Padri e figli più piccoli. "Il figlio più piccolo" e "Il cuore grande delle ragazze"

Filippo Mazzarella
Pupi Avati n. 10/2019
Padri e figli più piccoli.

Consigliato da un contabile ex seminarista, Luciano Baietti è un piccolo imprenditore che nel giorno del matrimonio con la madre dei suoi due figli scompare. Circa vent’anni dopo, divenuto uno dei più importanti immobiliaristi d’Italia grazie a una rete di potere costruita su sopraffazioni, ricatti, società fantasma a scatole cinesi e camarille con la classe politica, l’uomo è alla vigilia delle seconde nozze con una borghesaccia della Roma-bene; e rientra in contatto sia con la prima moglie, sempre cocciutamente innamorata di lui e pronta a perdonargli ogni porcheria, sia con il figlio minore Baldo, impacciato studente del DAMS che sogna di girare un film horror ed è felice della possibilità di ritrovare il genitore con cui non ha mai avuto rapporti. Teoricamente Baietti vorrebbe che il figlio diventasse il nuovo dirigente del suo impero, nonché testimone di nozze: lo sprovveduto ragazzo viene coinvolto in una serie di loschi maneggi con l’evidente secondo fine di evitare la galera al babbo.
Il figlio più piccolo (2010) chiude (temporaneamente: una postilla ancor più dolorosa e rivelatrice arriverà con Il ragazzo d’oro [2014]) quella che per Avati è stata nel primo decennio dei Duemila una trilogia sulla figura del padre iniziata con l’irrisolto La cena per farli conoscere (2006) e proseguita con il più riuscito Il papà di Giovanna (2008). Il personaggio di De Sica, così come i protagonisti dei due film precedenti, costituisce l’ennesima figura paterna avatiana dominata dall’egoismo e solo sfiorata dal senso di colpa, il cui maggior tratto distintivo sembra essere una condizione (fredda e consapevole) di assenza. Perché anche se il nocciolo del film pare risiedere altrove (la stigmatizzazione dell’Italia dei “furbetti”, lo sguardo grottesco sui potenti in caduta libera, ovvero su quelle figure che divengono sacrificabili nel momento in cui chi li ha sostenuti nell’ombra li abbandona in qualche misura a loro stesse; ma anche la necessità dei sognatori alla Voltaire di rivendicare il loro entusiasmo e ottimismo, malgrado questi ultimi finiscano con il divenire elementi di passività utili a sgombrare il campo alle “iene”) è evidente che quest’opera e questo nuovo tragicomico filibustiere vanno a ingrossare le fila di quella parte della filmografia dell’ultimo Avati volta a utilizzare il (suo) cinema come strumento di autoanalisi. La “denuncia” non gli interessa, il cinema “politico” non è mai stato nelle sue corde di narratore: quello che vuole, infatti, è ancora una volta usare il meccanismo di racconto per disegnare la storia di un uomo che non è mai diventato davvero un uomo per colpa del suo cinismo, contrapponendola a quella di un figlio a cui potrebbe toccare una sorte analoga come conseguenza del suo stesso agire.
Quanto di autobiografico (sospettiamo molto) risieda nella costruzione psicologica del protagonista («Non immorale, ma amorale», come giustamente notato da Morando Morandini) e nella misoginia (da più parti rimproverata al regista) nel tratteggio delle figure femminili, non viene mai esplicitato direttamente; ma tutta la “trilogia dei padri” vive di quella sorta di “doppia anima” dell’Avati senile (il termine è da intendersi esclusivamente in senso etimologico) che si ritrova anche nel successivo Una sconfinata giovinezza (2010) e soprattutto in Il cuore grande delle ragazze (2011). Nel suo continuo alternarsi tra passato e presente, Avati si sposta infatti per quest’ultimo titolo nella campagna bolognese degli anni Trenta. Per raccontare (anche) la storia di un altro padre: il ricco possidente terriero Sisto Osti, che pur di maritare una delle sue due zitellissime figlie naturali arriva a promettere una fiammante moto Guzzi a Carlino Vigetti, giovane analfabeta, immaturo, sessuomane e puttaniere in grado di far innamorare le donne grazie al suo irresistibile alito profumato al biancospino. Il ragazzo accetta, ma al rientro da Roma della bella Francesca, figlia adottiva di Osti, il suo corteggiamento prende altre strade. La passione tra la figliastra e Carlino sboccia e Sisto deve capitolare, ma dopo il matrimonio l’indole irresponsabile del genero non cambierà. Anche qui, fin dal titolo, Avati sembra voler raccontare altro: e affrontare con le armi della favola il biasimo “ideologico” per l’antifemminismo fascista, in un’epoca in cui le donne dovevano avere il cuore “grande” per sopportare il tradimento come elemento ineluttabile e congenito alla vita di coppia secondo il modello della concezione virile mussoliniana.
Ma, a conti fatti, anche in questo caso il tema “dichiarato” del film rischia di finire in secondo piano rispetto alla rappresentazione (qui pure affrontata con le armi del grottesco) di un duplice e parimenti manchevole rapporto tra padri e figli: quello opportunistico tra Osti e le sue tre donne e quello invece minato dall’ignoranza tra Adolfo e Carlino. Quest’ultimo è ancora una volta un “figlio più piccolo”, a suo modo naïf e forse inconsapevolmente intenzionato – per reazione – a emanciparsi dalla meschinità della figura genitoriale. Ma, come il Baldo di Nicola Nocella, è probabilmente destinato all’errore come conseguenza di una presenza paterna inesistente o inefficace. E non a caso, come detto, il successivo film per il cinema di Avati sarà Un ragazzo d’oro, quête esistenziale di un figlio alienato fino alla depressione dal rapporto con un padre odiato per tutta la vita e morto probabilmente suicida. Amare Il figlio più piccolo e Il cuore grande delle ragazze, anche per i fan del regista di stretta osservanza, non è semplice: all’interesse per le componenti più intime e private dei sottotesti si fatica a coniugare un vero entusiasmo per storie fragili e sceneggiature minate da qualche stanchezza, pur riconoscendo ad Avati la coerenza stilistica e la fedeltà al suo mood. Più semplice è invece apprezzare come sempre il grande lavoro che è in grado di fare sugli attori, trasformando radicalmente quelli già famosi e scoprendo le qualità intrinseche di quelli esordienti (o quasi). Nello specifico, la credibilità drammatica che (come già con Massimo Boldi in Festival [1996]) riesce a conferire a una maschera solitamente esondante del cinema popolare italiano come De Sica in Il figlio più piccolo, titolo che vive soprattutto della prima vera, grande occasione da coprotagonista di Nocella, straordinario nell’essere tanto più credibile quanto più il copione rischia di renderlo improbabile; nonché l’intuito con cui, contro ogni pronostico (vedi alla voce Un amore perfetto di Valerio Andrei [2002], l’unica sua altra, disastrosa, interpretazione), riesce a convertire in un curioso punto di forza di Il cuore grande delle ragazze la sostanziale inesperienza dell’ex Lùnapop Cesare Cremonini.

