I corpi (ri)presentano tracce di violenza carnale. Torso tra passato e futuro
Federica Martino
I corpi presentano tracce di violenza carnale (Torso per la distribuzione estera) è un film che mio padre Sergio Martino ha girato nel 1973 e che è diventato un cult movie nelle ultime decadi. In diversi paesi del mondo ha rappresentato un riferimento per numerosi registi, dai più noti agli emergenti. Anche oggi le proiezioni di Torso, in genere in programma nei festival di film di genere, attraggono cinefili appartenenti alle più diverse fasce di età.
Le ragioni di questo fenomeno sono diverse: l’allettante mix di generi cinematografici tipico di tanti gialli italiani dell’epoca, le sue scene molto iconiche, il setting universitario ancora oggi di moda, la suspense di racconto e il particolare linguaggio visivo che, nel tempo, ha incontrato il gusto sia del pubblico, sia di altri registi.
I corpi presentano tracce di violenza carnale è, a mio parere, un classico che non ha retto completamente al tempo e qualche anno fa, quando ho iniziato a nutrire l’idea di volerne fare un remake, ho cominciato a ragionare su cosa del film sia ancora attuale – cosa quindi tenere – e cosa invece appartiene a un epoca del nostro cinema che non è più traducibile.
La pellicola originale seguiva il percorso di quattro ragazze più che ventenni dalle aule delle lezioni del loro master di storia dell’arte all’Università di Perugia fino alla fuga in una villa remota, dove venivano brutalmente uccise da un maniaco incappucciato. Tutte, tranne una.
La detection presente nel film mi sembra oggi un elemento fuori luogo e il genere erotico softcore non trova più la sua ragione d’essere per gli standard del cinema di genere contemporaneo, anche a causa delle sue protagoniste molto spesso dal carattere forte e complesso. Ciò nonostante c’è un essenziale e fondante elemento femminile che rende il materiale maturo per un rifacimento.
Il remake di I corpi presentano tracce di violenza carnale si differenzierà dall’originale sostanzialmente perché la storia a cui sto lavorando sarà esclusivamente un thriller-horror senza nessuna traccia di detection né di softcore, presenti invece nel 1973. Non credo che la combinazione di generi, un tempo necessaria in questo tipo di opere, sia ancora praticabile o godibile come invece era quando il film fu distribuito. Credo, piuttosto, che la strada più giusta e accurata per realizzarne una nuova versione sia oggi quella di farne un thriller-horror con un’importante presenza femminile.
Le due protagoniste del remake che voglio girare sono studentesse molto più giovani di quelle del film originale. June e Sorrell hanno 18 e 19 anni e sono matricole della UCLA, che trovano ragioni per solidarizzare prima al college, ma in maniera più significativa nel viaggio che decidono di fare da Los Angeles sino a una villa isolata nelle colline del Nevada, inaccessibile come lo era quella italiana, passando attraverso la rutilante follia allucinata del Festival Burning Man.
Il viaggio fisico delle studentesse di I corpi presentano trace di violenza carnale sarà dunque ugualmente rappresentato, ma nel rifacimento gli verrà data un’intensità psicologica – che non è presente nel film del 1973 – perché il nuovo prodotto possa essere più fresco e attuale.
Il tema di entrambi i film è quello dell’amicizia femminile che fa fronte a qualunque avversità e qualunque tormento. Questo è il nucleo che manterrò e che costituirà le fondamenta per una caratterizzazione più complessa delle due protagoniste. Le qualità che più definiscono le ragazzine sono la compassione e la particolare resistenza al rifiuto, agli abusi e alla violenza. Credo che questi siano tratti distintamente femminili e mi piace l’idea che al centro del mio thriller-horror ci siano qualità che raccontano una diversa forma di forza.
Ho ideato la storia con una sceneggiatrice inglese, Helen Jacey, incontrata due anni fa a una conferenza al Festival Cine Excess di Brighton, sapientemente condotto da Xavier Mendik, accademico, appassionato cinefilo e cultore di tanto cinema italiano di quegli anni.
Io e Helen abbiamo lavorato a distanza (lei in Inghilterra, io in Italia) e sono molto soddisfatta del suo lavoro e della sceneggiatura. Abbiamo pensato sin da subito a un’ambientazione straniera senza mai ipotizzare un setting in Italia, perché il film originale ha oggi i suoi fan più devoti soprattutto in America, Canada, Inghilterra e Australia. Girerò il remake in lingua inglese perché il cinema di genere, ancora e come sempre, possiede più di altri una vocazione internazionale.