Culianu e l’approccio cognitivo nella storia delle religioni

Roberta Moretti
Lune d’Acciaio – I miti della fantascienza n. 9/2015
Culianu e l’approccio cognitivo nella storia delle religioni

Il 21 maggio del 1991, a Chicago viene assassinato Ioan Petru Culianu, professore romeno di soli quarantun anni ma con alle spalle molte e importanti pubblicazioni di storia delle religioni. Esperto della tarda antichità, del Rinascimento italiano e dei viaggi ultraterreni nelle diverse epoche e culture, Culianu adottava un approccio interdisciplinare allo studio del fenomeno religioso. Spaziando dalla fisica alla matematica e alla geometria, era un attento osservatore della storia delle idee (1), dotato inoltre di uno spiccato interesse per la nascente scienza dei processi cognitivi. La sua opera scientifica era affiancata da un’intrigante produzione narrativa, dove affrontava con maggiore libertà espressiva quelle tematiche storico-religiose di cui era profondo conoscitore, con lo spirito di un esploratore ai confini dell’immaginazione. Sapeva bene che, nella dimensione mentale, spazio e tempo seguono regole diverse da quelle del mondo esterno, e che nel linguaggio narrativo avrebbe potuto trovare uno strumento più adatto a rappresentare, in termini immaginari, quelle esperienze religiose legate a uno stato alterato della coscienza, in cui tempo e spazio giocano un ruolo chiave. Lo scorso 5 gennaio Culianu avrebbe compiuto sessantacinque anni: ne sono trascorsi quasi venticinque dalla sua morte, senza che sia emerso il movente del suo cruento omicidio. In molti continuano a sostenere si sia trattato di un delitto politico, provvisto di misteriose connessioni con ambiti esoterici. Nel mondo intellettuale e tra i suoi amici studiosi permane il ricordo di una personalità originale, il cui pensiero, anticipatore di una svolta nelle scienze religiose, non riesce tuttora a essere completamente colto. Il suo fu il destino di una genialità interrotta al culmine della propria potenzialità creativa.

Il presente scritto ha lo scopo d’inquadrarne il pensiero in un filone di ricerca che, muovendo i primi passi negli Stati Uniti proprio negli anni della sua morte, prende il nome di neuroteologia. Dedicato allo studio secondo una prospettiva neurologica dei fenomeni religiosi implicanti uno stato alterato della coscienza (2), assume una forma più compiuta a partire dal XXI secolo, con l’utilizzo della sofisticata tecnologia SPECT (tomografia computerizzata a emissione singola di fotoni), per rilevare le basi neuroanatomiche – e, quindi, le attività cerebrali – sottese all’esperienza mistico-religiosa. L’esperimento svolto attraverso questo dispositivo coinvolse monaci e monache in stato di meditazione profonda: gli studiosi si preoccuparono di rilevare, mediante hi-tech, l’attività e le immagini del cervello, per capire quali fossero le zone correlate all’esperienza spirituale (3).

Culianu fu senz’altro un precursore dell’approccio cognitivo nella storia delle religioni – anche se, come possiamo ben immaginare, secondo presupposti totalmente diversi da quelli dei sopracitati neuroscienziati americani. Possiamo trovare una prima svolta in questa direzione ne I miti dei dualismi occidentali (4), un’analisi comparata dei miti e della loro struttura nei sistemi gnostici della tarda antichità. Tuttavia, è importante ricordare come, sin dai suoi primi scritti, questi fosse pienamente d’accordo con Wilhelm Anz, lo studioso della Religionsgeschichtliche Schule, nel ritenere che la questione centrale dello gnosticismo fosse l’ascensione dell’anima. Anz, scrive Culianu, «aveva avuto ragione: l’ascensione dell’anima, in quanto esperienza immediata ed effettiva e realizzazione pratica della gnosi, è, in fondo, il fine ultimo di questa e perciò può essere posta al centro assoluto dell’interesse dello gnostico» (5).

