A quindicimila chilometri da Calle Maipù in Buenos Aires, all’interno di un grande cascinale della Bassa, Jorge Luis Borges parla. Con voce tesa, di testa, che tritura le parole in quarti di tono acuti, s’esprime in un francese elegante e scioltissimo, ora volgendosi all’editore anfitrione Franco Maria Ricci, ora alla giovane segretaria che lo guida in questo secondo suo viaggio in Italia. Attraverso i rami del melo che premono contro i vetri della finestra, la pur debole luce del mattino annuvolato sembra aggrumarglisi sul volto magro, dalla pelle un poco logora, sugli occhi azzurri spalancati. Sono occhi che non vedono, [...]
Tratto da Jorge Luis Borges – Il Bibliotecario di Babele n 12/2017