
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai così vasto (27 penne) ed eterogeneo (per formazione, stile e provenienza) nella breve ma non brevissima storia di questi fascicoli monografici. Lo è poi nel numero dei saggi ospitati (ben 29), che affrontano la materia secondo le direttrici più disparate ed eccentriche, andando a comporre una ragnatela di senso/i fitta e compiuta. Lo è, infine, in funzione della materia trattata, appunto, ovvero un autore nel senso più pieno e letterale del termine: Aldo Lado, sceneggiatore, regista, produttore, editore, romanziere. Artista.
Stimolati dall’interesse del FI PI LI Horror Festival di Livorno – con cui rinnoviamo il sodalizio editoriale, dopo il felice debutto del 2018 con il numero #5 dedicato a Michele Soavi – abbiamo scelto di considerare l’attività di Lado nella sua totalità, accettando una sfida inedita e per nulla semplice. Conosciuto e apprezzato in tutto il mondo per la sua carriera cinematografica – soprattutto quella anni Settanta, che ha consegnato al culto pellicole come La corta notte delle bambole di vetro, Chi l’ha vista morire?, L’ultimo treno della notte e L’umanoide – Lado ha recentemente intrapreso un felice percorso letterario con la sua casa editrice Angera Films. La lettura dei romanzi Un pollo da spennare e Il mastino ci ha sorpresi e coinvolti, al punto da indirizzare questa pubblicazione verso una struttura il più possibile aperta. E poiché le parole di Lado sul suo cinema si sono negli anni accumulate, esaurendo o quasi l’argomento, l’intervista che apre INLAND #9 verte sulla sua neonata carriera di scrittore, risultando di fatto inedita. Segue un percorso multidisciplinare, che nella sezione Profili si affida alle penne di Riccardo Bruno (editor del Nostro) e Rocco Moccagatta per restituire l’eclettismo – da una parte letterario, dall’altra cinematografico – di un’anima creativa in continuo fermento.
La sezione Confluenze rispetta la sua vocazione centrifuga tirando fili che dal cinema conducono alla paura, all’arte di Roman Polanski, alla musica di Ennio Morricone – che per Lado ha realizzato ben nove colonne sonore – e ai progetti rimasti incompiuti e confluiti nel libro I film che non vedrete mai (e qui Donato Dallavalle chiude mirabilmente l’arco cine-letterario interno al numero). Queste Confluenze sono anche il luogo in cui INLAND si fa per la prima volta internazionale, accogliendo con gratitudine e orgoglio i contributi di firme importanti del panorama critico europeo: Gilles Esposito («Mad Movies») e Antonio José Navarro («Dirigido por») regalano gemme di saggistica breve che impreziosiscono il quaderno, mentre il giovane critico Jan Švábenický da Nový Jičín – Repubblica Ceca, luogo particolarmente caro al regista di Malastrana, la cui sensibilità mitteleuropea è cosa nota – si occupa di sviscerare la collaborazione Lado-Morricone.
Infine, il comparto Audiovisivi punta l’occhio di bue, noblesse oblige, sul Lado regista e, titolo dopo titolo, ne ripercorre la filmografia tra cinema e televisione, senza tralasciare nulla eccetto il tv movie Password. La tastiera muta, ormai irreperibile e dimenticato persino dal regista. Da La corta notte delle bambole di vetro a Il Notturno di Chopin, passando per i popolarissimi La cosa buffa e La cugina, ma anche per i misconosciuti Il prigioniero e La chance, ogni opera viene sviscerata da voci diverse, tutte capaci di cogliere le sempre differenti particolarità espressive, drammaturgiche e produttive di un cineasta in fervente e incessante mutamento. Se Marco Locatelli, Mauro Gervasini, Marcella Leonardi, Mariangela Sansone, Andrea Giorgi, Ruggero Adamovit, Mirko Guerrieri, Filippo Mazzarella e Mario Gerosa trovano intriganti (e in buona parte innovative) chiavi d’accesso alle pellicole più note grazie al loro comprovato acume analitico, Massimiliano Martiradonna, Marco Compiani, Maria Sole Colombo, Ilaria Floreano, Fabio Melelli, Fabrizio Fogliato, Manlio Gomarasca e Davide Pulici vestono i panni degli archeologi, esplorando gli anfratti più nascosti della produzione ladiana, soprattutto televisiva.
Infine, al centro del quaderno troneggiano alcuni preziosi scatti dai set dei cult del thriller ladiano, frutto di una ricerca che non è riduttivo definire archeologica: di questo ricco, prismatico, fittissimo numero siamo davvero orgogliosi.