
Sono passati undici anni dalla scomparsa di Ezio Alberione, animatore culturale instancabile, firma principe di una rivista, duel diretto da Gianni Canova, che ha completamente rivoluzionato il modo di intendere e fare critica cinematografica negli anni Novanta. Pensatore raffinato e scrittore arguto, Alberione sapeva far dialogare sacro e profano, usando la settima arte come purissima forma di pensiero. Il volume, curato da Marì Alberione e Fabio Vittorini, raccoglie quindici illuminanti saggi dell’autore. Pagine che, passando da Truffaut a Spielberg, dalla tv alla Divina Commedia, risultano di attualità sconcertante, segni di una verve intellettuale che nessuno, oggi, sembra più possedere.
«Ezio coincideva totalmente con la propria scrittura e tuttavia lasciava anche che la vita – la sua vita – tracimasse oltre la scrittura, che esondasse fuori dalla pagina. È questo che mi ha sempre, da subito, colpito in lui. Che mi ha punto. La sua capacità di essere tutto dentro le parole e le frasi che scriveva ma – al contempo – anche di essere altrove. Spesso dove non ti aspettavi di trovarlo».
Gianni Canova