Disney e Mussolini

Francesco Manetti
Walt Disney – Il mago di Hollywood n. 10/2015
Disney e Mussolini

Nel 1935 Walt Disney fece un viaggio turistico/commerciale in Europa, venendo anche in Italia, per diletto e per definire il passaggio dei diritti dei suoi personaggi dal fiorentino Nerbini al milanese Mondadori. Storici i suoi contatti con Edda e Galeazzo Ciano… Walt, tuttavia, incontrò anche il Duce? E perché, in caso di risposta affermativa, avrebbe dovuto farlo? Che interesse poteva infatti avere Benito Mussolini per la produzione disneyana? Inoltre, è vero che nel 1938, quando si trattò di favorire il fumetto italiano contro la preponderanza americana, il Duce si raccomandò personalmente con i vertici del MinCulPop di non toccare il celebre Topo disneyano?

 

  1. Un Topolino a Villa Torlonia

Il punto di partenza per far luce su questi “misteri” è un’intervista rilasciata da Romano Mussolini a Francesco De Giacomo per la rivista d’informazione fumettistica «If» (n. 4, ottobre 1995). Contiene numerose curiosità inedite e clamorose rivelazioni, a partire dal nome stesso di Guido Mussolini (figlio di Vittorio e primo nipote del Duce, nato nel 1937 e deceduto nel 2012): non deriverebbe, come dice l’ufficialità, da un omaggio alla memoria del generale Guidoni, ma sarebbe stato suggerito al fratello maggiore dal giovanissimo Romano, che pensava a Guido Ventura – ovvero al nome italiano di Brick Bradford, fumetto americano di fantascienza creato nel 1933 da William Ritt e Clarence Gray – le cui avventure venivano pubblicate sul periodico «L’Avventuroso», lanciato da Nerbini nel 1934.

L’amore per il fumetto internazionale nutrito dalla famiglia Mussolini si sarebbe indirizzato soprattutto verso le avventure classiche e i prodotti disneyani. Come affermò infatti lo stesso Romano, fra i suoi fumetti preferiti c’erano al primo posto Mickey Mouse e i grandi eroi dell’azione e dell’umorismo – come Mandrake, Cino & Franco, L’Uomo Mascherato, Flash Gordon e Braccio di Ferro – con una predilezione editoriale per i settimanali «L’Avventuroso» e «Topolino». Il giovane Mussolini richiese e ricevette nel 1936 la tessera “Amico di Topolino” e nel 1938 la sorella Anna Maria (nata nel 1929 e morta nel 1968) inviò un disegno a «Topolino», pubblicato sul numero 331 del 1939.

Veniamo ora a un passo cruciale, che negli anni ha suscitato dibattiti e prese di posizione. Nel colloquio con De Giacomo, il figlio del Duce dice testualmente: «Walt Disney ha rappresentato un perfetto anello di congiunzione tra mondo cinematografico e mondo dei fumetti. Durante una sua visita in Italia venne ricevuto da mio padre e in quell’occasione regalò a me e ad Anna Maria un enorme Topolino di legno. […] Nel pomeriggio, dopo essere stato ricevuto a Palazzo Venezia, Disney venne anche a Villa Torlonia. Era l’estate del 1935. Si parlò naturalmente di Topolino, di Minnie e di Paperino, che cominciava ad affacciarsi e che sarebbe divenuto uno dei miei beniamini. Ci si informò dei film e delle prossime avventure. Fu un incontro simpaticissimo e cordialissimo».

La visita di Walt nel Vecchio Continente ebbe gran risonanza su tutti i mezzi di comunicazione. Nel 2014 è uscito per Theme Park Press un prezioso libro di Didier Ghez, intitolato Disney’s Grand Tour – Walt and Roy’s European Vacation – Summer 1935: è da questo volume che abbiamo attinto molte delle notizie che seguono, integrandole con altre fonti (da alcune “classiche” fino al documentario Walt Disney e l’Italia – Una storia d’amore, scritto e diretto da Marco Spagnoli nel 2014). Apprendiamo così che Walt Disney viaggiò insieme alla moglie Lillian e al fratello Roy, accompagnato dalla consorte Edna. Il gruppo partì nel giugno del 1935 da New York, sul Normandie: i Disney toccarono il Regno Unito, la Francia, la Germania, l’Austria, la Svizzera e l’Italia; infine, salpando da Genova, tornarono in America il 1° agosto, a bordo del Rex.

