«DimeWeb»: intervista ad Andrea Scarabelli su «Antarès»
Antarès Prospettive Antimoderne
Rubiamo ancora una volta il registratore al nostro reporter ufficiale Franco “Frank Wool” Lana per raggiungere con un breve botta-e-risposta Andrea Scarabelli. In Bietti è direttore editoriale della rivista “Antarès” (che tanta parte della sua collana ha dedicato al fantastico e della quale abbiamo recensito il prezioso volume unico 2011 – 2016) e curatore della collana “l’Archeometro”. Filosofo, saggista, scrittore, ed editorialista (ultimamente per “Il Giornale”), Andrea collabora con svariate case editrici, fondazioni e università… Buona lettura! (f.m.)
DIME WEB – Andrea Scarabelli prima di “Antarès”…
ANDREA SCARABELLI – Uno studioso (eterno studente, come disse Francesco Guccini), un curioso, amante della lettura e della scrittura. Uno che amava meravigliarsi delle cose e per il quale una giornata senza lettura è sprecata. Insomma, molto simile ad Andrea Scarabelli dopo “Antarès”…!
DW – Come nasce e quali sono gli obbiettivi di “Antarès”. Il tuo ruolo, i collaboratori e così via…
AS – La rivista è nata nella infuocata Statale di Milano, per rompere quella cortina sviluppata dagli accademici – e alimentata dai loro zelanti discepoli – attorno ad autori controcorrente e non allineati. Successivamente è stata “adottata”, per così dire, da Edizioni Bietti, che l’ha rilanciata, donandole una nuova grafica e un respiro molto più ampio… Ma lo spirito è rimasto immutato, te lo assicuro! Quanto alla sua struttura, la rivista è realizzata da un gruppo di giovani critici. Oltre al sottoscritto, Luca Siniscalco e Gianpiero Mattanza, giovani studiosi che promettono bene, benissimo… E poi Max Gobbo, che cura la nostra sezione di narrativa. Last but not least, Gianfranco de Turris, direttore responsabile, che è entrato nella redazione poco dopo l’ingresso di “Antarès” nel catalogo Bietti.
DW – Perché il volume unico?
AS – L’idea, nei confronti della quale, lo confesso, inizialmente ero molto scettico, è nata dall’editore, per festeggiare i primI dieci numeri (in realtà undici, dato che il primo è il numero 0) e i primi cinque anni di “Antarès”. Ne è risultato un volumone (più di settecento pagine!) che raccoglie tutti i numeri, tirato in cento esemplari numerati: un prodotto unico nel suo genere, che ha avuto una buona diffusione ed è stato recensito anche sul “Giornale” da Gianfranco de Turris, cui mi lega da parecchi anni una sincera amicizia – insieme alla direzione congiunta di questa rivista, ovviamente…
DW – Tre nomi su cui riflettere: Tolkien, Lovecraft e Disney
AS – Sono nomi che rappresentano in tutto e per tutto lo spirito di questa rivista, vale a dire l’idea di proporre nuovi miti alla modernità, in crisi per via della sua prosaicità esistenziale, di un generale impoverimento delle anime. Tutti e tre i nostri amici hanno rilanciato tematiche mitiche e tradizionali, non limitandosi a riproporle ma riadattandole all’animus dell’uomo contemporaneo. Il primo, nella letteratura fantastica; il secondo, costruendo un’originale mitologia aliena; il terzo, infine, utilizzando i mezzi propri alla Settima Arte.
DW – Il futuro di “Antarès”?
AS – Il prossimo numero in cantiere è dedicato a Charles Bukowski – analizzato a modo nostro, ovviamente (sulla scorta dell’ottima biografia di Roberto Alfatti Appetiti uscita qualche anno fa). Il successivo a Jorge Luis Borges, un gigante, le cui opere mi sono costretto a leggere/rileggere integralmente nell’ultimo anno. Ammetto che non è facile cimentarsi con un autore come lui, oceanico e labirintico. Ma mi diverte molto cimentarmi con le (apparenti) impossibilità. Abbiamo già raccolto parecchio materiale per questi due numeri… Sono molto curioso di vedere cosa ne uscirà…
DW – La domanda che aspettavi ma che non ti è stata fatta…
AS – È una domanda che non mi viene mai posta… ma tacerò su questo punto!
(Francesco Manetti, «DimeWeb», 18 agosto 2016)