C’è stata una sola Garbo? Ce ne sono state almeno due, una svedese e una giapponese, accomunate da diversi elementi: nessuna della due faceva davvero Garbo di cognome, il destino di entrambe è stato dettato dall’incontro con un regista che le ha plasmate magnificandone la fotogenia, entrambe si sono consacrate alla Settima arte e hanno coltivato dietro un’aura virginale – seriosa per la prima, sorridente per la seconda – un mistero enigmatico amplificato da un precoce ritiro dalle scene.
Ma se di Greta Lovisa Gustafsson sappiamo (o crediamo di sapere) tutto, di Hara Setsuko – al secolo Aida Masae, musa di Ozu e una delle più importanti interpreti nipponiche – sappiamo molto meno.
Colma la lacuna questa breve, ammirata biografia firmata da Claudia Bertolé, tra le massime esperte italiane di cinema giapponese, che cerca di restituire – a cento anni dalla sua nascita in quel di Yokohama il 17 giugno 1920 – filmografia, personaggi e retroscena di un’attrice che ha cavalcato trasformazioni epocali come il tramonto dell’imperialismo e l’emergere della democrazia impersonando figlie devote, mogli, vedove, dee del focolare imperturbabili e ambigue come solo sanno esserlo la Donna e la Storia.