
«She’s dead. Wrapped in plastic».
È esterrefatto, Pete Martell, gli occhi che sporgono dalle orbite, la voce strozzata dalla paura. Non sa ancora – e noi con lui – nemmeno chi sia, quella morta avvolta nella plastica, mentre telefona allo sceriffo Truman, ma non importa: c’è un cadavere di donna abbandonato sul bordo del fiume e da questo momento nulla, per nessuno, sarà mai più come prima.
I casi in cui possiamo rintracciare con precisione i punti di svolta, le scintille rivoluzionarie, gli istanti che sovvertono il paradigma sono rari, eppure proprio questo accade nel 1990 con I segreti di Twin Peaks: il piccolo schermo non sarà più lo stesso, dopo l’omicidio di Laura Palmer. I prodromi del cambiamento sobbollivano già da tutti gli anni Ottanta, mentre la serialità episodica si lasciava contaminare dalle trame orizzontalissime della soap opera, ma è stata indubbiamente la serie di David Lynch e Mark Frost a segnare un prima e un dopo, a modificare il modo stesso in cui ci affacciamo al tubo catodico.
Non è probabilmente per questo che Pete Martell – e, dopo di lui, ogni singolo abitante di Twin Peaks raggiunto, al telefono o di persona dalla terribile notizia – è tanto affranto: il fatto è che cose così, omicidi tanto efferati e brutali di belle e giovani ragazze bionde, non succedono, nelle città di provincia. Nelle città di provincia il caffè sa di paradiso e così la torta di mele, l’aria è pervasa di musica e di un delizioso profumo silvestre, tutti sono accoglienti e cortesi con chiunque. Questa, almeno, è l’indispensabile premessa, così simile alle narrazioni mediatiche di tanti fattacci di cronaca nera cui dobbiamo fingere di credere affinché il gioco funzioni: perché, specialmente dopo I segreti di Twin Peaks, tutte le tranquille città di provincia s’assomigliano. Ciascuna è infelice, corrotta e misteriosa a modo suo. Dalla Wisteria Lane di Desperate Housewives alla Seattle di The Killing, dalle Alpi francesi di Les Revenants alla Lucca di Delitti privati.
Delitti privati: quattro episodi di fiction Rai diretti da Sergio Martino, con Edwige Fenech protagonista assoluta (ma circondata da un cast foltissimo) e pure coproduttrice. Le puntate arrivano sull’ammiraglia pubblica tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio del 1993, a un anno e mezzo dalla fine della prima messa in onda di I segreti di Twin Peaks che, dopo quelli americani, aveva ossessivamente incollato agli schermi di Canale 5 anche i telespettatori italiani. Se la misura di un successo planetario si rileva anche mappando la quantità di rivisitazioni, remake, parodie, citazioni più o meno ufficiali dell’originale, Delitti privati (che nelle serate di messa in onda registra ascolti ragguardevoli e sempre in crescita) serve indubbiamente a tracciare l’onda d’urto di Twin Peaks: le similitudini sono talmente tante da dirimere ogni dubbio.
Tutto comincia – e come potrebbe essere altrimenti? – con un omicidio: Marco Pierboni, imprenditore e rampollo della famiglia più in vista di Lucca, è ucciso in una notte buia e tempestosa. La mattina dopo il suo corpo viene ritrovato in un’auto, vicino alla sua fabbrica, ma noi sappiamo che l’uomo è stato assassinato altrove, precisamente in una villa fuori città che scopriremo essere parte dell’antico patrimonio familiare. E, anche se non abbiamo visto l’assassino, sappiamo che c’era qualcun altro, quella notte, a guardare. È un caso da prima pagina, se ne interessano tutti i giornali. La cronista Nicole Venturi, francese trapiantata in Toscana da qualche anno, sa di avere qualche marcia investigativa in più: un rapporto privilegiato con il capo della polizia Avanzo e amichevoli relazioni con gran parte della cittadinanza. Promette al più presto alla sede centrale romana del quotidiano per cui lavora un articolo dettagliato e si mette a sondare tutte le proprie fonti, ignara del fatto che la più devastante delle tragedie sta per colpirla: anche sua figlia Sandra, bellissima e talentuosissima studentessa del locale conservatorio, è morta. Dopo un’affannosa ricerca, il corpo senza vita della ragazza viene ritrovato sulla riva di un corso d’acqua: non è avvolto nella plastica, però, forse perché la citazione sarebbe suonata eccessiva, o forse perché il pubblico medio di Rai Uno non era ancora pronto.
