"Solamente nero", 40 anni dopo. Antonio Bido intervista Capolicchio, Casini, Cipriani, Simonetti e Avati

Antonio Bido n. 11/2019

 

a cura della redazione

Il testo che segue è la trascrizione del segmento dedicato a Solamente nerodella docufiction autobiografica di Antonio Bido I miei sogni in pellicola (2019). In esso il regista – che ci concede questi materiali in via esclusiva – ha inserito le interviste da lui realizzate nel 2018 agli attori protagonisti Lino Capolicchio e Stefania Casini, ai compositori Stelvio Cipriani e Claudio Simonetti e a Pupi Avati, il cui La casa dalle finestre che ridono (1976) è stato spesso accostato a Solamente nero. Per ragioni di filologia, la redazione ha optato per una trascrizione integrale del frammento, alternando le voci secondo la scansione data in montaggio dall’autore.

ANTONIO BIDO (VOCE NARRANTE): Dopo il successo di Il gatto dagli occhi di giada (1977), la P.A.C. mi chiamò e mi disse di preparare subito un altro giallo. Avrei voluto tornare alla carica con il mio primo soggetto, La casa sull’acqua, ma la P.A.C. sperava di ripetere, con un altro giallo, il successo del primo film. Il capo della P.A.C., Pietro Bregni, mi disse: «Caro Bido, lei ormai ha conquistato la nostra fiducia. Faccia come vuole, scelga i suoi collaboratori e ci porti una bella sceneggiatura». Avendo carta bianca decisi che avrei fatto un giallo molto più miorispetto al primo e non avrei accettato imposizioni né, tantomeno, revisioni. Fortunatamente andò proprio così. Dietro l’angolo il terrore – titolo poi cambiato dalla P.A.C. in Solamente nero(1978) – è un film più personale rispetto alla mia prima regia. L’ho realizzato quasi come reazione a Ilgatto dagli occhi di giada, che era una via di mezzo tra quello che avrei voluto realmente fare e quello che ho accettato di fare. Certo, ho usato gli stilemi del genere, ma comunque Solamente nero è una pellicola più elegante, più autoriale, questo anche secondo la critica. Anche per il cast ebbi totale libertà e scelsi Lino Capolicchio – che era uno dei miei attori preferiti – e Stefania Casini, che aveva già fatto con la P.A.C. Suspiria di Dario Argento (1977). Craig Hill fu invece proposto dalla produzione e fu un’ottima scelta.

BIDO (A LINO CAPOLICCHIO): Caro Lino, all’epoca di Solamente nero tu eri già un attore famoso. Avevi lavorato con registi importantissimi come De Sica, Strehler, Avati, avevi partecipato a un film da Oscar come Il giardino dei Finzi Contini (1970) e avevi pure vinto come migliore interprete il David di Donatello. Io mi sono sentito molto onorato ad averti come protagonista, ma tu perché hai accettato di fare il film di un regista giovane?

CAPOLICCHIO: Quando mi hai dato da leggere la sceneggiatura sapevo che avevi fatto un film, un thriller, che aveva ottenuto un largo consenso. Poi ho letto questa cosa e mi è piaciuta molto. Ho trovato che ci fossero spunti molto interessanti e che fosse un film ben costruito sul piano della scrittura.

BIDO (A STEFANIA CASINI): Cara Stefania, eccoci qua. Parliamo un po’ di Solamente nero

CASINI: Ogni film è un po’ un pezzo della tua vita. Vivi con una troupe in maniera molto intensa per quel breve periodo e poi non ci si vede più, cominci un’altra vita. Però ti resta sempre qualcosa, ci sono delle immagini che rimangono fisse nella testa. Per esempio, mi ricordo che eravamo a Venezia. Una Venezia inusuale. Una Venezia che forse non si potrebbe più vivere, perché era inverno e c’erano queste nebbie, quest’atmosfera che induceva l’atmosfera del film. Non c’erano turisti… I canali, anche a Murano, avevano i muri che trasudavano umidità e mistero… Tu curavi molto questo aspetto un po’ misterioso dell’ambiente.

CAPOLICCHIO: Io ti ho sempre stimato e sono molto contento che il tuo film – il nostro film, ma insomma, il tuo film – abbia questo consenso generale. Perché te lo meriti: fare un buon thriller secondo me non è semplice. Se ne fanno tanti, ma perché Solamente nero colpisce più di altri? Evidentemente arriva da un regista che ha una sensibilità particolare. Quindi credo ci sia questo alla base: tu sei una persona con una sensibilità molto raffinata e nel film questo si nota, probabilmente.

