava in Fiume d’Italia, dando vita a quella che sarebbe stata una rivoluzione durata cinquecento giorni. Un’atmosfera febbricitante e festosa, ma anzitutto sacra, qui [...]
Aldo Lado

Aldo Lado

Inland n. 9/2019
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai [...]
Dylan Dog - Nostro orrore quotidiano
Detective dell’Occulto, Indagatore dell’Incubo, Esploratore di Pluriversi: come definire altrimenti Dylan Dog, dal 1986 residente al n. 7 della londinese Craven Road? Le sue avventure – che affrontano tutti gli [...]
Dino Buzzati - Nostro fantastico quotidiano
Vi sono autori, come disse una volta Conan Doyle, che «hanno varcato una porta magica». Tra questi spicca Dino Buzzati, che ha condotto il fantastico nel cuore pulsante della materia. [...]
William Lustig

William Lustig

Inland n. 13/2020
Gennaio 2015, riunone di redazione: si discute a proposito della nascita di INLAND. Quaderni di cinema. A chi dedicare i primi tre numeri? Idee tante, unanimità poca. Restano quattro progetti, [...]
Jorge Luis Borges - Il Bibliotecario di Babele
Jorge Luis Borges è un autore oceanico, un crocevia di esperienze, storie, civiltà e piani dell’essere, un caleido­scopio nel quale il passato si fa futuro e il futuro si rispecchia [...]
Rote Armee Fraktion

Rote Armee Fraktion

Inland n. 18/2024
GRATUITO PER I NOSTRI LETTORI UN ESTRATTO DELLA COPIA DIGITALE DI QUESTO NUOVO INLAND E ALCUNI TESTI DA LEGGERE ONLINE Due anni fa, nel concepire il nuovo corso di INLAND, con [...]
Antonio Bido

Antonio Bido

Inland n. 11/2019
Girata la boa del decimo numero, INLAND. Quaderni di cinema compie altri due significativi passi in avanti. Innanzitutto ottiene il passaporto. A rilasciarlo è stato il Paradies Film Festival di Jena [...]
Carlo & Enrico Vanzina

Carlo & Enrico Vanzina

Inland n. 7/2018
INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel [...]
Lav Diaz

Lav Diaz

Inland n. 3/2017
È da tempo che noi di INLAND pensiamo a una monografia dedicata a Lav Diaz. Doveva essere il numero #1, l’avevamo poi annunciato come #2, l’abbiamo rimandato in entrambe le [...]
Mike Flanagan

Mike Flanagan

Inland n. 16/2023
Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene [...]
Manetti Bros.

Manetti Bros.

Inland n. 14/2022
Febbraio 2020. Inland. Quaderni di cinema numero #13 va in stampa con una nuova veste. Brossura, dorso rigido, grammatura della copertina aumentata. Il numero è dedicato a William Lustig, alfiere [...]
Lune d'Acciaio - I miti della fantascienza
Considerata da un punto di vista non solo letterario, la fantascienza può assumere oggi la funzione un tempo ricoperta dai miti. I viaggi nello spazio profondo, le avventure in galassie [...]
Rob Zombie

Rob Zombie

Inland n. 1/2015
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e [...]
Pupi Avati

Pupi Avati

Inland n. 10/2019
Numero #10. Stiamo diventando grandi. Era da tempo che pensavamo a come festeggiare adeguatamente questa ricorrenza tonda, questo traguardo tagliato in un crescendo di sperimentazioni editoriali, collaborazioni, pubblicazioni sempre più [...]
Philip K. Dick - Lui è vivo, noi siamo morti
Celebrato in film, fumetti e serie tv, Philip K. Dick ha stregato gli ultimi decenni del XX secolo. Ma il suo immaginario era talmente prodigioso che, a furia di sondare [...]
Sergio Martino

Sergio Martino

Inland n. 5/2017
Giunto al quinto numero, INLAND. Quaderni di cinema affronta uno snodo cruciale, fatto di significative ed emblematiche svolte che segnano uno scarto, un’apertura rispetto alla precedente linea editoriale. Innanzitutto la scelta del [...]
Carlo Verdone

Carlo Verdone

Inland n. 12/2019
"Vi ho chiesto di mettere la mia moto Honda Nighthawk in copertina perché su quella moto c'è passato il cinema italiano. Su quella moto io sono andato e tornato da [...]
Rob Zombie Reloaded

Rob Zombie Reloaded

Inland n. 8/2019
Giunto all’ottavo fascicolo, INLAND. Quaderni di cinema riavvolge per un attimo la pellicola della sua breve ma significativa storia, tornando a percorrere i passi compiuti nel 2015 quando aveva aperto [...]
America! America? - Sguardi sull'Impero antimoderno
L’impero statunitense ha sempre generato nella cultura italiana reazioni contrastanti, che spaziano da un’esaltazione semi-isterica a una condanna a priori, altrettanto paranoica. Sembra sia pressoché impossibile, per chi si confronta [...]
Dario Argento

Dario Argento

Inland n. 15/2022
Tutto è nato da Occhiali neri (2022). Dalla sua visione, certo, ma anche dal dibattito che il film ha riaperto a proposito di Dario Argento e di tutto ciò che [...]
Walt Disney - Il mago di Hollywood
«Credo che dopo una tempesta venga l’arcobaleno: che la tempesta sia il prezzo dell’arcobaleno. La gente ha bisogno dell’arcobaleno e ne ho bisogno anch’io, e perciò glielo do». Solo un [...]
4-4-2 - Calciatori, tifosi, uomini
Nel calcio s’intrecciano oggi le linee di forza del nostro tempo; talvolta vi si palesano le sue fratture, i suoi non-detti. Ecco perché il quattordicesimo fascicolo di «Antarès» è dedicato [...]
Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn

Inland n. 4/2017
Perché Nicolas Winding Refn? La risposta è semplice: perché, piaccia o no, è un autore che, più di altri, oggi ha qualcosa da dire. Sebbene sempre più distante dalle logiche [...]
Michele Soavi

Michele Soavi

Inland n. 6/2018
Il nuovo corso di INLAND. Quaderni di cinema, inaugurato dal numero #5, dedicato a Sergio Martino, è contraddistinto da aperture al cinema italiano, al passato, a trattazioni che possano anche [...]

Ultimi post dal blog

Fabrizio Fogliato è un esperto di cinema e in particolare del cinema dei generi. Da anni pubblica regolarmente saggi e analisi che diventano punti di riferimento per il mondo del cinema. Lo scorso anno ha mandato in stampa un nuovo importante volume intitolato Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano. Lo abbiamo intervistato per farci spiegare di che cosa si tratta e in che modo ha analizzato il cinema criminale della Penisola. Partiamo dal titolo. Come mai ha scelto Con la rabbia agli occhi, che è anche il titolo di un film degli anni 70? Con la rabbia [...]
Benedetta Pallavidino ha raccontato un attore molto controverso nel suo Helmut Berger. Ritratto su pellicola, edito da Bietti Edizioni nella collana Fotogrammi. L’abbiamo intervistata. L’attore classe 1944 è scomparso il maggio scorso ed è stato interprete di tanti capolavori tra cui diversi film di Luchino Visconti con cui ebbe anche una relazione. Ecco le sue parole sull’artista: Come nasce la tua voglia di andare a raccontare un personaggio controverso come Helmut Berger? Nasce dal fatto che l’ho sempre trovato un attore molto sottovalutato, ricordato solo per essere stato il divo e il compagno di Visconti. È sicuramente vero che diretto da [...]