La tv dei ragazzi: piccolo schermo, atto II. "Il bambino cattivo", "Un matrimonio", "Con il sole negli occhi", "Le nozze di Laura" e "Il fulgore di Dony"
Matteo VerganiL’esperienza televisiva avatiana del nuovo millennio è mossa da una spiccata fascinazione nei confronti dell’universo giovanile e dei suoi protagonisti di rilievo, siano essi bambini, ragazzi, adolescenti o adulti innocentemente fossilizzati in una dimensione fanciullesca, dove il sentimento e la candida, pascoliana ingenuità risultano le uniche armi attraverso cui questi piccoli grandi eroi del quotidiano tentano strenuamente di affrontare le mille e inaspettate avversità di un’esistenza minata dall’imprevisto e, spesse volte, dall’autentica tragedia. Il sodalizio professionale stretto dalla DueA Film di Pupi e Antonio Avati con Rai Fiction alle soglie del XXI secolo ha infatti permesso al maestro bolognese di impiegare le strategie comunicative del tubo catodico per raggiungere l’ampio bacino di utenza generalista offerto dal piccolo schermo nazionale, plasmando una serie di racconti che – in linea con l’anima più sentimentale e poetica del suo “secondo cinema” – trovano proprio nella giovinezza e nelle sue mille diramazioni la materia principe attraverso cui parlare di un Paese che cambia e, ormai troppo di sovente, si mostra dimentico proprio di coloro i quali, più di altri, portano addosso le cicatrici residuali di una vorace trasformazione generazionale.
In continuità con il discorso critico nei confronti della pericolosa deflagrazione dei legami affettivi di un disastrato nucleo familiare – già ben teorizzata con Il figlio più piccolo (2010) – il primo punto fermo dell’interesse televisivo avatiano è sicuramente costituito dall’epopea del figlio reietto e abbandonato, il cui desiderio di un affetto così naturale ma perennemente negato lo porta, come un novello Oliver Twist, a intraprendere un difficile viaggio, per lo più in solitaria, all’interno delle intricate maglie dalla burocrazia dei servizi sociali. Il bambino cattivo (2013) altro non è che un racconto di formazione 2.0 attraverso cui il regista, ricorrendo spesso e consapevolmente al sentimentalismo, incunea di forza lo spettatore nella giovane pelle del piccolo Brando, tacciato di cattiveria per il solo fatto di portare scompiglio, quale fastidioso incomodo, nell’esistenza egoistica dei suoi genitori, al pari di un animale domestico ormai venuto a noia e di cui urge sbarazzarsi al più presto. Nonostante il nostro piccolo capro espiatorio finisca – ça va sans dire – per trovare il proprio happy ending in una famiglia adottiva provvidenzialmente caduta dal cinematografico cielo, l’amaro malessere permane a lungo nella mente e nel cuore dello spettatore. È una disturbante sensazione di sofferenza, che possiede molti punti in comune con la latente nostalgia che pregna tutte e sei le puntate della miniserie Un matrimonio, intensa e sofferta epopea familiare plasmata sul modello dell’epica transgenerazionale (da Novecento di Bernardo Bertolucci [1976] a Sunshine di István Szabó [1999]) dove, in barba alla pandemica decrescita neo millenaria delle unioni di coppia, si mette in scena il (mezzo)secolare legame che, fra alti e bassi, tiene ben saldi l’uno accanto all’altro due innamorati, dalle macerie dell’Italia post-bellica ai pallidi barlumi dell’Anno Zero. Intrecciando importanti eventi di politica nazionale con un fortissimo autobiografismo fiabesco intriso di amore per l’Emilia Romagna, l’autore non rinuncia a riconfermare la propria sconfinata ammirazione per la dimensione giovanilistica, affidando la narrazione retrospettiva in voice over della vicenda alla figlia adottata dalla coppia, la quale funge da apripista per la seconda importante tematica avatiana: l’amorevole accettazione di un altro piccolo essere umano, non direttamente legato dal sangue, ma verso cui si percepisce un chiaro e innegabile affetto. Esattamente lo stesso istinto genitoriale che Laura Morante scopre di provare nei confronti del giovane profugo siriano Marhaba in Con il sole negli occhi (2015). Come Brando, anche Marhaba è trascinato nel pieno della gimcana burocratica dell’affidamento; per giunta, è tenuto a forza lontano dal proprio Paese d’origine. Ed è probabilmente questa profonda distanza etnica e culturale – oltre che, ovviamente, generazionale – a portare la donna, reduce anch’essa da un triste abbandono scaturito dal tradimento del compagno con una giovincella dell’ultima ora, verso la scelta di darsi in toto all’Altro, anche sapendo di dovervi presto rinunciare in favore di un bene futuro.
