
David Lynch. Una vita d'arte e meditazione
Alessandro LonardoAlla notizia che David Lynch era morto, il 16 gennaio del 2025 – quattro giorni prima del suo 79° compleanno – le bolle social degli appassionati di cinema di tutto il mondo si sono all’istante riempite di addolorati messaggi di cordoglio. Ricorrenti, al loro interno, le parole di ringraziamento per il regista – ma anche attore, sceneggiatore, scrittore, musicista, pittore e produttore – e i suoi film. I fan sono rimasti fedeli al Maestro anche se il suo ultimo lungometraggio, Inland Empire, risale al 2006. Da allora, Lynch si è dedicato più intensamente ad altre forme di creatività e alla meditazione trascendentale. Il regista l’ha praticata ogni giorno, fino all’ultimo, dal 1973. Nel 2005 ha creato una fondazione per promuoverla nel mondo a cui hanno aderito, tra gli altri, Clint Eastwood, Nicole Kidman, Jim Carrey e l’attrice italiana Monica Nappo, che firma l’affettuosa prefazione a questo libro. Il primo, in Italia – e l’unico, tra i numerosi saggi critici dedicati a Lynch regista – ad analizzare in modo sistematico l’influenza decisiva che la MT, e in generale le filosofie orientali, hanno avuto sull’opera di Lynch. Perché se film come Velluto blu, Mulholland Drive o Strade perdute mettono in scena mondi più vicini all’incubo che al sogno, dove i personaggi rimangono spesso incastrati in karma di violenza, il tentativo costante di David Lynch – artista calato nella realtà esterna e meditante calato nella sua realtà interiore – è stato quello di trovare e diffondere la chiave di accesso ad altre, più illuminate possibilità.