«Io non prego mai per i morti, io prego i morti.
L’infinita sapienza e clemenza dei loro volti –
come si può pensare che abbiano ancora bisogno di noi?
Ad ogni amico che se ne va io racconto di un amico che resta;
a quella infinita cortesia senza rughe ricordo
un volto di quaggiù, torturato, oscillante»
Cristina Campo
Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta apparve un gruppo di opere inetichettabili, accomunate da un comune senso dell’“osare” nel visionario ai danni di una narratività di prammatica. Si pensi a film come Arcana (1972) di Giulio Questi, Col cuore in gola (1967) e L’urlo [...]
Tratto da Pupi Avati n 10/2019