Ulrike Meinhof è il primo nome che viene in mente pensando al terrorismo in Germania negli anni Settanta, ma fu Gudrun Ensslin a fondare – insieme ad Andreas Baader – la Rote Armee Fraktion (RAF).
Una volta deciso di fare tabula rasa di tutto – radici, educazione, studi, marito, figlio – per stare “dalla parte giusta”, insieme a un uomo cui la univa un sentimento viscerale, Gudrun, tra le altre cose, diede fuoco a due grandi magazzini, assaltò banche, visse in clandestinità e poi in prigione, fino alla morte. Si impiccò, a trentasette anni, corpo reso scheletrico dai digiuni forzati, custode di infiniti enigmi.
Cosa può spingere una ragazza brillante e carismatica, che ha dato la vita a un bambino e studiato filosofia, pubblicato libri, manifestato in piazza, a preferire una vita sotterranea, sempre in fuga o in cella?
Questo libro – il primo in Italia dedicato a Gudrun Ensslin, impreziosito dalla prefazione di Barbara Sukowa (che la interpretò nel magnifico Anni di piombo di Margarethe von Trotta) e da una selezione di sue lettere inedite in Italia, scritte dal carcere alla sorella – cerca di rispondere alla domanda, a partire dai film che l’hanno come protagonista o ispiratrice, e da altri film e personaggi che la evocano per affinità o ne mostrano, per contrasto, i limiti. Nel tentativo di conoscere una donna dimenticata, aprire un dialogo con lei sul materno e sul femminile, ragionando anche su come e se sia possibile conciliare vita pubblica e privata, su quale senso abbia la vita, se ne abbia uno, come e dove trovarlo.