Lo studioso romeno, tuttavia, non si limitava a rilevare la centralità di quest’esperienza celeste nello gnosticismo, ma vedeva nell’ascensione dell’anima, o psicanodia, un tema presente nelle religioni di tutto il mondo, dai presocratici sino ai giorni nostri. Sembrava che lo studioso cominciasse già a estrarre dall’imponente flusso delle idee della storia umana uno degli elementi primordiali da cui tutto si genera, il nucleo stabile dal quale, come nei frattali, partono ramificazioni e varianti infinite.

Nella prefazione a Iter in silvis (6) Culianu accomuna gli gnostici ai romantici, la Grecia presocratica di un Empedocle a Il maestro e margherita di Bulgakov, sottolineando come entrambi cercassero una risposta alla stessa domanda: «Donde viene il male?», e come questo fosse compatibile con l’esistenza di Dio (7). A distanza di secoli, secondo Culianu, entrambi si posero lo stesso quesito in quanto dualisti, e il dualismo è la condizione sine qua non delle molteplici forme dello gnosticismo. Cerchiamo quindi di capire cosa intendesse esattamente parlando di dualismo.

Un intero capitolo de I miti dei dualismi occidentali è dedicato a La questione del dualismo: non essendoci, a quanto pare, un accordo preciso sulla sua definizione, Culianu tenta di darne un significato condiviso. Nel citato capitolo scopriamo che «la parola dualismus fu “inventata” nel 1700 da Thomas Hyde, per indicare in modo sintetico una delle più importanti caratteristiche della religione persiana: la contrapposizione tra due spiriti» (8). È quindi utilizzabile la semplice definizione elementare e minimale dei dizionari, «opposizione tra due principi», a patto che, sottolinea Culianu, «si precisi il significato esatto dei termini. “Opposizione” implica antagonismo, e “principio” indica che abbiamo a che fare con l’origine di qualche cosa: ci troviamo dunque in presenza di due entità separate, ciascuna delle quali è all’origine di una sua propria creazione» (9). In linea generale, si tratta della contrapposizione tra i principi di bene e male.

Importante è rilevare che Culianu conosceva approfonditamente le ricerche di Ugo Bianchi sulla comparazione di varie mitologie in diverse aree, che avevano fatto emergere parallelismi o variazioni sul tema anche in popoli privi di scrittura. Tali risultati generavano domande sulla genesi indipendente di questi racconti, sollevando importanti quesiti relativi al fenomeno religioso, come, ad esempio, l’esistenza di un meccanismo fondamentale del pensiero umano capace di produrre narrazioni simili. Fu forse con questo spirito che Culianu – intenzionato a studiare a fondo tale questione, a suo giudizio tra le più centrali e irrisolte nella storia delle religioni – stese I miti dei dualismi occidentali, frutto di una ricerca condotta nell’ambito del prestigioso Doctorat d’État conseguito alla Sorbona nel 1987 (10).

Con lui cominciano ad affacciarsi nuove ipotesi sull’origine e l’interpretazione del dualismo. Da un punto di vista mitologico, Culianu osserva che «una costruzione ottenuta attraverso opposizioni binarie può talvolta portare a miti assai simili nella loro struttura profonda, ma molto differenti nella loro struttura superficiale» (11). La questione più rilevante, tuttavia, emerge mettendo in relazione la struttura profonda del dualismo, presente nei miti, con quella bicamerale dei due emisferi cerebrali. Un importante riferimento era costituito dalle allora recenti scoperte del neuroscienziato statunitense Roger Sperry, Nobel per la medicina nel 1981, sulla specializzazione emisferica delle funzioni cognitive. Queste ricerche – condotte su soggetti cui, per gravi forme epilettiche, era stato rescisso il corpo calloso che collega i due emisferi – mostravano come, qualora separati, i due emisferi non potessero più comunicare nell’interpretazione dei segnali provenienti dal mondo esterno e come ognuno di essi sembrasse possedere non soltanto funzioni completamente diverse, ma anche coscienze separate (12).

