La comicità è da sempre uno sguardo sul mondo, anche quando il mondo osservato con approccio comico è in guerra. Elia Suleiman – nato a Israele, da genitori palestinesi, cristiano per tradizione e apolide per scelta – lo ha mostrato meglio di tutti negli ultimi decenni, costruendo opere memori di Jacques Tati, in cui si mette in scena adottando uno sguardo che rende conto del ridicolo della storia. Diventato cineasta più per caso che per vocazione, insegnante di cinema zelante e impegnato, cittadino del mondo che si è creato un alter ego nei film e l’ha chiamato ES – come le sue iniziali, ma anche come terzo elemento della triade freudiana – negli
anni Suleiman ha allargato la sua visione oltre il proprio Paese, la Palestina perennemente in fiamme, per includere l’intero pianeta. Questo libro racconta i continui viaggi, le andate, i ritorni di un passivista, ovvero di un uomo che è il contrario di un attivista, che si limita a guardare e, guardando, cerca di capire il senso di ciò che accade, sempre attraverso il filtro dell’ironia. Un invito alla lettura, alla visione, alla scoperta di un regista il cui occhio sul mondo – anche grazie alla combinazione straordinaria in cui è nato e cresciuto – è più unico che raro.