CASINI: Sul set eri ansiosissimo, però non “giocavi” il ruolo del regista. Era molto interessante, perché intanto sembravi molto più giovane della tua età. Un piccolo lord! (ride, ndr). Ti comportavi un po’ come Peter Greenaway: sì “piccolo lord” però molto attento, di una pignoleria che rasenta la follia. E con una grande attenzione agli attori, un grande amore. Venivi lì da noi: «Voi siete pronti? Tutto bene? Stefania, va tutto bene? Possiamo cominciare? Sì? Bene, bene. Allora ciak, azione!» (sussurrando per imitare il regista, ndr). Ho un bellissimo ricordo di come dirigevi.

CAPOLICCHIO: Mi sono trovato molto bene con te, perché sei diretto e non usi sovrastrutture intellettuali. Vuoi arrivare immediatamente al risultato e capisci che per farlo bisogna semmai usare delle provocazioni. Non eccessive, ma comunque provocazioni.

BIDO (A PUPI AVATI): Non c’è una recensione di Solamente nero dove alla fine non venga citato La casa dalle finestre che ridono. Questo per due motivi: perché abbiamo lo stesso attore, Lino Capolicchio – che tra l’altro ha lo stesso nome, Stefano, in tutti e due i film – ma soprattutto per le atmosfere. Tu che ne pensi di questi paragoni?

AVATI: Penso che quei luoghi, come tutti i luoghi, contengano delle storie. Ho la sensazione che le storie ce le raccontino molto, i luoghi. Anche i personaggi, però soprattutto i luoghi. E non sarà un caso se tu, quando sei andato là, hai fatto un film che in qualche modo qualcuno, lusingandomi, dice che evoca un po’ qualche atmosfera mia. Entrambi, evidentemente, assomigliamo all’atmosfera di quel luogo.

BIDO (VICE NARRANTE): Solamente nero aveva un budget più alto di Il gatto dagli occhi di giada e quindi potei permettermi di ambientarlo nella laguna veneta. Girare a Venezia, rispetto a Roma, costava il doppio.

CASINI: Venezia, Hotel Londra, un hotel che non ho più dimenticato e nemmeno me lo sono più potuto permettere! Avevo una finestra che dava su piazza San Marco.

BIDO: Te la ricordi la scena che abbiamo fatto sull’acqua? (Casini nega con la testa,ndr) Tu e il protagonista andavate a fare un giro in gommone, ma Capolicchio non sapeva condurlo e aveva paura, (Casini fa cenno di ricordarsi, ndr) allora ti portai io e feci la controfigura di Capolicchio. La scena, poi, è venuta benissimo perché tu avevi paura veramente!

CASINI: Eri un po’ pazzo, sì…

BIDO (A STELVIO CIPRIANI): Caro Stelvio, noi abbiamo fatto un solo film insieme, Solamente nero, che però è il mio lavoro più personale e le tue bellissime musiche hanno contribuito molto al suo successo. A casa tua, qui, sono venuto più e più giorni. Stavamo al pianoforte: io ti raccontavo le varie scene, spiegandoti che tipo di suggestioni volevo; tu ti mettevi al piano e, in due-e-due-quattro, mi chiedevi, suonando: «Antonio, è questo?» – e io: «Cavolo, è questo, magnifico!». Come facevi?

CIPRIANI: Semplice professione. È come se vai in un bar, chiedi un caffè lungo e lo ricevi lungo. Lo chiedi ristretto? Il barista te lo prepara ristretto. È il mestiere. Sembra banale, però è così: tanta pratica e, come elemento in più, il dono di natura. Perché per la musica da film non bisogna essere eccezionalmente bravi. Bisogna, piuttosto, essere in condizione di saper fare quello che va fatto al momento giusto.

BIDO: Noi abbiamo inciso la musica alla Sala Forum, che era la più prestigiosa di Roma. L’emozione per me è stata grande, nel vederti dirigere l’orchestra per un mio lavoro. Ero un ragazzo al suo secondo film ed ero affascinato da tutto questo. Inoltre ti chiesi che i Goblin suonassero basso, batteria, sintetizzatore e chitarra, perché i Goblin allora erano piuttosto famosi. Tu mettesti Simonetti con il sintetizzatore all’interno della sala mixer e tra voi nacque una bella collaborazione: sapevi tirare fuori da lui tutto quel che ti poteva dare con il suo strumento particolare.

CIPRIANI: Sono stato entusiasta di averlo in sala con me. Lui a sua volta era contento: è stato un bell’incontro, artistico e professionale, che ha dato buoni frutti.

SIMONETTI: Nel 1978 dovevamo registrare la colonna sonora di Solamente nero. Dovevamo farla come Goblin, poi ci furono dei disaccordi fra le produzioni e la colonna la fece il peraltro bravissimo Stelvio Cipriani. Il quale, però, chiamò alcuni di noi a suonare, tra cui io. Suonai il sintetizzatore, il moog: all’epoca era uno strumento che non in tanti sapevano usare.

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