Il mondo magico di Walt Disney

Alessandro Barbera
Walt Disney – Il mago di Hollywood n. 10/2015
Il mondo magico di Walt Disney

Si può tentare di leggere l’opera di Walt Disney come magico-iniziatica, precisando prima di tutto che la sua produzione non è monotematica. In lui si riscontrano almeno tre filoni: il favolistico, quello connesso alla tradizione americana e quello naturalistico. Il primo e l’ultimo possono talvolta trovarsi in armonia, perché le fiabe rimandano in genere alla sapienza tradizionale e perché la natura è il luogo privilegiato di manifestazione del sacro. Il Disney iniziatico lo si trova soprattutto nei lungometraggi, ma non mancano spunti anche in qualche corto e in qualche fumetto, sebbene in questi ultimi sia preponderante l’intento umoristico e comico. Ciò che si nota in tutta la sua attività creativa è che i fenomeni magici non sono mai per lui superstizione. Può trattarli con serietà o con umorismo, ma non li svaluta mai. Ci sono solo differenze di tono.

La nostra indagine riguarderà i prodotti realizzati finché Walt ebbe vita, escludendo quasi del tutto la produzione successiva. Di quest’ultima, in particolare, possiamo considerare lo sfortunato Taron e la pentola magica e l’ottimo La Bella e la Bestia. Escludiamo La Sirenetta, frutto di uno stravolgimento della fiaba di Andersen, e il pessimo Aladdin, vero e proprio oltraggio al mondo arabo.

Tutte le grandi fiabe a cui Disney si è ispirato contengono una pluralità di messaggi. Alcuni sono collegati alle vicissitudini storiche e naturali dei popoli interessati, mentre altri trasmettono elementi di una sapienza antica e tradizionale. Le fiabe, con riferimento al mondo nordico, ripetono due o tre motivi iniziatici fondamentali, sempre gli stessi. Disney li ha fatti propri e sviluppati. Le incursioni nella modernità che spesso caratterizzano le sue produzioni non mirano a svilirne il contenuto, ma al contrario a ribadire che non si tratta di temi e indicazioni del passato, bensì di verità perenni. In più, Disney non si è limitato a riprodurre passivamente i contenuti profondi di questa produzione narrativa. Ne ha compreso e accettato fino in fondo la portata: ne è stato, per così dire, un ripropositore.

Il luogo privilegiato per le manifestazioni magico-esoteriche è in genere il Medioevo. Per lui l’età di mezzo non è una semplice epoca storica, ma una metafora della condizione umana. Dunque, il luogo privilegiato per la manifestazione dei conflitti e degli impulsi archetipici. Il suo è, come ha osservato Matteo Sanfilippo (Il Medioevo secondo Walt Disney, Castelvecchi, Roma 2003), un Medioevo da fiaba, appunto perché la fiaba rimanda ad alcune costanti profonde.

Nei suoi film raramente allude alla religione rivelata. E, se lo fa, ne accenna sempre di sfuggita. La presenza più significativa è la processione di monache recanti ceri votivi che chiude Fantasia. L’elemento religioso-divino è per lo più trattato come magia. Lo scontro tra Bene e Male resta affidato a forze magiche antagoniste. Disney potrebbe aver evitato i riferimenti per una forma di timore reverenziale nei confronti della religione codificata, ma potrebbe anche essere stato animato da un consapevole atteggiamento esoterico.

La vera svolta disneyana è quella che lo porta a passare da un generico conservatorismo ad un consapevole tradizionalismo; ovvero l’incontro con la fiaba nordica e la magia; per questo altrove abbiamo parlato di “nazismo magico” (nell’accezione data a questi termini dallo storico Giorgio Galli), almeno in relazione alla fine degli anni Trenta. Si è anche detto che in tutta probabilità Disney, come accadde per taluni ambienti conservatori inglesi di cultura esoterica, capovolse nel corso degli anni Quaranta il suo giudizio sull’esoterismo nazista, spingendosi a produrre, a guerra scoppiata, film e fumetti contro l’Asse. Il che non gli impedì, sul fronte interno, di continuare a combattere la sua personale guerra contro i comunisti.

