
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e profonda, arrivando a intendere, con INLAND, tutto ciò che un evento, un fenomeno o un oggetto può racchiudere in termini di potenzialità significanti.
Quello che avete tra le mani è il primo numero di INLAND. Quaderni di cinema, pubblicazione periodica nata da una costola della collana Heterotopia di Bietti Edizioni, che da anni si occupa di indagare l’inland dei fenomeni cinematografici in forma di saggistica. Le nostre pubblicazioni cercano di intendere l’oggetto cinematografico come un prisma, mai autosufficiente o autoreferenziale, attraverso il quale riflettere la complessità del contemporaneo in termini di contesti storico-politici, di evoluzione del linguaggio audiovisivo e di dialogo con quei fattori estetici e narrativi che costituiscono lo Zeitgeist 2.0. Cercano, dunque, di penetrare l’opera considerandola un inland in senso lynchano: un territorio imbevuto di potenzialità significanti. Il titolo di questa nuova testata, oltre che essere un doveroso omaggio a uno tra i padri del cinema postmoderno (e, nel caso del film in questione, del cinema digitale), nonché a un’opera fondamentale (Inland di Tariq Teguia [2008]), è dunque un primo passo esplicativo – sebbene ermetico – circa la natura e gli obiettivi che Heterotopia, in questa nuova avventura come in quella già (ri)avviata nel 2014, intende perseguire. Trattasi di quaderni monografici incentrati sull’opera di autori che, sebbene portatori di un inland peculiare e determinante per la comprensione del nostro contemporaneo (audiovisivo e non), non hanno mai ricevuto una trattazione adeguata e organica dai prodotti della nostrana editoria cinematografica. Mai trattati o maltrattati, gli oggetti prismatici di queste nostre indagini intendono (im)porsi nel discorso sul/del cinema come referenti semplici di un presente complesso: Rob Zombie, cui dedichiamo questo primo numero, è portatore di una paradigmatica tendenza odierna al pastiche, alla contaminazione, al dialogo tra forme d’arte (musica, cinema, videoclip, film-concerto e romanzo di derivazione cinematografica) tra loro sempre più complementari nell’elaborazione del senso audiovisivo. La derivazione come punto di ri-partenza del cinema per un discorso originale, la manipolazione di un testo precedente al fine di creare nuovo senso, la pratica del remake come esercizio per un reboot: l’arte di Zombie contiene un inland sterminato che obbliga a riflessioni e trattazioni espanse, ovvero capaci di spingersi oltre il puro testo filmico. Le abbiamo affidate a un nutrito e accuratamente selezionato team di critici e accademici di eccellenza, che con la loro firma hanno reso particolarmente prezioso il fascicolo che state per leggere, diviso in tre sezioni. Al primo blocco saggistico, Profili, dedicato all’inquadramento dell’autore Rob Zombie, arricchito da un’intervista realizzata da Manlio Gomarasca e da un contributo originale nello stile inconfondibile di Giona A. Nazzaro, segue la corposa sezione Confluenze, centrale nell’ottica prismatica che caratterizza il nostro approccio alla materia. In essa sono sviscerate le letture sovratestuali riguardanti il cinema di Zombie: dalla cultura redneck passata in rassegna con penna western da Mauro Gervasini alle implicazioni politiche còlte dal fine sguardo di Anton Giulio Mancino, dal percorso musicale effettuato dall’enciclopedico Filippo Mazzarella alla discesa negli abissi del metal in compagnia di Francesco Giani, dalla prospettiva psicoanalitica offerta da Marco Lazzarotto Muratori alle incursioni nel feticismo zombiano sotto la guida attenta di Giacomo Calzoni, dalla riattualizzazione del monster show di Roberto Della Torre all’esplosione artaudiana restituita dalle anarchiche letture di Davide Pulici, fino alla dimensione della saga affrontata ancora da Nazzaro e alle analisi di gender proposte dalla giovane (e acuta) Laura Da Prato, nulla (o quasi) è stato tralasciato. Come, del resto, nella terza parte dedicata specificatamente ai Materiali audiovisivi: Marco Chiani, Marco Cacioppo, Riccardo Fassone, Roberto Curti, Davide Di Giorgio, Enrico Azzano, Andrea Bellavita, Nico Parente, Andrea Fontana, Matteo S. Chamey e Luca Pacilio costituiscono il parterre de roi che ha fornito interpretazioni originali, talvolta spiazzanti, dei singoli testi di Zombie. Non solo film, dicevamo, ma anche regie televisive, film-concerto e videoclip, in un’ottica di “cinema oltre il cinema” che caratterizza l’opera dell’autore americano. Ai nostri saggisti, alla loro disponibilità ad accettare la sfida e alla loro professionalità è rivolto il nostro ringraziamento. Ma il plauso più sentito non può che essere per l’Editore che, in un momento storico in cui le riviste di settore chiudono i battenti o dilazionano la loro periodicità, ha avuto il coraggio non solo di rilanciare la collana Heterotopia, ma anche di permettere i primi passi a questo coraggioso progetto, contraddistinto dalla gratuità.