Saudade verdeoro

Gianpiero Mattanza
4-4-2 – Calciatori, tifosi, uomini n. 14/2019
Saudade verdeoro

Ci sono eventi, nella vita di un uomo, che cambiano la visione delle cose, forse il ritmo stesso dell’esistenza. In base all’equazione personale di ognuno, rendono questo “battito” più rapido, martellante, oppure sognante e disteso. Da settant’anni almeno, per moltissimi questi eventi segnanti sono da ricondurre al mondo del calcio: una partita, un gol, un campione possono fare la differenza, dando una svolta decisiva. Per Leonardo Corsi, procuratore sportivo (calcistico, nella fattispecie) di professione, il momento del Cambiamento è arrivato con i mondiali di Spagna ’82. Gloria italiana, disfatta brasiliana: in quel torneo si verificò infatti la “Tragedia del Sarrià”, quando il Brasile venne eliminato dall’Italia di Bearzot in una delle partite più importanti e amate della storia. La Seleção portava in giro per il mondo (attraverso la tv, la radio o la “semplice” leggenda) nomi come Falcão, Sócrates e Zico, solo per citare i più celebri. È stato però quest’ultimo – all’anagrafe Arthur Antunes Coimbra – a dare il “la” ad una metamorfosi interiore nel giovanissimo appassionato fiorentino. Zico fu quel calciatore che, nella lucente Italia degli anni Ottanta, riuscì a unire tifoserie avverse su un calcio di punizione, nella generale speranza che segnasse (poco importava, davanti alla grazia di quel tiro brasileiro, che il gol fosse subito dalla squadra del cuore). Lo stile, l’audacia, la forza di O Galinho – il galletto – hanno portato la concezione del calcio di Corsi ad un livello ulteriore.

Per l’autore il battesimo della pelota avviene, come per tutti, in strada, giocando con gli amici. Ancora non sa che di mestiere contatterà i potenziali professionisti per diventare la loro guida nel vasto mare del calcio professionistico. Tutto inizia attorno alla Fiorentina, squadra che l’autore ama più di tutte. Infinite gare guardate, moltissimi giocatori tenuti sott’occhio sin dalle giovanili. E non è un lavoro facile, perché in Italia (come nel resto d’Europa e in America Latina) ci sono legioni di ragazzini di talento, di cui solo pochissimi arriveranno al professionismo. Con il tempo Corsi riuscirà a distinguere tra loro gesti molto simili, selezionando da un differente angolo di tiro o da una diversa movenza dell’anca il ragazzino talentuoso da quello semplicemente bravo, che al massimo arriverà al dilettantismo. In seguito, i primi contratti con i grandi nomi delle big del calcio.

Questa eperienza, narrata con seria leggerezza, ha dato vita al recentissimo Per colpa di Zico, un libro allegramente amaro: un’autobiografia che sembra più un’antologia di racconti di letteratura contemporanea, con brevi incursioni nello stile di Brera e Galeano. Un libro allegro e gioioso, dicevamo, perché ripercorre le tappe fondamentali della vita dell’autore, attraverso i ricordi più vividi degli anni d’oro, ma anche amaro, perché consapevole dell’enorme cambiamento (per molti, quasi tutti, negativo) che il calcio ha subito negli ultimi decenni. Un libro scritto dietro le quinte, destinato sia ai nostalgici del calcio che fu, sia a tutti coloro che non conoscono bene il mestiere del procuratore calcistico, mondo dai più ignorato – e, forse, guardato con sospetto – almeno quanto quello degli ultras. Una confessione nel nome del pallone, che riassume il romantico perché di una scelta controcorrente.

Leonardo Corsi, Per colpa di Zico, Maschietto Editore, Firenze 2018, pp. 208, € 18,00.

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