L’interesse di Disney per la fiaba non va visto come un fatto narrativo, affabulatorio. Al contrario, esprime una visione ideologica. Il mondo magico e/o mitico è per lui espressione di una doppia realtà. Da un lato rappresenta l’orizzonte mitico, il mondo alternativo a quello reale, ma non per questo meno vero; dall’altro, il mondo sottostante quello reale. L’esoterismo non è solo fuga in un diverso altrove; è anche individuazione di un nucleo occulto, segreto, parallelo al visibile. I mondi sono due: quello visibile e quello invisibile, ovvero quello sensibile e quello extra-sensibile. Ed è il secondo che dà significato al primo, interpretandolo ed orientandolo. Il male, che Disney simboleggia in vario modo, compreso quello politico, prende il sopravvento quando il mondo esterno dimentica e rompe i legami con quello segreto. Allora, come nella fiaba del fagiolo magico, la terra si inaridisce. Per Disney il segreto della felicità sulla Terra sta proprio nel cogliere la relazione, il legame tra mondo visibile e invisibile. Tutto questo non è neutrale; al contrario, ha una valenza culturale, politica, ideologica. E spiega lo scenario degli anni Trenta.

Il nucleo ideologico della produzione di Walt Disney si dirada man mano che ci si sposta dalle grandi fiabe alle produzioni minori. Non c’è dubbio che una parte della sua attività, specie nei film con attori in carne ed ossa, risulti edulcorata. Nei suoi fumetti e cortometraggi, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, certi schemi finiscono per essere riprodotti in modo stucchevole e ripetitivo; insomma, di certi temi non resta che un pallido riflesso. Ciò nonostante chi vuol comprendere il fenomeno Disney non può limitarsi a considerare le realizzazioni secondarie come autonome. Si tratta invece di residui, scorie di una sostanza ben altrimenti attrezzata.

Esaminiamo le presenze magiche nei suoi cartoni, ricordando che la magia suppone la rottura delle barriere tra l’uomo e la realtà a lui esterna. Rottura che implica una duplice possibilità. I suoi film sono una molto variegata rassegna di streghe, fate, maghi, maghe e spettri. Si comincia con la strega di Biancaneve. Nella fiaba originaria la Regina si traveste. Nel cartone, invece, ci troviamo davanti a una trasmutazione sulla linea del satanismo. Non a caso, questa è la sequenza più seria del film ed è stata oggetto di aspre critiche da parte di psicologi come Fausto Antonini. In compenso, è stata apprezzata da alcuni cultori del genere “gotico”, a cominciare da Federico Fellini.

Una variante fumettistica è l’Amelia della saga di Paperino creata da Carl Barks. La caratterizzazione geografica è alle pendici del Vesuvio. Insomma l’allusione è alle streghe di Benevento. La “numero uno” di Zio Paperone, bramata da Amelia, potrebbe essere un sostituto simbolico dell’anello magico di tante saghe, dai Nibelunghi al Signore degli Anelli.

Tra le streghe ricordiamo la Nocciola del cortometraggio Trick or treat del 1952. Qui abbiamo una fusione tra magismo e tradizione americana. Si pensi alle streghe di Salem. Nella notte di Halloween Paperino dovrà cedere alle forze occulte. I valori nel film si capovolgono: Paperino rappresenta il male, la materialità (il possesso dei dolciumi), e la strega il bene. È come se Disney avesse voluto dirci che esistono due facce dell’occultismo, e quindi presentarci positivamente la strega e le forze che simboleggia.