Tali scoperte neurofisiologiche avevano indotto lo studioso romeno a considerare la questione del dualismo sotto una nuova luce, che vedeva nell’ipotesi di base dei due principi creatori, delle cose buone e di quelle cattive, uno schema fondamentale innestato nella mente umana, di cui si sarebbero sviluppate e moltiplicate nei secoli diverse varianti, anche in relazione al tipo di società, a ragioni economiche e sociali, e via dicendo. I miti gnostici sarebbero partiti dunque da uno schema di base, da cui poi una semplice «regola di produzione» avrebbe generato «tutte le possibilità logiche contenute nelle loro sequenze, combinandole quasi sempre in maniera originale. Si direbbe che il sistema, una volta messo in movimento, abbia la tendenza a esaurire tutte le sue potenzialità» (13).

Quasi come sua controparte narrativa, troviamo un’immagine simile nel racconto La sequenza segreta, dove un eretico immaginario, Giovanni di Cappadocia, ci proietta in una visione ucronica nella quale la dimensione di Dio appare come un enorme processo mentale cui afferiscono le menti umane, poiché tutte «le anime nascono solo per pensare e si riproducono unicamente per riprodurre il pensiero, in modo che tutto alla fine sia pensato». Il processo di questa sorta di mente universale si fonda su una peculiare logica combinatoria, finalizzata a permutare tutte le possibili varianti contenute nel sistema: una volta pensate – e, quindi, esaurite – queste ultime, si comporrà una «sequenza segreta» e il mondo potrà cessare di esistere, richiamando la profezia dell’eretico di Cappadocia, secondo cui «qualsiasi idea ha il suo contrario e la somma totale di tutte le idee e dei loro contrari è zero».

Pubblicata in Italia poco dopo il suo assassinio, l’ultima opera saggistica di Ioan Petru Culianu esplora i cosiddetti viaggi dell’anima (14). Centrale in essa è l’indagine sul funzionamento della mente umana; l’intento è chiaro sin dalle primissime pagine, nelle quali l’autore si propone di mettere in luce il nucleo strutturale comune alle varie tipologie di racconti: «Qualche anno fa – scrive – cominciai a rendermi conto che era assolutamente necessario scrivere una storia generale dei viaggi ultraterreni, poiché era l’unico modo per verificarne la possibile unità, all’interno della molteplicità» (15). Essi avrebbero potuto servire da chiavi d’accesso, così come le ricerche neurologiche risultavano utili a spiegare i fenomeni religiosi, come nel caso del dualismo. Inutile dire come, attraverso l’osservazione dei cosiddetti viaggi ultraterreni, lo studioso potesse avere a disposizione un’ampia gamma di materiale su cui riflettere, proveniente dalla dimensione mentale.

I viaggi ultraterreni, o visite in altri mondi, sono fra le tradizioni più persistenti dell’umanità, tanto che, osserva lo studioso, la loro presenza è attestata in tutti i tempi, dall’antichità sino ai giorni nostri. Tali mondi sono stati esplorati, nei secoli, da sciamani, streghe, malati mentali, catalettici e da chiunque si trovasse in uno stato alterato della coscienza – valgano come esempio le esperienze fuori dal corpo o di premorte documentate in ambito medico. Dal punto di vista storico, Culianu pone l’accento sull’universalità del fenomeno, mentre sul piano epistemologico, che include la sua natura e ubicazione, concorda con chi ritiene siano universi mentali (16). Alla luce di tale considerazione, per la scienza dei processi cognitivi è tanto fondamentale quanto urgente comprendere il funzionamento della mente umana – secondo lo studioso, infatti, la localizzazione e le caratteristiche dello spazio mentale rappresentano uno degli enigmi più imperativi della nostra epoca.

