
Il saggio di Piero Buscaroli su Anton Bruckner nello stile di un irregolare della critica
Con piglio fermo e scevro da sentimentalismi, analizziamo il lavoro di Piero Buscaroli su Anton Bruckner, edito da Bietti. L’opera, che trae origine dal lavoro dell’autore per il ciclo dell’integrale sinfonica degli anni ottanta nel Teatro Comunale di Bologna, si pone quale macigno panorama della musicologia italiana, un’erma bifronte che da un lato riflette la ben nota indole del suo autore e dall’altro getta uno sguardo affilato, quasi spietato, sulla figura del compositore austriaco.
Il “Caso” Buscaroli nella Critica Musicale Italiana
Piero Buscaroli (1930-2016) è stato una figura eretica, un “irregolare” nel salotto buono della critica musicale italiana del secondo Novecento.
La sua penna, intinta nel vetriolo di una cultura vastissima e reazionaria, non conosceva mezze misure. Formatosi a Bologna, lontano dalle cattedre ufficiali che dispensavano il verbo strutturalista o l’esegesi sociologica di matrice adorniana, Buscaroli si è sempre posto in antitesi alla critica “ufficiale”.
I suoi scritti per Il Borghese, Il Giornale e poi le sue monumentali monografie (su Bach, sul tardo Mozart, su Beethoven) sono il testamento di un pensiero intransigente, che aborriva le interpretazioni ideologiche e rivendicava il primato dell’analisi tecnica, della “verità” intrinseca alla partitura, letta attraverso una lente che integrava filologia, storia e un’acuta sensibilità per il dato puramente musicale.
La sua ricezione in Italia è stata, prevedibilmente, polarizzata. Da un lato, un’accoglienza ostile, quasi un ostracismo da parte dell’accademia e della critica militante, che lo etichettava come un “fascista” (etichetta da lui mai del tutto respinta) e un dilettante privo di metodo scientifico. Dall’altro, una cerchia fedele di lettori e ammiratori ne apprezzava il coraggio intellettuale, la prosa magniloquente e la capacità di squarciare il velo di conformismo che avvolgeva la divulgazione musicale.
Buscaroli scriveva con l’autorità di chi non deve chiedere permesso, il suo stile è un torrente in piena di erudizione, citazioni fulminanti e giudizi perentorii, spesso sprezzanti.
La Visione di Bruckner: Contro l’Idolatria dell’Uomo Semplice
Nel suo saggio su Bruckner, edito da Bietti, questi tratti si esasperano fino a diventare il cuore stesso dell’analisi. Buscaroli demolisce, pezzo per pezzo, l’agiografia bruckneriana, la narrazione dell’ “organista di Dio”, del contadino umile e ingenuo schiacciato dai dubbi e dalla critica viennese (incarnata dal perfido Eduard Hanslick).
Le teorie cardine esposte nel volume si possono così sintetizzare:
Bruckner come “Architetto del Suono Assoluto”: Buscaroli rigetta ogni lettura programmatica o extramusicale delle sinfonie.Per lui, Bruckner è l’ultimo, grandioso esponente di una concezione puramente architettonica e teologica della musica, erede diretto di Bach e della tradizione polifonica tedesca. La sua non è “musica a programma” mascherata, ma costruzione sonora che si regge su leggi ferree di simmetria, proporzione e sviluppo contrappuntistico. Le celebri “pause generali” non sono indice di incertezza, ma pilastri strutturali, silenzi carichi di tensione architettonica che delimitano le grandi campate sonore.
La Questione delle Versioni: Con acribia filologica, Buscaroli affronta il ginepraio delle diverse versioni delle sinfonie. Lungi dal vedere in Bruckner un autore insicuro e suggestionabile dai consigli di allievi e direttori (i fratelli Schalk, Ferdinand Löwe), egli sostiene che molte delle revisioni non furono subite passivamente, ma rappresentarono tentativi, talvolta fallimentari, di adattare una concezione sonora quasi trascendente alle concrete possibilità esecutive e alla percezione di un pubblico impreparato. La “versione originale” (Urfassung) è spesso vista come il pensiero più puro, un’idea platonica che le successive edizioni tentano, non sempre con successo, di rendere manifesta nel mondo fenomenico.
Critica della “Doppia Tonalità”: Buscaroli analizza con precisione tecnica l’armonia bruckneriana, sfatando il mito di un Bruckner “modernista” precursore delle avanguardie. La sua audacia armonica non è mai fine a se stessa, né anticipa la dissoluzione della tonalità. Al contrario, essa è sempre funzionale a un disegno tonale più ampio e rigoroso. Le modulazioni più ardite e le lunghe peregrinazioni armoniche sono concepite come immense “arcate di tensione” che trovano la loro risoluzione catartica nell’affermazione trionfale della tonalità d’impianto. La forma-sonata viene dilatata a dismisura, trasformata in un processo cosmico di accumulazione e scarica di energia tonale.
Il Rifiuto del “Mistico”: L’elemento religioso, innegabile nella biografia di Bruckner, viene spogliato da Buscaroli di ogni connotazione devozionale o sentimentalistica. La fede di Bruckner non è fonte di ispirazione programmatica, ma il fondamento metafisico della sua ricerca di un ordine superiore. Le sue sinfonie non “descrivono” Dio, ma tentano di replicarne l’ordine e la perfezione attraverso il suono, in un’operazione che ha più del pitagorico e del teologo medievale che del mistico romantico.
In definitiva, il Bruckner di Buscaroli è una figura titanica, che guarda direttamente negli occhi Beethoven; un costruttore di cattedrali sonore la cui grandezza non risiede nella sua presunta umiltà, ma nella sua formidabile sapienza tecnica e nella sua incrollabile fede in un ordine musicale assoluto.
Il libro, scritto con la consueta prosa assertiva e a tratti pugnace, non è una comoda introduzione, ma una sfida al lettore. È un’opera che, come il suo autore, non cerca il consenso ma la verità, o almeno, quella verità che solo un’analisi spietata della partitura, scevra da ogni compromesso ideologico, può pretendere di svelare.
Il libro è edito da Bietti nell’anno 2024 e consta di 366 pagine.
Massimiliano Vono © Commentimusicali.it agosto 2025