A Roma, presso il Cinema Barberini, si tenne una serata di gala in onore del prestigioso ospite, che era stato ricevuto alla stazione da Luigi Freddi, a capo della Direzione Generale della Cinematografia e futuro fondatore di Cinecittà. La sala del Barberini venne addobbata con i suoi celebri beniamini e sullo schermo passarono alcune opere targate Disney. Gli Archivi Storici dell’Istituto LUCE, fondato da Mussolini nel 1924, conservano un breve filmato dell’evento, in cui vediamo Walt e Lillian Disney accompagnati da Galeazzo Ciano (Ministro per la Stampa e la Propaganda) e dalla contessa Edda Ciano Mussolini. Così il quotidiano «La Stampa» parlò dell’evento mondano del 19 luglio 1935: «Al cinema romano Barberini si è tenuta una serata di gala in onore di Walt. Gli onorevoli ospiti hanno riso di gusto assistendo a tre cortometraggi animati disneyani […] arrivati in volo da Londra proprio per l’occasione. Il pubblico cinematografico italiano ha dimostrato un grande sentimento di amicizia verso questo benefattore dell’umanità, come spesso viene definito».

 

  1. La stretta di mano fra il Duce e Disney: realtà o fantasia?

L’incontro fra Walt e Benito, in agenda da mesi, avvenne davvero? Ci sono prove e indizi a favore di questa ipotesi, e non solo il ricordo di Romano. Esiste uno scatto del Duce, conservato negli Archivi della WDC, autografato con dedica a Disney. Il ritratto fu eseguito a Roma dalla fotografa ungherese Ghitta Carell e la scritta vergata dal Duce recita: «A Walt Disney, with cordial regards and compliments. Roma, 21 luglio 1935-XIII. Mussolini». Anche Disney venne immortalato a Roma dalla Carell.

Dopo quella di Romano, la testimonianza più forte e autorevole della realtà dell’incontro risale a quando Roy Disney ne parlò, in un’intervista concessa fra il 1967 e il 1968 a Richard Hubler, giornalista ed esperto in biografie scomparso nel 1981. Roy si espresse in questi termini: «Walt fu ricevuto da Mussolini durante quel viaggio. Mussolini conosceva Walt e fu molto, molto cordiale e conversammo a lungo sui nostri cartoni. Parlava un inglese corretto. Aveva un ufficio grande… davvero enorme. […] Ci parlò con vanto anche dei treni. “Ora potete viaggiare sicuri sui treni. Fino a un anno fa capitava che venissero fermati e assaliti dai rapinatori. Ora non lo fanno più”».

Molti biografi parlano della permanenza di Disney a Roma nel ‘35, anche se solo alcuni si riferiscono direttamente all’incontro con il Duce, dandolo per certo; lo fa, per esempio, Bob Thomas, nel suo Walt Disney – An American Original, persino nell’ultima edizione (Hyperion, New York 1994). Anche Maria Scicolone (attrice, moglie di Romano e sorella di Sophia Loren) parlò della riunione tra i Disney e Benito Mussolini nel suo libro A tavola con il Duce (Gremese, Roma 2004). Il fondamentale volume Eccetto Topolino di Fabio Gadducci, Leonardo Gori e Sergio Lama (Nicola Pesce Editore, Battipaglia 2011) ripercorre la storia editoriale del fumetto durante l’Era Fascista; qui l’intervista a Romano Mussolini è riportata integralmente, dando dunque nuova autorevolezza alla veridicità del colloquio.

Didier Ghez, nel suo libro, afferma invece che quell’incontro non ci fu, sottolineando che non esistono foto dell’evento, che Walt Disney non ha mai raccontato del colloquio (anzi, sul Rex, sollecitato da un giornalista americano, avrebbe negato di aver visto il Duce) e che non ne hanno mai parlato nemmeno Edna o Lillian; inoltre, secondo i documenti ufficiali conservati presso l’Archivio di Stato a Roma, il nome di Disney non compare nella lista delle persone ricevute da Mussolini in quei giorni di luglio.

