Se la metafisica di alcuni numeri di «Dylan Dog» opta per un viaggio a ritroso, altri episodi ci spingono invece in avanti, perlomeno sulla scala evolutiva: lungi infatti dall’essere giunta al termine della corsa, la nostra evoluzione continuerà – se tutto va bene – indefinitamente nel futuro, con esiti che, ovviamente, nessuno può prevedere. Il tema in questione riguarda soprattutto due episodi classici, il nono – Alfa e Omega – e il ventitreesimo – L’isola misteriosa.
Nel primo un oggetto volante non identificato cade nella campagna inglese: ne esce una creatura angelica, che si accoppia con una ragazza, Amy Irving, dopo averne soggiogato la volontà. I militari intervengono e circondano l’area dell’impatto, ma non prima che Amy e Dylan – che la ragazza ha assunto perché la aiuti a capire quel che le è successo – riescano a introdursi nella zona. Poco a poco emerge la sconvolgente verità: l’oggetto caduto è il primo vero missile lanciato nello spazio dagli esseri umani, una sonda americana partita nel 1953 – quattro anni prima dello Sputnik sovietico – il cui volo è stato mantenuto segreto perché a bordo l’esercito vi aveva piazzato una carica nucleare. Sul velivolo c’era un misterioso passeggero, battezzato Alfa – che poi si rivelerà essere uno scimpanzé –, il quale racconta a Dylan la sua esperienza nel cosmo: «Il satellite, come sai, uscì dall’orbita, e volò verso l’infinito. Puoi immaginarti quello che provavo? Solo, nel vuoto, andando incontro a quella morte così strana, così immensa? No, non puoi, nessuno può. Quello era il terrore; ciò che io ho seminato qui, oggi, è solo una piccola, ridicola paura […] ma in quel nulla io riuscii a sopravvivere. Sì. Contro la volontà degli uomini, io vivevo! Senza cibo, senza acqua, senza aria, vivevo. Non so che cosa accadde. Forse i raggi cosmici modificarono la struttura della bomba, forse mi nutrivo di energia, respiravo energia e il mio cervello, lentamente, cominciava a evolversi, a crescere; piano piano, l’angoscia scomparve, mi sentivo bene, molto bene. E capii che il mio viaggio non era senza fine, capii che avevo una meta là, oltre i confini del Sistema solare, in uno di quei luoghi arcani in cui una stella è giunta ai confini della sua evoluzione, è collassata, si è raccolta in un volume ridottissimo e tutto raccoglie in sé».
Al che Dylan esclama, sbigottito: «Un buco nero!».
E Alfa continua: «Per me, la luce. Il processo evolutivo della mia mente subì un’accelerazione vertiginosa. In pochi istanti percorsi e assimilai migliaia di anni di storia umana. Una storia di delitti e di morte, con pochi bagliori di vera intelligenza. E andai oltre, imparai l’universo, oltre la materia e il nulla, oltre il tempo e l’eternità. Il mio corpo non esisteva più, o meglio, riassumeva in sé tutti i corpi. Potevo assumere qualsiasi forma e qualsiasi non-forma, avevo raggiunto il punto più alto di evoluzione che un essere vivente possa concepire, ero nella terra dei sogni e là avrei potuto restare, per sempre, in un luogo che non era nessun luogo, e dove la parola “sempre” non aveva significato. Ma ho scelto di tornare, proprio per regalare agli uomini una briciola di infinito. […] Sono tornato pur sapendo che ciò avrebbe significato la morte, per me. […] E non chiedermi perché, lo capiresti soltanto se avessi fatto il mio stesso viaggio, se avessi visto, là ai confini del cosmo, ciò che ho visto io»(1).
Un fenomeno analogo, ma di origine più schiettamente aliena, è quello che colpisce l’isola di Egg de L’isola misteriosa – un episodio che mescola un gran numero di citazioni, dallo Stephen King di Creepshow al racconto di Daniel Keyes Fiori per Algernon, da L’isola del dottor Moreau di H. G. Wells a 2001: Odissea nello spazio. Sull’isola cade un misterioso oggetto proveniente dallo spazio, e un contadino del luogo, Stephen – affetto da un forte ritardo mentale – lo trova e lo tocca. Il contatto provoca in lui una trasformazione radicale: «È successo qualcosa di straordinario. La mia mente ora è libera dal male oscuro che l’opprimeva. Ora posso pensare e scrivere in maniera corretta. […] Ora so entrare nel labirinto della cultura e so anche andare oltre, so uscirne. Sì. Posso andare oltre, molto oltre»(2).