In base alle sue osservazioni, Culianu ipotizza almeno due proprietà fondamentali di questo spazio: l’infinità e la pluridimensionalità. La prima potrebbe offrire una spiegazione dell’illimitata diversità degli scenari descritti e documentati, facendo supporre che non esista un percorso limitabile all’interno dello spazio mentale, dove, sottolinea, «non vi è limite al nostro immaginare sempre più spazio». Per ciò che riguarda, invece, la seconda, il capitolo Equipaggiamento per lo storico della quarta dimensione delinea la storia che ha portato l’uomo a immaginare e teorizzare scientificamente più dimensioni dello spazio, a partire appunto dalla quarta (17).

Tali caratteristiche configurano il nostro spazio mentale come un universo completo e parallelo al mondo esterno che, secondo lo studioso, non esisterebbe affatto se quello interno non lo percepisse. Tuttavia, specifica, tra la realtà esteriore e quella interiore vi è un rapporto d’interdipendenza, per cui esse non possono essere parallele, visto che la prima è connessa alla seconda mediante peculiari strutture percettive. Questo rapporto di reciproca dipendenza fa pensare a una mente che proietta una realtà a partire da percezioni psicofisiche internamente strutturate. Culianu evidenzia, inoltre, che non sappiamo fino a che punto operiamo una chiara distinzione i due mondi, né siamo coscienti della loro interferenza. Lo dimostrano i malati mentali, gli schizofrenici e altri casi di seria alterazione della coscienza, in cui si modifica l’interpretazione e la percezione del mondo esterno. La realtà, insomma, non è così stabile come sembrerebbe.

La mente risulta fondamentale nella configurazione della realtà e, poiché il mondo esterno non può esistere senza quello interno, è naturale considerare che per la persona che muore questo mondo scompaia. Prosegue invece per coloro il cui universo interiore abbia ancora attivi quei meccanismi psicofisici e percettivi che lo collegano col mondo esterno. Questi due mondi – dalle caratteristiche così diverse da sembrare paralleli, benché interdipendenti – sono scissi dalla morte, così come i due emisferi, quando è reciso il corpo calloso (attraverso la commissurotomia).

È una similitudine che, del resto, richiama un altro dualismo. Nella storia dell’evoluzione umana, l’emisfero sinistro si è perfezionato nelle sue funzioni – ad esempio, il linguaggio – mentre quelle del destro sono sempre state più misteriose. Negli ultimi anni, tuttavia, in ambito neurologico è emersa una documentazione che ha aperto una finestra sulle sue funzioni e su come la nostra percezione della realtà possa cambiare completamente e inaspettatamente. Si tratta della testimonianza umana e scientifica di Jill Bolte Taylor, neuroscienziata americana colpita a trentasette anni da un ictus che le ha messo fuori uso parte dell’emisfero sinistro. La neuroscienziata è stata introdotta in uno stato in cui le sensazioni sono slegate dal tempo e dai confini del corpo, in uno spazio creativo colmo d’intuizioni proprie all’emisfero destro. In tale dimensione, la Taylor ha scoperto una pace interiore velata di misticismo, sentendosi tutt’uno con il flusso dell’universo, in una beatitudine definita come nirvana (18). Leggendo la sua testimonianza mi sono venuti in mente molti di quei passaggi nella narrativa di Culianu in cui, all’improvviso, si scardina la percezione di spazio e tempo e il lettore viene proiettato in una dimensione sincronica che annulla i confini e le contrapposizioni del mondo finito, dove si descrive un’esperienza di rottura fra l’esistenza quantificabile e una parte segreta, inesprimibile della propria coscienza, fino ad allora sconosciuta (19).

Credo sia dunque importante esaminare la fiction di Ioan Petru Culianu nel quadro complessivo della sua opera – e ciò vale anche per la produzione scientifica che si riverbera nella sua narrativa. La libertà legata all’immaginario e al linguaggio creativo ci avvicina a quelle situazioni in cui si scardina lo schema binario del pensiero, frutto della mente bicamerale. In tal modo, mediante un’immaginazione accompagnata dall’intuizione, è possibile aprire una dimensione straordinaria nella quale gli opposti coincidono e i confini individuali scompaiono, in cui l’essere non è una parte ma il tutto, in quell’attimo senza tempo che può definire lo stato mistico, l’ascesi, la contemplazione, la meditazione profonda – ma anche, in termini fisico-matematici, l’accesso a una quarta dimensione.