 

  1. Oltre il Topo: Walt Disney tra verità e leggende

L’incontro tra Mussolini e i Disney potrebbe però esserci stato, nonostante tutto. La circostanza dell’inesistenza di foto o riscontri “ufficiali” (e il fatto che Disney abbia anche negato che avvenne) potrebbe spiegarsi considerando che quell’incontro fu privato e famigliare (a Villa Torlonia, la residenza romana del Duce) e allo stesso tempo “delicato” (a Palazzo Venezia). Delicato perché si parlò sicuramente del passaggio dei diritti da Nerbini a Mondadori, questione economica non minima, che avrebbe avuto effetti sull’editoria italiana nei decenni a venire. Ci sembra lapalissiano immaginare Benito Mussolini, negli incontri con i grandi dell’industria e del commercio, mentre discute anche di questioni economiche e d’interessi italiani – come farebbe ogni serio Capo di Stato che avesse a cuore la situazione del suo Paese.

Infine, un’altra considerazione: in quegli anni e almeno fino all’inizio del conflitto Walt Disney, politicamente, aveva una posizione non avversa ai socialismi nazionali europei, e dunque un incontro con il Duce, anche sotto questo aspetto, potrebbe essere più che plausibile. Il suo sentimento antibolscevico è ben noto, anche se molto spesso gli viene affibbiata più l’etichetta di “conservatore reazionario” che quella di “rivoluzionario”. Ma forse la verità sta nel mezzo. Disney era sì un americano, un capitalista, ma “a modo suo”, interessato più ai suoi personaggi che ai soldi che ne potevano derivare; negli anni rischiò più volte la bancarotta per inseguire i suoi sogni, prima e dopo il Topo; il film Fantasia, uscito negli USA nel 1940, assai visionario per l’epoca, fu un gigantesco flop che avrebbe gettato la WDC in crisi per un decennio; solo negli anni Cinquanta Disney riuscì a liberarsi dal patibolo che gli avevano apparecchiato le banche. Inoltre, nel luglio del 1935 le sanzioni economiche contro l’Italia erano ancora relativamente lontane e i rapporti fra Roma e Washington non avevano ancora cominciato a guastarsi, nemmeno per quanto riguarda lo spettacolo (nel 1937 Vittorio Mussolini, secondogenito del Duce, si recò addirittura a Hollywood, dove assistette alle riprese di una delle comiche di Hal Roach).

In quella fatidica estate del 1935 Disney era andato anche in Germania, stazionando soprattutto a Monaco, per turismo termale e per discutere della distribuzione UFA dei suoi cortometraggi; qui, secondo le biografie, avrebbe incontrato solo le autorità politiche locali bavaresi; nel saggio Im Reiche der Micky Maus: Walt Disney in Deutschland 1927-1945 di Jorg-Peter Storm e Mario Dressler (Henschel Verlag, Berlin 1991) si afferma invece che sarebbe volato con un aereo di Stato fino a Berlino, invitato per colloqui ufficiali con le più alte cariche governative…

Eppure, si corre il rischio di scivolare nella “leggenda nera”! Se leggiamo il saggio di Marc Eliot, Walt Disney – il Principe Nero di Hollywood (Bompiani, Milano 1994), il creatore di Topolino viene praticamente arruolato nel NSDAP! Il libro si basa sulle affermazioni di Art Babbitt, l’ideatore di Pippo, uno dei maggiori animatori Disney fino al 1940. Babbitt, sindacalista e socialista, appoggiò nel 1941 uno sciopero dei dipendenti degli Studios, passando poi serie grane, e da quel momento non perse mai un’occasione di attaccare l’ex-amico. Dal suo punto di vista il “fascismo” attribuito a Disney era una connotazione reale ed estremamente negativa.

Ma perché Disney sarebbe stato un “fascista”? L’etichetta gli venne affibbiata in virtù delle sue ben note idee antibolsceviche (tanto che si hanno tracce di una sua collaborazione con l’FBI in funzione anticomunista) e di certe sue frequentazioni – in particolare, l’amicizia e ammirazione dell’asso dell’aviazione Charles Lindbergh. Il trasvolatore oceanico, aperto simpatizzante dei socialismi nazionali, negli anni Trenta fu più volte in visita ufficiale in Germania, per studiare i progressi dell’aviazione tedesca e ricevette persino un’onorificenza da Göring in persona, una medaglia che non volle mai sconfessare: l’aviatore vedeva nella Germania di Hitler un baluardo dell’Occidente contro lo stalinismo. Appoggiò tutte le iniziative dell’America First Comittee, organizzazione fondata nel 1940 per sostenere la non belligeranza degli USA e contraria alla politica rooseveltiana; sua moglie fu più volte accusata dal governo di Washington di fare propaganda “nazista” con i suoi romanzi. Disney era entusiasta di Lindbergh e secondo Babbitt sosteneva a sua volta i progetti di America First.