 

CAST & CREDITS

IL FIGLIO PIÙ PICCOLO

Regia: Pupi Avati; soggetto: Pupi Avati; sceneggiatura: Pupi Avati; fotografia: Pasquale Rachini; montaggio: Amedeo Salfa; musiche: Riz Ortolani; interpreti: Christian De Sica, Laura Morante, Nicola Nocella, Luca Zingaretti, Massimo Bonetti, Giulio Pizzirani; produzione: DueA Film, Medusa Film; origine: Italia, 2010; durata: 105’; home video: dvd Medusa; colonna sonora: inedita.

IL CUORE GRANDE DELLE RAGAZZE

Regia: Pupi Avati; soggetto: Pupi Avati; sceneggiatura: Pupi Avati; fotografia: Pasquale Rachini; montaggio: Amedeo Salfa; musiche: Lucio Dalla; interpreti: Cesare Cremonini, Micaela Ramazzotti, Gianni Cavina, Isabelle Adriani, Andrea Roncato, Massimo Bonetti, Sydne Rome, Erika Blanc; produzione: DueA Film, Medusa Film; origine: Italia, 2011; durata: 85’; home video: dvd Medusa; colonna sonora: inedita.

[Vai all'indice]

Scarica il pdf

Ultime uscite

François Ozon

François Ozon

Inland n. 2/2016
Il secondo numero di INLAND è il primo volume dedicato in Italia a François Ozon. Regista tra i generi, firma sfuggente all’etichetta d’autore, nei suoi film Ozon fa riverberare echi [...]
Fiume Diciannove - Il Fuoco sacro della Città di Vita
1919-2019. Un secolo fa Gabriele d’Annunzio entrava in Fiume d’Italia, dando vita a quella che sarebbe stata una rivoluzione durata cinquecento giorni. Un’atmosfera febbricitante e festosa, ma anzitutto sacra, qui [...]
Aldo Lado

Aldo Lado

Inland n. 9/2019
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai [...]
Dylan Dog - Nostro orrore quotidiano
Detective dell’Occulto, Indagatore dell’Incubo, Esploratore di Pluriversi: come definire altrimenti Dylan Dog, dal 1986 residente al n. 7 della londinese Craven Road? Le sue avventure – che affrontano tutti gli [...]
Dino Buzzati - Nostro fantastico quotidiano
Vi sono autori, come disse una volta Conan Doyle, che «hanno varcato una porta magica». Tra questi spicca Dino Buzzati, che ha condotto il fantastico nel cuore pulsante della materia. [...]
William Lustig

William Lustig

Inland n. 13/2020
Gennaio 2015, riunone di redazione: si discute a proposito della nascita di INLAND. Quaderni di cinema. A chi dedicare i primi tre numeri? Idee tante, unanimità poca. Restano quattro progetti, [...]
Jorge Luis Borges - Il Bibliotecario di Babele
Jorge Luis Borges è un autore oceanico, un crocevia di esperienze, storie, civiltà e piani dell’essere, un caleido­scopio nel quale il passato si fa futuro e il futuro si rispecchia [...]
Antonio Bido

Antonio Bido

Inland n. 11/2019
Girata la boa del decimo numero, INLAND. Quaderni di cinema compie altri due significativi passi in avanti. Innanzitutto ottiene il passaporto. A rilasciarlo è stato il Paradies Film Festival di Jena [...]
Carlo & Enrico Vanzina

Carlo & Enrico Vanzina

Inland n. 7/2018
INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel [...]
Lav Diaz

Lav Diaz

Inland n. 3/2017
È da tempo che noi di INLAND pensiamo a una monografia dedicata a Lav Diaz. Doveva essere il numero #1, l’avevamo poi annunciato come #2, l’abbiamo rimandato in entrambe le [...]
Mike Flanagan

Mike Flanagan

Inland n. 16/2023
Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene [...]
Manetti Bros.

Manetti Bros.

Inland n. 14/2022
Febbraio 2020. Inland. Quaderni di cinema numero #13 va in stampa con una nuova veste. Brossura, dorso rigido, grammatura della copertina aumentata. Il numero è dedicato a William Lustig, alfiere [...]
Lune d'Acciaio - I miti della fantascienza
Considerata da un punto di vista non solo letterario, la fantascienza può assumere oggi la funzione un tempo ricoperta dai miti. I viaggi nello spazio profondo, le avventure in galassie [...]
Rob Zombie

Rob Zombie

Inland n. 1/2015
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e [...]
Pupi Avati

Pupi Avati

Inland n. 10/2019
Numero #10. Stiamo diventando grandi. Era da tempo che pensavamo a come festeggiare adeguatamente questa ricorrenza tonda, questo traguardo tagliato in un crescendo di sperimentazioni editoriali, collaborazioni, pubblicazioni sempre più [...]
Philip K. Dick - Lui è vivo, noi siamo morti
Celebrato in film, fumetti e serie tv, Philip K. Dick ha stregato gli ultimi decenni del XX secolo. Ma il suo immaginario era talmente prodigioso che, a furia di sondare [...]
Sergio Martino