Questa distinzione è palese nella Bella Addormentata nel bosco, vera summa della sua arte. Nel film l’occultismo negativo è rappresentato dalla fata-drago Malefica e quello positivo dalle tre fate buone Flora, Serena e Fauna. Come per il conflitto tra Merlino e Magò (versione caricaturizzata di Morgana) de La Spada nella roccia, anche questo è uno scontro tra magia bianca e magia nera, tra angelismo e satanismo. Qui è evidente che bene e male non sono per Disney semplici categorie morali, ma rimandano a qualcosa d’altro, a forze sottili, meglio rappresentate dalla luce e dalle tenebre. Troviamo infine maghi come lo stregone di Fantasia, che riconduce nel loro alveo le forze occulte improvvidamente scatenate da Topolino. E il già citato Merlino, che guida il giovane Artù nel suo cammino iniziatico-sapienziale.

Se streghe e draghi sono in genere espressione delle forze infere, telluriche, le forze luminose e solari sono invece espresse dai prìncipi. L’eroe disneyano lotta contro il drago, che personifica le forze oscure del caos, le stesse contro cui lotta e risorge il sole nel solstizio d’inverno. I fenomeni naturali sono simboli di significati superiori. Nel complesso, le figure dell’eroe solare e del principe decaduto rimandano all’idea di una restaurazione in opposizione a un ciclo di decadenza.

Tra i prìncipi disneyani, il più riuscito è il Filippo della Bella Addormentata. Nel film si riprende il tema tradizionale della spada magica, come accade anche ne La Spada nella roccia. La spada è simbolo della potenza connessa alla saggezza. Ancora, il bacio, tema ricorrente nella favolistica dei Grimm, per Aurora come per Biancaneve segna il risveglio, la seconda nascita. Superare il sonno ha in tutte le tradizioni il significato della partecipazione ad una condizione trascendente. Simbolicamente il raggio del sole e il bacio hanno lo stesso significato. Entrambi alludono ad una rinascita. Disney valorizza al massimo le relative sequenze.

Merlino è la guida spirituale del giovane Artù nel suo cammino iniziatico. Disney in genere affida a degli animali il ruolo di guida, anche sulla base delle fonti che utilizza e manipola. Nel caso de La Spada nella roccia, ad esempio, il ruolo del maestro è diviso tra il mago e il gufo Anacleto, che è l’alter ego di Merlino. Il gufo saggio si ritrova anche in Bambi. In Pinocchio, seguendo l’indicazione di Collodi, ci troviamo davanti a un grillo saggio. Ma le cose non cambiano molto. Ora, il gufo è l’equivalente della civetta, che in alcune tradizioni è simbolo della conoscenza e, simbolicamente, vede nelle tenebre.

Un ruolo analogo è svolto dalle tre fate buone de La Bella Addormentata, che restano però entità intermedie. Ma il nesso fata-saggezza appare più chiaro in Pinocchio, dove la fata turchina dalle nette caratteristiche umane è colei che agevola il passaggio dalla condizione degradata e inferiore (il burattino) a quella superiore (il ragazzo). La fata turchina rimanda alle dame della letteratura iniziatico-cavalleresca che consentono al cavaliere o al Re l’ascesi, ovvero la reintegrazione nello stato originario. Ruolo non dissimile ha la fata Madrina di Cenerentola, che si collega in qualche modo agli antenati.

Ciò vale anche per Mary Poppins, la governante-maga dell’omonimo film con protagonisti umani. Come ha sostenuto Massimo Introvigne, l’autrice del ciclo, Pamela Lyndon Travers, scomparsa nel 1996, era seguace dell’esoterista Gurdjieff. E i suoi romanzi risentono degli insegnamenti del maestro. Nel film di Disney, sia pure edulcorati, aleggiano temi esoterici. Basti pensare alla danza (la grande catena) in onore di Mary Poppins e all’uscita dal mondo della sequenza animata.

I temi iniziatico-cavallereschi sono trattati con evidenza nella produzione post-disneyana La Bella e la Bestia. Quella della Bestia è una situazione di caduta dallo stato primordiale. La Bella sarà la donna che consentirà al principe il superamento della condizione precedente (umana). Nel simbolismo tradizionale nella donna si raffigura una forza trasfigurante. D’altra parte, la rosa – simbolo rosicruciano per eccellenza – assume nel film un ruolo preponderante persino rispetto alla fiaba originaria. Al momento in cui la fiaba fu scritta esisteva già l’elemento rosicruciano. Gli artisti disneyani ne hanno significativamente accentuato la presenza.