A differenza della Taylor, l’io narrante de Il rotolo diafano, raccolta di racconti di Culianu, rimane uno spettatore cosciente del proprio stato, è il testimone che si annida da qualche parte – forse, nell’emisfero sinistro. Nel resoconto della neuroscienziata, quel testimone appare a tratti, per riportarla alla razionalità, ridarle la capacità di comunicare il suo stato e, quindi, salvarle la vita. Nella dimensione ordinaria, in una realtà denotata dallo spazio tridimensionale e dallo scorrere del tempo, le funzioni dall’emisfero sinistro sono evidentemente fondamentali. Tuttavia, l’esperienza trasformativa della studiosa americana ci rivela un significato profondo dell’esistenza umana e il suo stretto collegamento con l’universo, un aspetto del nostro essere cui normalmente non diamo peso ma che potrebbe risultare altrettanto necessario per l’evoluzione, tanto individuale quanto umana.

 

  1. Per approfondimenti sull’apporto di Culianu alla storia delle idee cfr. Roberta Moretti, Ioan P. Culianu storico delle idee: esempi di metodologia ermeneutica, in Religion, Fiction and History. Essays in Memory of Ioan Petru Culianu, a cura di Sorin Antohi, Nemira, Bucarest 2001.
  2. Questo filone di studi ha avuto inizio con Michael Persinger. Il neuroscienziato canadese, interessato agli aspetti neuropsicologici connessi alle esperienze religiose e paranormali, mise a punto il cosiddetto “casco di dio”, per trovare una correlazione tra campi magnetici ed esperienze mistiche.
  3. Cfr. Andrew Newberg, Eugene d’Aquili, Vince Rause, Dio nel cervello: la prova biologica della fede, Mondadori, Milano 2002.
  4. Jaca Book, Milano 1989.
  5. Ioan Petru Culianu, Gnosticismo e pensiero moderno: Hans Jonas, L’Erma di Bretschneider, Roma 1985, p. 102.
  6. Sfameni, Messina 1981. Quest’opera contiene una serie di saggi scritti tra il 1975 e il 1980 dedicati all’esplorazione del fenomeno gnostico.
  7. Ibidem.
  8. I miti dei dualismi occidentali, cit., p. 25.
  9. Ivi, p. 26.
  10. Ioan Petru Culianu, Recherches sur les dualismes d’Occident. Analyse de leurs principaux mythes, Doctorat d’Etat, 1987 (ANRT, Université de Lille III, Microfiche, Lille-Thèses, ISSN 0294-1767).
  11. I miti dei dualismi occidentali, cit., p. 41.
  12. Il primo a ipotizzare che ciascun emisfero avesse una mente propria fu Meinard Simon Du Pui, nel 1780, che affermò come l’uomo avesse un doppio cervello e una doppia mente. Cfr. Jill Bolte Taylor, La scoperta del giardino della mente. Cosa ho imparato dal mio ictus cerebrale, Mondadori, Milano 2009, p. 29.
  13. I miti dei dualismi occidentali, cit., p. 22.
  14. Ioan Petru Culianu, I viaggi dell’anima. Sogni, visioni, estasi, Mondadori, Milano 1991.
  15. Ivi, p. XV.
  16. Ivi, pp. 4ss.
  17. In ivi, pp. 15ss. Cfr. anche Roberta Moretti, Ioan P. Culianu e il valore conoscitivo dell’immaginazione letteraria, in Ioan Petru Culianu, Il rotolo diafano, Elliot, Roma 2010.
  18. Cfr. Jill Bolte Taylor, op. cit.
  19. Cfr. Il rotolo diafano, cit.

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