Sergio Martino

Inland n. 5/2017
Giunto al quinto numero, INLAND. Quaderni di cinema affronta uno snodo cruciale, fatto di significative ed emblematiche svolte che segnano uno scarto, un’apertura rispetto alla precedente linea editoriale. Innanzitutto la scelta del [...]
Carlo Verdone

Carlo Verdone

Inland n. 12/2019
"Vi ho chiesto di mettere la mia moto Honda Nighthawk in copertina perché su quella moto c'è passato il cinema italiano. Su quella moto io sono andato e tornato da [...]
Rob Zombie Reloaded

Rob Zombie Reloaded

Inland n. 8/2019
Giunto all’ottavo fascicolo, INLAND. Quaderni di cinema riavvolge per un attimo la pellicola della sua breve ma significativa storia, tornando a percorrere i passi compiuti nel 2015 quando aveva aperto [...]
America! America? - Sguardi sull'Impero antimoderno
L’impero statunitense ha sempre generato nella cultura italiana reazioni contrastanti, che spaziano da un’esaltazione semi-isterica a una condanna a priori, altrettanto paranoica. Sembra sia pressoché impossibile, per chi si confronta [...]
Dario Argento

Dario Argento

Inland n. 15/2022
Tutto è nato da Occhiali neri (2022). Dalla sua visione, certo, ma anche dal dibattito che il film ha riaperto a proposito di Dario Argento e di tutto ciò che [...]
Walt Disney - Il mago di Hollywood
«Credo che dopo una tempesta venga l’arcobaleno: che la tempesta sia il prezzo dell’arcobaleno. La gente ha bisogno dell’arcobaleno e ne ho bisogno anch’io, e perciò glielo do». Solo un [...]
4-4-2 - Calciatori, tifosi, uomini
Nel calcio s’intrecciano oggi le linee di forza del nostro tempo; talvolta vi si palesano le sue fratture, i suoi non-detti. Ecco perché il quattordicesimo fascicolo di «Antarès» è dedicato [...]
Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn

Inland n. 4/2017
Perché Nicolas Winding Refn? La risposta è semplice: perché, piaccia o no, è un autore che, più di altri, oggi ha qualcosa da dire. Sebbene sempre più distante dalle logiche [...]
Michele Soavi

Michele Soavi

Inland n. 6/2018
Il nuovo corso di INLAND. Quaderni di cinema, inaugurato dal numero #5, dedicato a Sergio Martino, è contraddistinto da aperture al cinema italiano, al passato, a trattazioni che possano anche [...]

Ultimi post dal blog

Fabrizio Fogliato è un esperto di cinema e in particolare del cinema dei generi. Da anni pubblica regolarmente saggi e analisi che diventano punti di riferimento per il mondo del cinema. Lo scorso anno ha mandato in stampa un nuovo importante volume intitolato Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano. Lo abbiamo intervistato per farci spiegare di che cosa si tratta e in che modo ha analizzato il cinema criminale della Penisola. Partiamo dal titolo. Come mai ha scelto Con la rabbia agli occhi, che è anche il titolo di un film degli anni 70? Con la rabbia [...]
Benedetta Pallavidino ha raccontato un attore molto controverso nel suo Helmut Berger. Ritratto su pellicola, edito da Bietti Edizioni nella collana Fotogrammi. L’abbiamo intervistata. L’attore classe 1944 è scomparso il maggio scorso ed è stato interprete di tanti capolavori tra cui diversi film di Luchino Visconti con cui ebbe anche una relazione. Ecco le sue parole sull’artista: Come nasce la tua voglia di andare a raccontare un personaggio controverso come Helmut Berger? Nasce dal fatto che l’ho sempre trovato un attore molto sottovalutato, ricordato solo per essere stato il divo e il compagno di Visconti. È sicuramente vero che diretto da [...]