Dio salvi la Regina! Elisabetta II sovrana di iconologia tra fiction e realtà
Anna Maria Pasetti
“La regina Elisabetta è come la Mona Lisa: istantaneamente riconoscibile eppure sfuggente e per sempre sconosciuta”. Non lo dico io, lo ha detto Roger Michell, il bravo regista di Notting Hill e autore di Elizabeth, un documentario sulla sovrana, finito di girare appena prima di morire nel settembre scorso e che dovrebbe uscire quest’anno, carico di inedito materiale di repertorio sul lunghissimo regno della madre di Carlo e dello sciagurato Andrea, suocera di Diana e Camilla, nonna di William e Harry, bisnonna di George o Archie o comunque la vogliate definire, in base alla vasta e burrascosa parentela.
Tutto, nel mondo, è cambiato, da quando Elisabetta è stata incoronata (1953) per non dire delle trasformazioni avvenute da quando è nata, quasi un secolo fa (1926). La sua icona però le ha accompagnate tutte e, nel tempo, anziché “sbiadire sullo sfondo come è successo a tutti gli altri monarchi europei, è diventata sempre più dominante”, come dice Stephen Frears, regista del film The Queen scritto con Peter Morgan, autore anche della serie The Crown, due prodotti che hanno via via sempre più umanizzato la donna e il simbolo. Su questa pervasività di Elisabetta indaga il saggio Dio salvi la Regina! – Elisabetta II sovrana di iconologia tra fiction e realtà (Bietti Fotogrammi, disponibile dal 20 gennaio in formato e-pub sul sito Bietti.it e su Amazon in formato Kindle e cartaceo) di Anna Maria Pasetti. Critica e giornalista cinematografica, esperta di cose inglesi e fondatrice dell’associazione Red Shoes che promuove il cinema made in UK in Italia, Pasetti analizza tutte le apparizioni di Elisabetta nel mondo dell’audiovisivo, cronachistico o di finzione, dimostrando come la sua immagine si sia adattata e rafforzata decennio dopo decennio, in parallelo al progresso dei mezzi di comunicazione, dai giorni della radio a quelli di Internet. Il suo matrimonio con il neo-nominato Duca di Edimburgo avvenne il 20 novembre 1947 a Westminster Abbey e fu un evento mondiale: la diretta di BBC Radio fu seguita da 200 milioni di telespettatori. “L’immaginario collettivo da matrimonio reale era segnato: si trattava della ‘puntata pilota’ di una lunga serie di Royal Wedding modulati sull’originale” scrive Pasetti. Nel 1953 c’è stata l’incoronazione in diretta televisiva e, in seguito, ogni tappa ufficiale della vita della famiglia è stata raccontata dai media a questo modo, fino ai funerali del principe Filippo l’anno scorso. Era stato proprio Filippo, nel 1969, a voler produrre una specie di reality che raccontasse i Windsor nel quotidiano, con l’intento di renderli più simpatici ai sudditi: l’esperimento (ricostruito molto bene nell’ultima stagione di The Crown) fu un disastro. Mostrarsi troppo normali era tanto pericoloso come mostrarsi troppo diversi, concluse Elisabetta.
La morte di Lady di Diana (cuore del film di Frears con Helen Mirren e anche dell’imminente Spencer di Pablo Larraín con Kristen Stewart) fa da spartiacque. Da quel momento, Elisabetta II cambia. La sua immagine è sempre più vicina al pubblico, così vicina che ispira persino gli autori dei cartoni animati: dai Minions a Peppa Pig. Ma il clou arriva il 27 luglio 2012. Nel mini film per il lancio delle Olimpiadi di Londra diretto da Danny Boyle, “recita” addirittura con Daniel Craig/James Bond. Consapevole, a 86 anni, che il Regno Unito non dispone di testimonial migliori di lei e che, per quanto tutte le attrici che l’hanno interpretata o la interpreteranno al cinema possano essere bravissime, nessuna è lei. Da quando è scoppiata la pandemia ha accettato di mostrarsi alle prese, come tutti noi, con la connessione di Zoom più di una volta.
Insomma, Elisabetta è scesa dal trono. Solo metaforicamente, si capisce.
Paola Jacobbi ©Marie Claire 20 gennaio 2022