Il percorso iniziatico ha in Disney, come in tutta la letteratura del genere, due aspetti. Per un verso è la reintegrazione nello stato originario, dopo la caduta. Per un altro si presenta come discesa agli inferi, prova da superare per il compimento della seconda nascita, per la conquista dello stato superiore. Tra la caduta e la discesa c’è un evidente parallelismo. Si è già detto della Bella e la Bestia in relazione al primo tema. Il secondo è trattato in modo intensamente drammatico in Fantasia, particolarmente nelle sequenze della Notte sul Montecalvo di Mussorgskij e della Ave Maria di Schubert. Se Disney in molti casi si è limitato a far propri i contenuti tradizionali esoterici presenti nella favolistica europea, nel caso di Fantasia ha scelto autonomamente. L’accostamento degli ultimi due brani animati mostra un grado di consapevolezza esoterica sorprendente. Al suo apparire, nel 1940, Fantasia fu un mezzo fiasco. Perché il pubblico si aspettava altro. E perché si trattava, nel suo genere, di un film particolarmente serio. Nel primo dei due brani citati la visione del demone e degli spettri nella notte di Valpurga è particolarmente intensa. Nel successivo la foresta con gli alberi a forma di arcate slanciate in alto coinvolge, con la stessa intensità, regista e spettatori. Ancora una volta, non si tratta di una banale raffigurazione del bene e del male moralisticamente intesi, ma si allude a una esperienza trascendente.

Significativa in Fantasia è anche la sequenza de L’apprendista stregone. Topolino è il grande demiurgo, privo però di una adeguata qualificazione. Per una scelta specifica di Disney, finisce nel suo sogno per muovere l’intero universo. Le scope alludono con grande chiarezza a essenze infere che, una volta portate alla luce, si autonomizzano e diventano incontrollabili.

Varianti iniziatiche sono presenti anche in Pinocchio, peraltro per volontà originaria di Collodi. Qui la discesa agli inferi, intesa sempre come passaggio, come prova, è trattata varie volte. Prima in riferimento al Paese dei Balocchi e poi come percorso nel ventre della balena. Non a caso Disney sostituisce la balena (il capodoglio) con l’originario pescecane del racconto, quasi a voler rendere più trasparente il messaggio. Un significato analogo hanno anche le acque, che Pinocchio deve attraversare per salvarsi. Si allude sempre alla seconda nascita. Si tratta di temi presenti anche in altri film, ad esempio il passaggio nella foresta di Biancaneve. Con sicura intuizione Disney, nelle sue raffigurazioni, va molto oltre la fiaba originaria.

Infine, concludiamo con gli spettri. Per i cartoni, è da ricordare soprattutto il corto del 1937 Lonesome Ghost, dove Topolino, Pippo e Paperino devono disinfestare una casa dai fantasmi. Sono presenze autentiche e non mere apparenze, anche se viste in chiave umoristica. Della sequenza terribilmente seria di Fantasia si è già detto. Per i fumetti, nello storie del dopoguerra Floyd Gottfredson, grazie anche ai soggetti di Billy Walsh, ci offre fantasmi autentici. La più celebre è Topolino e lo spettro fallito del 1951, che ha per protagonista il fantasma di un vecchio pirata, Gasparone. Alla fine è Topolino stesso a diventare fantasma onorario. Sequenze con i fantasmi, sempre intesi come presenze reali, si trovano anche in altre storie di Gottfredson dell’epoca, ad esempio Topolino e il tesoro di Mook e Topolino tra le stelle.

Al di là degli spunti offerti, gran parte dei film animati e talvolta dei fumetti di Disney è suscettibile di letture approfondite in questa direzione. Incontestabile è la collocazione tradizionale dell’opera di Walt Disney. Attraverso i testi e i mezzi usati egli è riuscito ad incantare masse di spettatori, ancorché inconsapevoli, alludendo chiaramente ad una sapienza perenne e originariamente segreta.

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