Gazzetta di Parma: «Morte le ideologie, resta solo un’italica tragicommedia»
Stenio Solinas
Attenti a quei due! Che ci fanno Maurizio Cabona e Stenio Solinas in un paesino sperduto della Sicilia, a presentare un libro in un circolo Arci? Cos’è successo? Si sono avverate le parole del profeta Isaia (11,6-8) e «il lupo dimora insieme con l’agnello, la pantera si sdraia accanto al capretto, il vitello e il leoncello pascolano insieme», ecc.? O il katékon di Massimo Cacciari ha smesso di frenare il sistema dalla sua inevitabile, costante deriva e si approssima l’Apocalisse? Insomma, si parla di quelli che furono i più colti, intelligenti, sofisticati esponenti della (minoritaria per definizione) Nuova Destra e vederli in un circolo dell’Arci, a presentare la ristampa di un loro vecchio libro, per chiunque abbia passato non indenne il mezzo secolo, equivale a immaginare Giorgio Almirante che, alle Botteghe Oscure, prende il tè delle cinque con Enrico Berlinguer. Ma tutto sembra normale, ormai. Anche che Solinas e Cabona portino la pioggia in Sicilia. D’estate…Perfino che sia vietato fumare dentro un circolo Arci di periferia e che Solinas, per accendersi il toscano (ovviamente antico, come prescritto dal protocollo antimodernista…), sia costretto a sfidare, impavido, l’umidità della notte.
Benedetto il vizio del fumo! Grazie all’irredimibile tabagismo, il Nostro, infatti, potrà tornare coi piedi per terra, recuperando, almeno in parte, le antiche divisioni dei ruoli.
C’è, in «Viaggio con Charley» – deliziosa cronaca di Steinbeck di un suo tour americano col cane Charley, il barbone francese – la descrizione del sermone di un prete di periferia, tutto fiamme e fuoco infernale. Proprio quello che Steinbeck si aspetta, da un prete cattolico di periferia, non certo lo stucchevole irenismo, la melassa oggi chiamata politically correct…
Con la complicità del toscano, che non tradisce, Stenio ascolta, non visto, la sana, sanguigna invettiva di un vecchio cieco, il quale, brandendo il suo bianco bastone, si auto-interroga, retoricamente, sul perché e il percome, un glorioso circolo Arci posto più a sud di Tunisi, abbia deliberato d’invitare quei due. Che, «mica mi incantano, sempre fascisti sono!». L’autore di «Per farla finita con la destra», poco prima, in sala, mentre l’anziano compagno si esibiva in una filippica su «classe operaia e crisi del capitalismo», aveva ravvisato una sorprendente somiglianza di questi con Barracu, il sottosegretario di Salò, orbo di guerra, giustiziato e appeso per i piedi assieme a Mussolini: roba d’antan anche per iniziati… Adesso si avvicina al cieco mosso da sincera simpatia, e gli fa: «Senza offesa, siete come l’ultimo dei Mohicani».
Lui ride, un riso allegro di ragazzo, poi gli punta il bastone dritto al petto. «Sono? E voi allora? Siamo gli ultimi Mohicani». Benedetto toscano, che ha ispirato il saggio di Stenio Solinas Gli ultimi Mohicani. Quel che resta della politica (Bietti).
L’analisi onesta – e quindi anche fortemente autocritica – della politica italiana della seconda metà del Novecento, compreso il periodo buio degli anni di piombo. La fine delle ideologie non ha visto, certamente, il trionfo delle idee, ma piuttosto lo strapotere dell’economia, a volte dell’economia virtuale… e un degrado da basso impero. Sembrano ormai giganti inarrivabili, e si arriva a rimpiangerli, gli statisti alla Aldo Moro, di convergenze parallele e equilibri avanzati, che, pure in gioventù, la passione politica e la tensione ideale hanno spesso fatto identificare col «nemico». Quel che resta della politica degli ideali è solo una tragicommedia all’italiana. Liberalismo e marxismo, storici antagonisti se ve ne furono, paiono ormai quasi fratelli gemelli derivati da una identica matrice.
Sopravvive il tentativo, orgogliosamente individualistico e demodé, di «salvarsi l’anima», conservando il senso dell’onore, il rispetto per le amicizie, il senso – malgrado tutto – d’appartenenza a una Nazione.
Ha scritto Montanelli che «non importano le idee degli uomini, ma la passione che gli uomini mettono nel servirle». In fondo, Solinas e il vecchio cieco appartengono alla stessa razza.
(Felice Modica, «Gazzetta di Parma», 14 luglio 2013)