Esistono film in cui il senso delle cose – o, per parlare il linguaggio dei poeti, il pianto delle cose – viene affidato a categorie intimamente musicali, che si incaricano di illuminare la narrazione come fossero una luce dal di dentro. Accade nella maggior parte delle opere di Rainer Werner Fassbinder, genio scomparso troppo presto – a trentasette anni appena compiuti, esattamente quarant’anni fa – le cui narrazioni per immagini sfruttano tali categorie con intenzione drammaturgica, politica, polemica: il refrain, che ha la malinconia di qualcosa che ricade sempre nel passato; il dissidio tra tonalità e atonalità come atteggiamento morale, [...]