Più che la moltitudine di referenti testuali e non, di I segreti di Twin Peaks questa miniserie sembra volere ricalcare la struttura: l’ibridazione tra intrigo giallo e trame soapoperistiche, una tela di relazioni che si dipana, potenzialmente all’infinito, a partire dal primo omicidio. Come fosse il proverbiale sasso nello stagno, il delitto Pierboni genera cerchi concentrici di rapporti interrelati e sovrapposti: scopriamo subito che l’uomo aveva un’amante – tale Milena, proprietaria di una discoteca e sposata con un galeotto – sulla quale s’indirizzano i primi inevitabili sospetti, ma anche che la moglie di Marco Pierboni, Daniela, ha a sua volta un affair, per la precisione con uno dei due soci del marito. L’altro socio sa della tresca e sa anche che Marco voleva chiedere il divorzio, così ricatta Daniela in cambio del silenzio. Ci sono poi la matriarca Matilde, che domina la famiglia con pugno di ferro e s’accompagna continuamente al dottor Guido Braschi, il fratell(astr)o Massimo – che scommette ai cavalli ed è sempre a corto di soldi – e il figlio Filippo, che odiava suo padre ed è compagno di scuola di Sandra. A proposito: sul versante teen si aggiungono la timida orfana Chiara Malvini, migliore amica di Sandra, e Paolo Roversi, il fidanzato che la ragazza aveva mollato poco prima di morire, perché inspiegabilmente innamorata del Pierboni. La madre di Paolo, tra l’altro, è una medium e viene convocata da Matilde Pierboni per organizzare sedute spiritiche in cerca d’indizi sul delitto. Non mancano il lascivo professor Mauri, che spiava Sandra dalla finestra di fronte, la fulva proprietaria di boutique Anna, amica di Nicole coinvolta in strani traffici, e Severa, domestica di casa Pierboni.
La moltiplicazione dei personaggi è naturalmente funzionale a quella delle piste investigative, false o sensate, un accumulo di red herring che diluisce su quattro segmenti da un’ora e mezza la ricerca del colpevole: dal momento che praticamente ogni persona collegata a Pierboni ha un movente per ucciderlo e un alibi volatile, il materiale narrativo e le possibilità di ribaltamenti e colpi di scena abbondano. Non sono certo espedienti nuovi… Gli sceneggiatori Laura Toscano e Franco Marotta conoscono – e cominciano qui ad affinare – gli strumenti del mestiere: i due hanno iniziato a lavorare per il piccolo schermo da qualche anno (sceneggiando insieme a Giorgio Capitani la miniserie Il coraggio di Anna, tra l’altro, hanno già incontrato Edwige Fenech e Ray Lovelock) e saranno poi artefici di alcuni tra i maggiori successi della fiction Rai anni Novanta, come Il maresciallo Rocca, dove gestiranno con maggior agio le trame poliziesche, e Commesse, che li vedrà nuovamente impegnati a coordinare una discreta quantità di personaggi principali. L’ispirazione sfacciata a I segreti di Twin Peaks, però, si palesa anche nel disequilibrio di scrittura : si cerca di fare un calco della serie americana, ma senza la competenza sufficiente a maneggiare davvero l’impasto o forse senza la libertà creativa per andare fino in fondo.
Per questo, la prima puntata è senza dubbio la più riuscita, a partire dall’interessante prologo senza dialoghi: un concerto in cui la splendida Sandra (una giovanissima Vittoria Belvedere pre-Graffiante desiderio [1993]) si esibisce a teatro mentre la camera individua i futuri protagonisti della storia, iniziando già a tracciare silenziosamente i legami relazionali che impareremo a conoscere. Gli sceneggiatori, poi, scelgono di lasciare l’omicidio della ragazza al cliffhanger finale dell’episodio 1. Sfuggono alla tentazione di sottolineare l’ovvio e fanno in modo che sia lo spettatore a scoprire, poco a poco e con la guida della protagonista Nicole, gli abitanti di questa Lucca fittizia e il loro coinvolgimento nel caso. Soprattutto, lasciano lievitare l’assenza di Sandra che, a eccezione del succitato prologo, non vediamo più: mentre Nicole, ignara, l’aspetta e Chiara, preoccupata, la cerca, la tensione cresce fino all’esplosione dolorosa del ritrovamento conclusivo. La prima puntata, densa di semine, allusioni, presentazioni e posizionamenti di pedine, è evidentemente anche quella che concede a Martino maggiori possibilità di pescare nella propria esperienza di regista di genere: la sequenza dell’omicidio, l’insistenza sull’elemento voyeuristico, l’evocazione orrorifica della seduta spiritica e dell’allucinazione di Chiara alla villa abbandonata costituiscono indubbiamente le vette di tensione e i momenti di maggior interesse della miniserie. Non che la mano di Martino si perda del tutto nelle puntate successive, vedi le scene d’inseguimento – talvolta velocizzate, come da prassi del bis nostrano – del povero Paolo Roversi, le atmosfere sempre inquietanti di Villa Pierboni, l’omicidio contro il vetro del privé della discoteca di Milena e, in generale, la presenza luciferina del gatto di Nicole, cui nell’episodio 1 viene addirittura concessa una soggettiva e che sembra sempre sentire il pericolo, soffiarvi contro e contemporaneamente osservarlo con occhi imperscrutabili.
