
Chi guarda cosa? Dove si nasconde il mostro quando tutti sono già mostri?
Una casa. Una famiglia. Un massacro. Ma non è solo questo: il film seminale di Tobe Hooper, uscito in America alla fine del 1974 e sbarcato nelle sale italiane il 14 giugno 1975, è una frattura nella grammatica dell’orrore. Un cinema che non simula: espone. Non descrive: lacera. Il terrore non viene da fuori, ma da ciò che dovrebbe proteggere, nutrire, accogliere.
Questo studio segue le vene aperte di Non aprite quella porta: i suoi vuoti, le sue ripetizioni, le sue assenze. Un montaggio nervoso, ossessivo,
che costruisce senso attraverso ciò che manca.
Attraverso l’assemblaggio della carne e il silenzio della colonna sonora, Hooper costruisce una forma di crudele essenzialità: l’orrore non è l’eccezione, ma la regola. Non chiudiamo il (discorso sul) film: lo attraversiamo.
Lo ascoltiamo. Lo lasciamo vibrare. Non c’è catarsi, né interpretazione che basti.
Solo un film che guarda indietro – e ci vede, ancora.