
La Collana dei Fotogrammi Bietti è una delle iniziative editoriali a cui, in redazione, teniamo particolarmente. Brevi e agili saggi monografici per entrare direttamente dentro il mondo di un/una regista e diversi mestieri cinematografici.
Questa volta proviamo a mettere insieme due volumi separati, il quattordicesimo e il quindicesimo, che però nascono da una complementarità di fondo dei loro protagonisti. Parliamo ovviamente di Greta Gerwig e Noah Baumbach, coppia d’oro del cinema indipendente e poi hollywoodiano, nel lavoro e nella vita.
Greta Gerwig. Lo sguardo nuovo del cinema femminile – Cecilia Strazza
Cecilia Strazza dedica il Fotogramma 14 a Greta Gerwig come simbolo di un nuovo cinema femminile. Il nucleo, naturalmente, è l’esperienza di Gerwig come regista: con Lady Bird prima e con Piccole donne dopo. La particolarità, tuttavia, è che anche come attrice, Gerwig non è mai stata solo interprete e corpo. Il suo sguardo autoriale ha permeato anche i personaggi che incarnava per altri, e per Baumbach prima di tutti.
L’intento del saggio di Strazza non è solo quello di definire le caratteristiche e i confini del cinema di Greta Gerwig. È la descrizione di un processo creativo in continua ascesa e in continua evoluzione, pur sempre straordinariamente coerente al suo interno. Già in poche righe iniziali Strazza lo riassume efficacemente: «Il suo [di Gerwig] approccio al cinema è intellettuale ma versatile, rivolto a un pubblico variegato, capace di intercettare alcuni dei temi più urgenti della cosiddetta female exploitation, e per questo i molti intravvedono in lei l’emblema del fututo storytelling americano» (pag. 11).
Altrettanto efficacemente, inoltre Strazza traccia l’arco evolutivo appena citato, guidando lettori e lettrici verso un visione di insieme delle due opere che Gerwig firma (al momento) da regista. Con Lady Bird Gerwig rivendica la rottura da un sistema androcentrico, così anche la più archetipica delle ribellioni avviene su un piano esclusivamente femminile, madre-figlia. Per usare la stessa metafora di Strazza, Gerwig vola via dal nido con la sua opera prima. Rompe un equilibrio per ricercarne un altro, diverso. Ed è ciò che crea in Piccole donne, in cui vi è un ritorno a casa, effettivamente, ma sempre subordinato al desiderio e al potere femminile. Strazza lo definisce un cinema programmatico, in cui le esperienze personali dell’autrice incontrano i grandi archetipi della letteratura e creano un nuovo vocabolario per le voci femminili [p.61].
Noah Baumbach. Crisi & misfatti – Emanuele Rauco
Apparentemente contrapposto alla parabola ascendente di Greta Gerwig è il percorso accidentato di Noah Baumbach, ricco di crisi e rinascite, come evidenzia il sottotitolo del Fotogramma di Emanuele Rauco. Noah Baumbach. Crisi & misfatti è il racconto di quattro crisi che, guardando il bicchiere mezzo pieno sono semplicemente i quattro percorsi necessari per arrivare ad altrettanti grandi titoli del regista. Una via complessa, in cui fondamentali sono gli incontri, da Wes Anderson a Greta Gerwig, ma ancor più centrale è la relazione di Baumbach con se stesso.
«Essendo così legato alla sua esperienza personale, il cinema di Baumbach segue l’andamento concentrico delle riflessioni intime, in cui il ragionamento parte dalla comunità che ci circonda e passo dopo passo arriva a incentrarsi sull’Io» (p.12).
È così che Rauco introduce il suo discorso su Baumbach e lo prosegue delineando le aree di “crisi”: gli amici (ossia il passaggio all’età adulta), la famiglia, il conflitto con i contesti socio-culturali e infine il conflitto di coppia. Tutti momenti, afferma Rauco, riconducibili alla più ampia e più profonda conflittualità con il proprio Io, con la propria immagine riflessa.
Esempi molto chiari, in proposito, sono Storia di un matrimonio (2019), per la quarta fase e soprattutto Frances Ha (2012) per la terza. Quest’ultimo è anche l’anello di congiunzione più forte tra il cinema di Gerwig e quello di Baumbach e infatti conquista ampio spazio in entrambi i volumi qui presentati.
Frances Ha – Intersezione di due microcosmi
Quando si guarda Frances Ha è molto complesso distinguere il fascino di Frances da quello della donna che la interpeta, Greta Gerwig, appunto. È una forza interna, un’epifania tale da cambiare anche il successivo cinema di Baumbach che qui la dirige, ma che in parte si fa guidare da lei e dalle sue intuizioni.
Frances Ha è il salto di qualità di Baumbach, così come afferma anche Rauco. Ed è il film che porta il regista a interrogarsi sempre più sullo specchio. Lo stesso specchio in cui Frances non fa altro che osservare la propria immagine. Ovvero ciò che rimane di noi quando non abbiamo più nessun altro su cui proiettare la nostra immagine o la nostra immagine di noi stessi.
Cecilia Strazza nel suo saggio tratta Frances Ha come il più importante momento, prima del debutto alla regia, della parabola di Gerwig. Il primo esempio di quel movimento apparentemente all’indietro, verso l’infanzia, necessario per andare avanti, crescere e uscire dal nido. Un momento in cui Gerwig già si guarda oltre il male gaze del suo regista dando al suo personaggio un’autenticità indimenticabile.
Per ulteriori approfondimenti vi consigliamo di leggere i due brevi (ma esaurienti) saggi contemporaneamente.
Un ringraziamento particolare alla casa editrice Bietti per averci dato la possibilità di leggere anche questi Fotogrammi. Trovate altre segnalazioni della Collana, come Body and Souls o Kind of Blue nella nostra sezione Letture.
Valeria Verbaro ©FramedMagazine ottobre 2021