Ci sono poi una quantità di elementi superficiali attraverso cui Delitti privati fa platealmente il verso a Twin Peaks, a cominciare dalla colonna sonora: composta da Natale Massara e sostenuta dalle canzoni Le ombre del giardino e Se ti va cantate da Milva, insegue le note voluttuose dell’inconfondibile score di Angelo Badalamenti, con l’irrompere frequente di una sequenza melodica estremamente simile a quella confezionata dal musicista per la serie Usa. È un dettaglio a maggior ragione rimarchevole, dal momento che proprio la realizzazione di una colonna sonora originale – e a tal punto distintiva – è una delle caratteristiche che segnano la straordinarietà di I segreti di Twin Peaks all’interno del panorama televisivo coevo.
E non bisogna poi dimenticare gli oggetti, quasi un catalogo di quello che lo spettatore dell’epoca, anche occasionale, identificava con Twin Peaks: ecco allora il diario di Sandra (durante la messa in onda della serie di Lynch e Frost era stato pubblicato il libro Il diario segreto di Laura Palmer, scritto da Jennifer Lynch e da noi distribuito anche da «TV Sorrisi e Canzoni») e i filmini delle vacanze guardati e riguardati ossessivamente, quasi a cercare una resurrezione della ragazza dentro lo schermo. Ecco le linee narrative dei liceali, che si riallacciano a tutta la parte teen drama di Twin Peaks. Sandra è ovviamente un doppio di Laura (così come Chiara lo è di Donna Hayward e, per un certo periodo, quando finisce in ospedale, di Ronette Pulaski) anche se lo è in modo edulcorato, per il pubblico di Rai Uno: nessuna storia di droga o prostituzione alle spalle, nessuna possessione maligna, nessuna molestia sessuale. Solo l’improvviso – e improbabile – amore per l’ambitissimo Marco Pierboni e la sfortuna di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato.
La testardaggine con cui si tenta di riprodurre la formula Twin Peaks è visibile a ogni passo, e, con essa, il tentativo di cercare nuove strade per la fiction nostrana. Purtroppo il confronto è impietoso e qualsiasi interesse suscitato dall’incipit si annacqua, negli episodi successivi, in una grammatica da soap: ritmo lento e ripetitivo, primi piani intensi alternati a riprese di tre quarti, recitazione al minimo sindacale, lunghi sospiri e un senso del melodramma posticcio mai supportato dalla messa in scena. L’inserimento della seduta spiritica è emblematico di un modo di rifare il modello tutto di superficie: si convoca l’elemento soprannaturale per suggerire una vicinanza con la surrealtà inquietante di Lynch e Frost, ma il tutto viene abbandonato in fretta al proprio destino, senz’alcuna ripercussione su trama e personaggi. Quel che I segreti di Twin Peaks possedeva e ha permesso alla serie di cambiare le regole del gioco televisivo – quel che invece a Delitti privati manca del tutto – è un livello ulteriore di meta-consapevolezza: anche lo show americano era a tutti gli effetti una soap opera, ma lo era in piena coscienza e, contemporaneamente, si faceva critica, perfino affettuosa, sempre ironica e dannatamente divertente della soap stessa. Qualsiasi genere affrontasse – giallo, thriller, mélo, poliziesco, teen drama, horror, commedia –sapeva trasfigurarlo in un distillato originale e irripetibile, bizzarro e seducente, e allo stesso tempo sfruttarne i topoi come leva spettacolare o strumento narrativo, senza temere mai di lasciare allo spettatore il compito di decidere da sé come muoversi in questo labirinto.
Delitti privati, pur con incontestabile buona volontà, finisce per assomigliare più che altro a Invitation to Love, la finta soap opera che illumina costantemente i televisori sempre accesi dentro le case di Twin Peaks. La detection prende progressivamente il sopravvento e di originale, una scena dopo l’altra, resta ben poco: del resto, il colpevole è sempre il maggiordomo.
CAST & CREDITS
Regia: Sergio Martino; soggetto: Laura Toscano, Franco Marotta; sceneggiatura: Laura Toscano, Franco Marotta; fotografia: Giancarlo Ferrando; scenografia: Ezio Altieri; costumi: Vera Cozzolino; montaggio: Eugenio Alabiso; musiche: Natale Massara; interpreti: Edwige Fenech (Nicole Venturi), Ray Lovelock (commissario Stefano Avanzo), Lorenzo Flaherty (Paolo Roversi), Paolo Malco (Massimo Pierboni), Gudrun Landgrebe (Daniela Pierboni), Alida Valli (Matilde Pierboni), Vittoria Belvedere (Sandra Durani), Victoria Vera (Anna Selpi), Davide Bechini (Filippo Pierboni), Silvia Mocci (Chiara Malvini), Athina Cenci (Severa Scali), Gabriele Ferzetti (dottor Guido Braschi), Maja Maranow (Milena Bolzoni), Laurent Terzieff (professor Carlo Mauri), Joe Kloenne (Marco Pierboni); produzione: Rai Uno, Immagine e Cinema, Beta Taurus; origine: Italia, 1993; durata: 4 episodi da 83’; home video: inedito; colonna sonora: inedita.