La filmografia di Dario Argento è sempre rimasta relativamente impermeabile a tendenze e movimenti che, soprattutto dagli Stati Uniti, ciclicamente sconvolgevano l’immaginario horror globale. Giunto a una fase mediana della propria storia, il regista romano sembra volere ovviare proprio a questo solipsismo, ricollocando il proprio nome all’interno di un pantheon che l’aveva finora ammirato a distanza. È dunque tutta sua (e del sempre presente fratello Claudio) la paternità del “pet project” Due occhi diabolici (1990): quattro episodi per altrettanti maestri, riuniti in una celebrazione di Edgar Allan Poe ispirata, più che a Corman, ai vecchi horror antologici del cinema d’autore [...]
Tratto da Dario Argento n 15/2022