
Un giorno uggioso di 40 anni fa moriva, a Venezia, il poeta statunitense Ezra Pound. In quel 1° novembre del 1972, in un rito spettrale, una gondola nera attraversava la laguna, diretta al cimitero dell’isola di san Michele, e portava la bara dello scrittore che, con i Cantos, rivoluzionò la letteratura contemporanea.
Il padre di tutte le avanguardie aveva deciso di abitare nella Serenissima, fra le calli, senza auto né stress, la più tradizionalista di tutte le città. Tornato dalla lunga prigionia negli Stati Uniti (12 anni di manicomio criminale per aver trasmesso decine di radiodiscorsi dalla radio italiana durante la Seconda Guerra Mondiale), si era chiuso in un ermetico tempus tacendi, la sua ultima ed estrema protesta contro il mondo moderno.
Per ricordare la figura di questo poeta immenso, si sono svolte e sono in programma una serie di iniziative in tutto il mondo. In Italia, sua patria d’elezione, si celebra l’anniversario con proiezioni di filmati, tavole rotonde e la ripubblicazione di una sua opera fondamentale, Carta da Visita (Bietti, pp. 108, euro 14).
Ben più di un semplice «biglietto» introduttivo, questo pamphlet, scritto negli anni Quaranta in italiano e da tempo irreperibile nelle librerie, fornisce l’occasione per riscoprire le idee politiche ed economiche del poeta. Come si evince dal titolo, l’opuscolo, introdotto da un brillante e approfondito testo di Luca Gallesi, può essere considerato un “bignamino” e una presentazione per i non addetti ai lavori delle principali teorie sociali di Pound. Da buon americano il Miglior Fabbro parte dall’idea di libertà: «Mille candele insieme fanno splendore. La luce di nessuna candela danneggia la luce di un’altra». Passa a ciò che un poeta non può rinunciare, la precisione linguistica: «In principio era la parola: e la parola veniva tradita».
Esalta l’iconografia religiosa: «Le immagini degli dèi, o i mosaici bizantini, inducevano l’anima alla contemplazione, conservavano la tradizione della luce indivisa». Maledice i maneggi dei banchieri: «Gli usurai, nel loro secolo osceno e buio pesto, creavano questa satanica transubstanziazione, la loro messa nera del danaro».
In questi anni tragici era proprio l’economia uno dei chiodi fissi del poeta. In quelle che vengono considerate osservazioni bizzarre di un «economista eretico», Pound in realtà mette in campo alcune idee interessanti, che potrebbero avere inaspettati sviluppi anche nel mondo frenetico della globalizzazione. Come quella della moneta affrancabile, un metodo pratico e semplice per far circolare il denaro, un consumismo sano, che secondo Pound permetterebbe una veloce e dinamica distribuzione della ricchezza.
Il poeta descrive così questa idea, teorizzata dall’economista socialista Silvio Gesell negli anni Venti, nel suo americano italianizzato: «Affrancare mensilmente ogni biglietto con un francobollo al valore dell’1% del valore nominativo del biglietto, costituendo così una rendita al paese, uguale a 12% annuo della nuova moneta messa in circolazione (…). Gesell mirava all’aumentata velocità della circolazione, arguendo che la moneta non deve godere privilegi non goduti dalle merci. Una moneta che viene tassata se non è stata spesa entro il mese non stagna. La mentalità governativa, amministrativa, o statale, vede nella affrancabilità un mezzo di tassare il pubblico, ma anche di evitare altre tasse sino a una cifra uguale al valore delle marchette da fissare (…). Ogni somma di moneta, emessa, si annulla in cento mesi, quindi ci protegge – in un certo modo – dall’inflazione».
I problemi del 1942 non erano molto diversi da quelli di oggi: tassazione eccessiva, inflazione, distribuzione iniqua delle ricchezze. A questi problemi per Pound la moneta affrancabile potrebbe fornire una soluzione, anche se, per motivi di risparmio, sarebbe stata affiancata a una moneta che invece non scade col tempo. Economia poetica? Follia letteraria o stravagante saggezza? Quello di Carta da Visita è comunque Pound in tutto il suo bizzarro splendore, tra Confucio, Dante e Jefferson. È soprattutto un Pound accessibile, meno ermetico del complicato puzzle di parole, citazioni e ideogrammi dei Cantos.
(Andrea Colombo, «Libero», 4 novembre 2012)