Alla fine dell’avventura, Dylan commenterà sul suo diario: «In breve, una specie di allucinante epidemia aveva colpito tutti gli uomini e gli animali dell’isola, annullando i confini che da sempre dividono le varie specie, confini non solo intellettuali, ma anche fisici. Erano cadute tutte le barriere della mente e anche del corpo. […] Cos’era quel qualcosa che, a cominciare da Stephen, aveva sparso il contagio? Viene da pensare al monolito di 2001: Odissea nello spazio: un messaggio, giunto da chissà dove»(3).
Sebbene provenienti da forze esterne, i cambiamenti evolutivi qui descritti rappresentano un interessante assaggio di ciò che, in un futuro più o meno lontano, l’umanità si troverà ad affrontare, uno sviluppo evolutivo inimmaginabile, ben rappresentato da Aldo Schiavone: «La nostra civiltà ha elaborato, attraverso l’ultimo vertiginoso tratto del suo percorso, strumenti teorici e operativi (di conoscenza e di trasformazione della realtà) tali da averci condotto – anche se facciamo di tutto per non accorgercene – sul bordo estremo di una soglia finora nemmeno concepibile: oltre la quale ci aspetta un passaggio senza precedenti. Una soglia da cui il senso della presenza umana nello spazio e nel tempo, e quindi l’interezza del nostro essere e del nostro cammino, appaiono inondati da una luce mai intravista»(4).
Per quanto i due episodi sembrino avere una chiave di lettura prettamente fantascientifica, bisogna notare che rientra in gioco, anche in questo contesto, l’aspetto onirico, surreale e spirituale. Mentre, infatti, Alfa dichiara di essere giunto nella «terra del sogno» – che, evidentemente, rappresenta una dimensione più profonda della realtà rispetto a quella comunemente intesa –, nel suo diario Stephen dice di ritenere che l’oggetto caduto dal cielo fosse «un pezzetto dell’anima dell’universo». In queste due avventure, insomma, s’intravede il processo di fusione o sintesi – così tipico del movimento surrealista – tra realtà e sogno.
Di surrealista in «Dylan Dog» c’è molto, e non solo negli episodi che più esplicitamente si rifanno a tale corrente – ad esempio Golconda!, con le sue “bombette” assassine prese di peso da Magritte e rivestite di un’aura orrorifica, o con l’occhio gigante che se ne va a spasso per Londra in tandem. Come nota Fernand Alquié, «l’attività surrealista sfugge alla retorica. Si sforza di allargare l’esperienza umana, di interpretarla al di fuori dei limiti e dei quadri di uno stretto razionalismo, di prendere, in poche parole, le misure dell’uomo. […] In ogni caso è in gioco il potere di accedere al mondo del sogno, poiché quest’ultimo appare come il luogo in cui potrebbero essere mantenute le promesse dell’amore e della bellezza nella realtà quotidiana. […] Non è ancora tempo di parlare di “sintesi” tra il mondo reale e quello del sogno, né della loro unità, ma, come dirà Breton, di “un modo per passare liberamente”, e “come se bastasse premere un bottone”, dall’uno all’altro»(5).
Il surrealismo come ricerca di un metodo d’indagine alternativo a quello razionale, dunque. Se ci fate caso, la tecnica investigativa adottata da Dylan Dog è proprio il contrario di quella di Sherlock Holmes: quest’ultimo, infatti, procede escludendo tutte le ipotesi impossibili – di modo che ciò che resta, per quanto improbabile, debba essere la verità –, mentre il primo esclude tutto ciò che è logico, razionale e possibile – in modo che rimanga solo l’incubo, che è appunto il suo mestiere. Il sogno come destinazione dell’incredibile accelerazione evolutiva di Alfa, ma anche come punto di partenza e di arrivo del metodo d’indagine surrealista dylandoghiano. Però, l’apertura verso il mondo onirico non costituisce per l’Old Boy solo una tecnica investigativa, ma anche una filosofia di vita, portando così l’Indagatore dell’Incubo oltre la tradizionale letteratura di genere e riconnettendolo alla grande corrente della letteratura fantastica.
- «Dylan Dog», Alfa e Omega, n. 9, pp. 87-91.
- «Dylan Dog», L’isola misteriosa, n. 23, pp. 14-15.
- Ivi, p. 95.
- Aldo Schiavone, Storia e destino, Einaudi, Torino 2007, pp. 4-5.
- Ferdinand Alquié, Filosofia del surrealismo, tr. di Luigi Primicile Carafa e Giancarlo Bicocchi, Hopefulmonster, Firenze 1986, pp. 26-27.