Ci si aspetta di tutto dal cinema italiano degli anni Settanta, persino che in un film facciano coppia Massimo Ranieri e Joe Dallesandro. Il primo, in piena carriera attoriale, ha già lavorato con Aldo Lado nel raffinato-erotico La cugina (1974). “Little Joe”, invece, è approdato in Italia con la factory di Andy Warhol e Paul Morrissey – per girare il dittico cult Il mostro è in tavola… Barone Frankenstein (1973) e Dracula cerca sangue di vergine… e morì di sete!!! (1974) – e ha deciso di rimanervi per tutto il decennio, diventando l’icona ribelle/spregiudicata del bis italiano. Il regista li riunisce in un progetto nato dalle penne di Luigi Collo e Stefano Calanchi, inizialmente intitolato Una leggera euforia e pensato per Flavio Bucci. Ma il produttore Pino Buricchi – lo stesso di L’ultimo treno della notte – impone nomi di richiamo ed ecco entrare in gioco questi due volti così lontani e così vicini. Sul versante musicale, invece, è sempre la produzione a segnare il distacco tra il regista ed Ennio Morricone – autore delle colonne sonore per Lado fino al 1976 – a beneficio del trio formato da Fabio Frizzi, Vince Tempera e Franco Bixio, reclutato in virtù dei rapporti tra suo fratello Carlo Andrea e Buricchi.
La stranissima coppia Ranieri-Dallesandro interpreta due sconosciuti che per un caso fortuito diventano amici intimi nel giro di pochissimi giorni. Sandro, napoletano doc, emigrato in cerca di fortuna con solo il suo bagaglio di simpatia e umanità, è lo stereotipo del napoletano a Milano dal boom economico in poi. Si sveglia la notte per andare a lavorare all’ora «dei morti di fame», come racconta all’inizio del film: «Poi alle 8 escono quelli sulle trecentomila al mese, alle 9 quelli sul mezzo milione e poi quelli ricchi, a mezzogiorno… È chiaro, più dormi e più guadagni». Quasi un monologo alla Eduardo De Filippo. Pericle è la sua antitesi: schietto, strafottente e sicuro di sé. Non può fare a meno di essere così. La vita lo ha portato a (soprav)vivere alla giornata, senza sogni o aspettative. Corre in moto per caricarsi di adrenalina e quando non corre si carica in un altro modo, forse con la droga, forse rubando. E proprio mentre sta compiendo l’ennesima rapina, in una festa di alto-borghesi, la sua vita si tocca con quella di Sandro, che è lì come cameriere. Succede qualcosa. Subito tra i due scocca una scintilla che li legherà in un rapporto intimo ai limiti dell’omosessualità. Sandro si lascia trascinare da Pericle e si fa insegnare i trucchi del mestiere, sottoponendosi a prove e allenamenti fisici stile Rocky Balboa. Poi, quando è pronto, si passa subito all’azione: rubano una motocicletta e sfrecciano per le strade di Milano a cercare borsette. È in questa parte centrale che il film, da dramma sociale, comincia ad assumere toni da commedia, diventando quasi una parodia del coevo Uomini si nasce, poliziotti si muore di Ruggero Deodato (1976). Lado ripropone infatti la scena del tentativo di scippo a scapito di una signora, come all’inizio del film di Deodato – c’è da dire che all’epoca era quasi una consuetudine delle grandi città – ma questa volta, invece di esasperare la tragedia, il regista preferisce ribaltare la situazione, con la vittima che prende a borsate in testa lo scippatore. Persino un inseguimento in motocicletta per i quartieri di Milano finisce in una comica alla Stanlio e Ollio, nel bel mezzo di un funerale. Dopo averne tentati tanti, alla fine i due amici riescono a portare a termine uno scippo, ma la malcapitata è Marzia (Eleonora Giorgi). Per Sandro, che se ne innamora all’istante, è un colpo di fulmine: la rintraccia, le riconsegna la borsa e comincia a frequentarla. Pericle, invece, ha una storia con Giusi, interpretata da Marisa Mell, sempre affascinante sebbene nel suo periodo cinematografico più debole (nello stesso anno interpreta Amori, letti e tradimenti di Alfonso Brescia e Taxi Love, servizio per signora di Sergio Bergonzelli). È lei a confidargli di un consulente che gestisce un traffico di soldi trasportati in Svizzera. Per Pericle è la svolta della vita. Gli amici riescono a trafugare una valigia con 300 milioni di lire che il consulente/corriere, fingendosi monsignore, stava per imbarcare all’aeroporto. Purtroppo per loro il finto prete riesce ad arrivare a Giusi, che dopo essersi presa due rasoiate in faccia (la scena più violenta di tutto il film) confessa di averne parlato a Pericle. Nel frattempo la strana coppia decide di spassarsela un po’ e raggiunge Marzia al mare a Cervia, ma qui viene rintracciata dal corriere, che uccide Pericle mentre sta correndo in una gara motociclistica. È il finale che un po’ tutti ci aspettavamo: Pericle in punto di morte fa promettere a Sandro di cambiare vita.
Stacco. Sandro è ritornato a barcamenarsi alla meno peggio – vende bibite sui vagoni del treno – quando si imbatte in uno scompartimento dove sono seduti il corriere, ancora vestito da prete, e la sua guardia del corpo.
Non è un caso, Sandro si era studiato tutto; tira fuori la pistola, la punta verso i due, si fa passare la valigia con i soldi e scompare in mezzo alla folla della stazione. Il finale perfetto per una favola neorealista imperfetta.
È passato appena un anno, ma è talmente lontana la ferocia con cui Enrico Maria Salerno si vendicava degli assassini della figlia in L’ultimo treno della notte, che a una prima visione viene da pensare che Aldo Lado abbia diretto con poca ispirazione un film il quale, con il precedente, ha in comune l’attrazione per storie di emarginati costretti alla delinquenza dalla società e dalle circostanze. Ma Lado è un regista curioso, non si sofferma in un genere preciso, non si accomoda mai sullo stesso cuscino, sperimenta altre vie, storie sempre diverse e filoni agli antipodi, nonostante le indubbie difficoltà produttive che si possono incontrare – e un film come L’ultima volta, sabotato da una produzione debole, è in tal senso un esempio emblematico.
Lo fa pur correndo consapevolmente il rischio di non essere capito, come puntualmente succede con la maggior parte degli spettatori, specialmente se fan, che desiderebbero repliche ad libitum del loro film preferito.
CAST & CREDITS
Regia: Aldo Lado; soggetto: Stefano Calanchi, Luigi Collo; sceneggiatura: Stefano Calanchi, Luigi Collo; fotografia: Cristiano Pogány (come Cristiano Pogany); scenografia: Elio Balletti; costumi: Marisa Crimi; montaggio: Alberto Gallitti; musiche: Franco Bixio, Fabio Frizzi, Vince Tempera (come Bixio-Frizzi-Tempera); interpreti: Massimo Ranieri (Sandro), Joe Dallesandro (Pericle), Eleonora Giorgi (Marzia), Pino Colizzi (direttore di banca), Marisa Mell (Giusi); produzione: Marzia Cinematografica, New Gold Entertainment; origine: Italia, 1976; durata: 97’; home video: vhs Cinehollywood, dvd inedito, Blu-ray inedito; colonna sonora: Cinevox.