
Nel libro intenso e struggente di Stefano Loparco, introdotto con passione e competenza da Ilaria Floreano e accompagnato dalle parole commosse della figlia Giovanna, riviviamo la parabola umana e artistica di Gian Maria Volonté. Un viaggio poetico, profondo e dolorosamente autentico, tra cinema, impegno civile e l’inesauribile sete di verità di un attore irripetibile, scomparso improvvisamente mentre cercava un’ultima, impossibile autenticità.
L’ordinario rimorchiatore di banalità non attraversa mai le pagine del libro L’ultimo sguardo – Vita e morte di Gian Maria Volonté. D’altronde, Stefano Loparco è da sempre un capitano coraggioso, un autore mai omologato e sempre sorprendente. Sicché il saggio, pubblicato da Bietti nella collana I libri di Inland, è un’intrepida nave corsara che circumnaviga con grazia e libertà l’oceano Volonté. Il risultato è un’avventura letteraria che evita con stile le secche della soporifera agiografia, gli scogli letali della pornografia dei sentimenti e persino i nauseabondi gorghi del chiacchiericcio gossipparo. Siamo certi che questo testo sarebbe piaciuto anche a Gian Maria. Basta pensare alla citazione in esergo, vergata dallo stesso Volonté: «Mi piacerebbe raccontare il vento, ma è difficile». E poi, la meraviglia di una biografia che inizia dalla fine, dall’omega, consapevole delle parole di Pier Paolo Pasolini: «La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi […] e li mette in successione, facendo del nostro presente […] un passato chiaro, stabile, certo, e dunque linguisticamente ben descrivibile […]. Solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve ad esprimerci».
Tra vita e morte, Lo sguardo di Ulisse
Ci sono attori che non si limitano a interpretare, ma che incarnano ogni ruolo come se fosse un atto d’amore disperato verso la vita stessa. Gian Maria Volonté era uno di questi rari e preziosi spiriti: uomo inquieto, tormentato da un destino fatto di luci e ombre, capace di guardare il mondo sempre con occhi nuovi e dolorosamente sinceri. Stefano Loparco, in questo libro, ci accompagna nell’intimità più struggente dell’attore, partendo dal tragico momento della sua morte improvvisa a Florina, sul set del film Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos.
Quel freddo giorno di dicembre del 1994, Volonté interpretava Ivo Levi, custode disperato di una cineteca durante l’assedio di Sarajevo, intento a salvare frammenti di bellezza dalla devastazione della guerra. Quasi presagendo che quella sarebbe stata la sua ultima scena, Volonté volle correre davvero, con una tanica riempita oltre ogni necessità, per non tradire neppure per un attimo la verità del personaggio. Quella corsa verso l’autenticità, con il cuore stretto in una morsa, sarà il suo commovente addio al mondo.
Loparco scrive con la delicatezza di chi conosce la poesia della perdita, attingendo dagli appunti manoscritti custoditi nella Bibliomediateca di Torino. Battute riscritte decine di volte, parole sottolineate fino a inciderle sulla carta come cicatrici dell’anima: «Ormai che senso potrebbe avere qualsiasi cosa? Nel mezzo di questo massacro…». Frasi che sembrano valere tanto per il personaggio di Ivo quanto per l’uomo Gian Maria, eterno viaggiatore tra mondi tormentati.
Indagine su un attore inarrivabile
Nel libro emergono anche il passato e i conflitti interiori di Volonté, segnato da un padre controverso, comandante delle brigate nere durante l’occupazione nazista. Il dolore di questa eredità divenne ribellione e poi impegno politico, passione civile mai domata, costantemente presente nella sua vita personale e artistica.
Ogni pellicola citata diventa così un piccolo squarcio di memoria che Loparco ci offre con commozione poetica. Da Un uomo da bruciare dei fratelli Taviani, dove Volonté dà voce alle lotte contadine di Salvatore Carnevale, ai ruoli memorabili e perturbanti nei western di Sergio Leone, Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più, che lo consacrarono internazionalmente come icona.
C’è il Volonté delle grandi battaglie sociali di Elio Petri, premiato a Cannes e agli Oscar con il capolavoro Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (come risuona terribilmente attuale quel motto pronunciato dal Dottore: «La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!»), e quello commovente e lacerante di Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo. Ancora con Montaldo, in Giordano Bruno, dà vita con intensità bruciante al filosofo eretico arso sul rogo per le sue idee, simbolo del coraggio intellettuale contro ogni oscurantismo.
Francesco Rosi lo dirige in film vibranti e complessi come Il caso Mattei, Lucky Luciano e Cristo si è fermato a Eboli, opere intrise di politica, di umanità e di indignazione civile. E ancora lo vediamo nell’operaio Lulù Massa de La classe operaia va in paradiso, che incrementa la produzione per poi trasformarsi nel direttore inquietante di Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio, fino al suo magistrato umanissimo e lacerato in Porte aperte di Gianni Amelio, tratto da un romanzo di Leonardo Sciascia. Un attore capace di snobbare Hollywood e recitare diretto dai Vanzina in Tre colonne in cronaca (opera da riscoprire), perché Gian Maria era imprevedibile, come il mare che tanto amava.
La lettera di Giovanna Gravina Volonté e l’abbecedario di Ilaria Floreano
Arricchito da testimonianze preziose, come l’omaggio poetico della figlia Giovanna Gravina Volonté che cita versi dello svedese Harry Martinson, il libro di Loparco non è solo una biografia, ma una carezza poetica e commossa al ricordo di un attore che seppe attraversare la vita con una passione struggente e contagiosa. A rendere il volume ancora più prezioso e affascinante, c’è un sentito omaggio a Volonté in forma di abbecedario firmato dalla volitiva Ilaria Floreano, editor, traduttrice, co-direttrice della collana cinematografica I libri di Inland e direttrice della collana digitale Fotogrammi. Ilaria ci offre, dalla A di attore alla Z di zampata, un originalissimo e potente ritratto di un artista splendidamente complesso.
Una storia semplice, ma complessa
Così, chiudendo il libro, resta forte la sensazione che Gian Maria Volonté sia ancora qui, nella forza di uno sguardo, nel dolore di una corsa, nella bellezza di un’anima che non smetterà mai di emozionare e commuovere. Un ultimo viaggio al termine del mare per ricordare che l’arte autentica non muore mai davvero. Una storia semplice, eppure complessa, che alimenta il cuore e la mente di chi ha amato un artista inquieto e straordinario. E a noi non resta che domandarci con un immaginario accento siciliano: «Ma dov’è il dottor Panunzio?», consapevoli che ormai siamo «come le macchine» e non andremo in paradiso.
Paolo Nizza ©skytg24 4 luglio 2025