Nulla accade mai per caso nella poetica di Avati. Pertanto, con Le nozze di Laura (2015) ecco che il disegno di continuità narrativa del cineasta torna a cementificarsi, unendo questa volta due tasselli prediletti: lo spirito religioso e, in relazione con la precedente opera, il legame affettivo interraziale e interculturale. Stavolta, abbandonando la calda e familiare terra di Romagna, il setting della vicenda si sposta nel centro Sud facendo la spola tra Roma – dove la protagonista Laura si reca per studiare e rimane imprudentemente incinta – e la Calabria, regione natale in cui la ragazza fa il suo mesto ritorno, salvo innamorarsi del giovane africano Karimu, scatenando ovviamente le bigotte e xenofobe ire dei propri genitori. In un epilogo che, riallacciandosi al titolo, riprende e traslittera l’episodio evangelico delle nozze di Cana – sostituendo il sovrannaturale miracolo di trasmutazione dell’acqua in vino con un prodigio ben più terreno, ma di egual stupore – il film, nonostante le insipide accuse di antimeridionalismo mosse all’autore, rappresenta un’importantissima tappa del percorso drammaturgico avatiano su piccolo schermo. Che trova la propria provvidenziale quadratura del cerchio con Il fulgore di Dony (2018), ennesimo racconto di un intenso legame di coppia, stavolta fermentato nella candida e spontanea ingenuità adolescenziale e scosso dal sopraggiungere di una tragedia. L’ostinata e premurosa cura con cui la giovane Donata sceglie di assistere la devastante regressione cognitiva e motoria del fidanzato Marco è indice di una stoica volontà che non sfigurerebbe in un personaggio da racconto religioso. Donata è una vera e propria santa che, per amore del suo Amore, è disposta ad abbattere gli inevitabili ostacoli posti dai genitori – figure estremamente ambivalenti nel corpus avatiano – e a sancire l’accettazione totale dell’Altro, prendendolo in sposo nonostante una fine ormai annunciata.
Malgrado gli ottantuno anni anagrafici e i cinquantuno di carriera, Avati continua a mostrarsi attento alle generazioni che cambiano e al loro modo di rapportarsi al mondo. La sua è una sensibilità giovanile che il medium continua a rinnovare e riportare alla luce, a beneficio di una televisione dei ragazzi e per i ragazzi che altrove sembra essersi persa.
CAST & CREDITS
IL BAMBINO CATTIVO
Regia: Pupi Avati; sceneggiatura: Pupi Avati; fotografia: Blasco Giurato; montaggio: Luigi Capalbo; musiche: Stefano Arnaldi, Lucio Gregoretti; interpreti: Luigi Lo Cascio, Donatella Finocchiaro, Leonardo Della Bianca, Erika Blanc; produzione: DueA Film, Rai Fiction; origine: Italia, 2013; durata: 102’; home video: dvd Rai Eri; colonna sonora: Rai Trade.
UN MATRIMONIO
Regia: Pupi Avati; sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati, Claudio Piersanti; fotografia: Cesare Bastelli; montaggio: Amedeo Salfa, Luigi Capalbo; musiche: Riz Ortolani; interpreti: Micaela Ramazzotti, Flavio Parenti, Andrea Roncato, Katia Ricciarelli; produzione: DueA Film, Rai Fiction; origine: Italia, 2013-2014; durata: 6 puntate da 100’; home video: Rai Eri; colonna sonora: Rai Trade.
CON IL SOLE NEGLI OCCHI
Regia: Pupi Avati; sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati, Claudio Piersanti; fotografia: Blasco Giurato; montaggio: Luigi Capalbo; musiche: Rocco de Rosa; interpreti: Laura Morante, Paolo Sassanelli, Lina Sastri, Michele La Ginestra; produzione: DueA Film, Rai Fiction; origine: Italia, 2015; durata: 95’; home video: Rai Com; colonna sonora: inedita.
LE NOZZE DI LAURA
Regia: Pupi Avati; sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati, Cesare Bastelli, Claudio Piersanti; fotografia: Blasco Giurato; montaggio: Ivan Zuccon; musiche: Rocco de Rosa; interpreti: Rita Abela, Valentino Agunu, Neri Marcorè, Fabrizio Amicucci; produzione: DueA Film, Rai Fiction; origine: Italia, 2015; durata: 100’; home video: Rai Com; colonna sonora: Inedita.
IL FULGORE DI DONY
Regia: Pupi Avati; sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati; fotografia: Cesare Bastelli; montaggio: Ivan Zuccon; musiche: Lucio Gregoretti; interpreti: Greta Zuccheri Montanari, Saul Nanni, Ambra Angiolini, Andrea Roncato, Alessandro Haber; produzione: DueA Film, Rai Fiction; origine: Italia, 2018; durata: 90’; home video: Rai Com; colonna sonora: Rai Com.