«Questo è il Dottor Živago» disse Boris Pasternak a Sergio d’Angelo, «che faccia il giro del mondo». Per poi aggiungere, dopo avergli consegnato il dattiloscritto: «Fin d’ora, siete tutti invitati alla mia fucilazione». Era il 20 maggio 1956: quel pomeriggio fu accesa la scintilla che divampò in un caso letterario internazionale, destinato a coinvolgere il Pcus e i partiti comunisti di mezza Europa. Censurato in Unione Sovietica perché contrario ai diktat del regime, il libro – scoperto e portato in Italia da d’Angelo – uscì per Feltrinelli nel 1957. Testimonianza di questo suo “lungo viaggio” è Pubblicate Živago!, un saggio che si legge come un romanzo, anzi come un diario, tenuto da un giornalista indipendente e non allineato che si batté anzitutto per la libertà della cultura da ogni ingerenza di ordine politico e del tutto affine a Boris Pasternak, raro esponente – allora come oggi, in un’epoca di conformismo generalizzato – di una categoria umana che antepone la libertà a tutto, compresa la vita.