Nel libro Fabrizi e Rossellini. Un’amicizia sul set del Neorealismo, pubblicato da Bietti Edizioni, Bruno Grillo racconta la nascita di Roma città aperta, il film che ha cambiato il cinema italiano del dopoguerra. Tra macerie, attori presi dalla strada, pellicole di fortuna e intuizioni rivoluzionarie, il volume ripercorre il legame tra Aldo Fabrizi e Roberto Rossellini fino a Francesco, giullare di Dio. Con la prefazione di Roberto Lasagna, un saggio emozionante e autorevole sui retroscena del Neorealismo.
Fabrizi e Rossellini – Un’amicizia sul set che ha cambiato il nostro sguardo
Ci sono amicizie che non somigliano a un abbraccio, ma a un’inquadratura. Entrano in campo, cambiano la luce, spostano la messa a fuoco del mondo. Fabrizi e Rossellini. Un’amicizia sul set del Neorealismo, il nuovo Fotogramma firmato da Bruno Grillo e pubblicato da Bietti, racconta proprio questo: l’alchimia imprevista tra due uomini diversissimi, un attore popolare e un regista intrepido, che nel 1945 – in mezzo alle macerie – hanno acceso la fiamma del cinema moderno. Un legame nato sul set di Roma città aperta e capace di generare un prima e un dopo nella storia della cinematografia
Grillo procede come un archeologo dei sentimenti. Non si limita a ricostruire la cronologia dei fatti: scava, smuove polvere, fa emergere l’umanità nascosta dietro la leggenda. Perché Roma città aperta, come ricorda il libro, non è solo un film: è un miracolo fatto di pellicola di fortuna, attori presi dalla strada, set improvvisati al Pigneto e una città che ancora non aveva fatto in tempo a posare il dolore.
Un film nato tra le macerie e l’urgenza del presente
Grillo ripercorre l’inizio di tutto: l’idea di Rossellini e Sergio Amidei, il primo titolo provvisorio (Storie di ieri), la necessità di filmare il presente mentre il presente stava ancora accadendo. E poi la scena madre del destino: Fellini che va da Fabrizi, l’incontro decisivo al Caffè Rampoldi, la sceneggiatura letta ad alta voce, l’attore che si commuove e dice sì. Tutto documentato nel libro e ricostruito con precisione affettuosa.
Quella bozza, destinata a cambiare nome e pelle, diventerà Roma città aperta. Un film corsaro, girato con un solo ciak per non sprecare pellicola, tra cavi che saltano, generatori presi in prestito e un’energia collettiva che sapeva di urgenza. C’era la Storia, certo, ma c’era soprattutto la fame di raccontare la dignità del popolo, di restituire un’Italia che voleva rialzarsi. Di difendere, come dirà Rossellini, “la realtà più piatta, più polverosa, più umile”.
Fabrizi: il comico che divenne tragedia
La parte più luminosa del libro riguarda proprio Aldo Fabrizi. Grillo mostra come l’attore – famoso per i ruoli comici, maestro di avanspettacolo – abbia trovato in don Pietro non un personaggio, ma una chiamata morale. Fabrizi non interpreta: custodisce. E il libro lo racconta con rispetto e calore, ricordando come Rossellini gli chiedesse una verità assoluta, lontana dai tic teatrali, vicinissima alla vita.
L’episodio della morte di Pina – pagina iconica del cinema mondiale – è ricostruito nel dettaglio: l’idea nata da un litigio reale, la Magnani che corre tra le macerie, la “Pietà al contrario” che Grillo descrive come un colpo d’ascia nella storia del linguaggio cinematografico.
Da quel momento Fabrizi non è più solo un attore romano: diventa un volto universale. Un uomo che porta sulle spalle il peso dell’umanità intera e che Rossellini filma con la tenerezza di un fratello.
Dopo Roma città aperta: un’altra metamorfosi
Cinque anni dopo, l’amicizia tra Rossellini e Fabrizi genera un secondo miracolo: Francesco, giullare di Dio. Grillo dedica al film pagine splendide, dove emerge il coraggio di raccontare la santità non come monumento, ma come gesto quotidiano, come “piccola azione” che illumina.
Qui Fabrizi non è più don Pietro: è un tiranno ridicolo, quasi un pupo siciliano animato da mani invisibili. Fellini, presente in sceneggiatura, soffia un’aria circense. La scena è breve, ma memorabile: un cameo che ribalta il registro e mostra quanto la coppia artistica fosse capace di reinventarsi.
Un libro che custodisce un’eredità
Impreziosito dall’autorevole prefazione di Roberto Lasagna, il valore del Fotogramma di Bruno Grillo non è solo storico: è narrativo, emotivo, quasi etico. Il saggio consegna ai lettori la freschezza di due film che, a 80 anni dalla loro nascita, continuano a parlare al presente con una modernità sconcertante. Perché Roma città aperta e Francesco, giullare di Dio non sono solo opere del passato: sono un invito alla responsabilità, un esercizio di sguardo, un atto d’amore verso la verità.
E soprattutto sono l’impronta lasciata da una relazione che ha saputo trasformare due uomini in un detonatore culturale. Fabrizi e Rossellini si sono trovati nel momento più fragile del nostro Paese e hanno raccontato la forza, la debolezza, il coraggio e la disobbedienza. Hanno mostrato cosa significa fare cinema non per renderlo bello, ma per renderlo utile – come ripeteva Rossellini – e Grillo questo lo restituisce con una scrittura limpida, appassionata, piena di gratitudine.
Se questo libro fosse un cocktail
Se Fabrizi e Rossellini fosse un cocktail, sarebbe un Boulevardier: elegante ma irruento, nato dall’incontro tra l’America e l’Europa, come il cinema che questo libro racconta. Dentro c’è il bourbon caldo della memoria, il vermouth delle macerie ancora tiepide, il bitter della Storia che non addolcisce mai. Si beve con rispetto, questo libro, perché ogni sorso sa di libertà conquistata e di immagini che non chiedono permesso.
Perché leggerlo
Perché Fabrizi e Rossellini non è solo il dietro le quinte di due film leggendari: è il racconto di un’amicizia che ha cambiato il nostro immaginario, attraversando macerie, set improvvisati e intuizioni irripetibili.
Perché Bruno Grillo illumina l’umanità nascosta sotto il mito, ricordandoci che il Neorealismo non è un movimento: è un gesto di verità.
Perché oggi più che mai abbiamo bisogno di storie che guardino la realtà senza trucco, con quella miscela di coraggio e misericordia che solo Fabrizi e Rossellini seppero incarnare.
E perché, semplicemente, questo Fotogramma Bietti è un piccolo scrigno che tiene vivo il fuoco di un cinema che sapeva cambiare il mondo un fotogramma alla volta.
Paolo Nizza ©skytg24 1 dicembre 2025