Il primo cartone animato della serie Mickey Mouse a essere prodotto, nel 1928 anche se venne distribuito solo come quarto, nel 1929, dopo l’aggiunta della colonna sonora – fu Plane Crazy. Qui il nostro Topolino sogna di volare, rivivendo le imprese di Lindbergh; tale cartone – ribadiamolo, il primo della serie – ebbe successivamente una riduzione a fumetti; questa fu oggetto della sequenza di strisce della prima avventura in assoluto del Topo, pubblicata negli USA dal gennaio al marzo 1930. Lindbergh, che apparve anche nella trasposizione fumettistica, fu dunque il “nume ispiratore” sia del primo cartone animato, sia della primissima storia di Topolino!

Nel caustico volume di Eliot spicca anche il caso di Gunther Lessing, famoso avvocato nato nel 1886 in Germania e morto nel 1965 in California. Dal 1929 al 1964 fu il rappresentante legale di Walt Disney, che lo nominò vice-presidente della Compagnia; fu con lui che Babbitt dovette scontrarsi a causa dello sciopero del 1941. Di Lessing (estendendo il giudizio allo stesso Disney) si sottolineano da più parti i presunti legami con la German American Bund, fondata da Fritz Gissibl nel 1936, e con la Silver Shirt Legion of America, nata nel 1933 per iniziativa di William Dudley Pelley, entrambe organizzazioni filo-germaniche agenti in sostegno dell’idea politico-sociale del Terzo Reich.

 

  1. Eccetto Topolino: il fumetto e il cartone animato disneyano dal 1938

A Villa Torlonia c’era anche una saletta cinematografica. Qui Mussolini, con i suoi figli più giovani, visionava i cartoni animati licenziati dalla Disney, apprezzandone soprattutto le colonne sonore. Romano Mussolini rivela: «Il motivo musicale dei “Tre Porcellini” era diventato così popolare che alcune volte l’ho sentito canticchiare persino da mio padre». Il colloquio con De Giacomo fa luce anche su altri particolari. Innanzitutto si scopre che al Duce «piacque enormemente» il primo lungometraggio della Disney, Biancaneve e i Sette Nani (1937), presentato in Italia nel 1938 al Festival di Venezia, tanto che «volle anche» rivederlo almeno due volte. Dal novembre del 1935 (ovvero dall’inizio delle sanzioni economiche) fino al luglio del 1938 (anno delle proibizioni ministeriali vere e proprie) si tentò di favorire, per quanto riguardava le letture disegnate destinate a un pubblico giovanile, i nostri prodotti rispetto a quelli stranieri. Pian piano i fumetti americani scomparvero dalle testate per ragazzi, anche grazie alla “prefazione-manifesto” del futurista Marinetti, presidente del Convegno Nazionale per la Letteratura Infantile e Giovanile, organizzato a Roma nel novembre del 1938. Ma le creazioni Disney poterono continuare a essere pubblicate fino al 3 febbraio 1942, con l’ultima puntata sul settimanale mondadoriano della storia Topolino e l’illusionista: l’Italia aveva dichiarato guerra agli Stati Uniti già da quasi due mesi! Da quel momento fu il conflitto a risolvere ogni questione, e anche il Topo tornò in America…

Da dove derivò questo “trattamento di favore” nei confronti di Burbank dal 1938 al 1942? Nelle circolari e nelle lettere di risposta del Ministero della Cultura Popolare ai vari editori che avrebbero voluto continuare a pubblicare materiali fumettistici americani si escluse dai provvedimenti solo la produzione disneyana. Romano rammenta di essersi personalmente raccomandato più volte con Ferdinando Mezzasoma, Direttore Generale del MinCulPop, riguardo alla musica jazz e alla produzione Disney. Benito Mussolini, il cui gradimento nei riguardi dell’arte disneyana era noto, dovette aver recepito questi sentimenti, e, quando nel 1938 gli venne sottoposto un elenco di pubblicazioni non più adatte al pubblico giovanile, lo approvò… aggiungendo però una leggendaria postilla: «Eccetto Topolino!».

Questo accadimento era stato dato per certo fin dal 1968: ne parlò per primo Ezio Ferraro sul mensile «Sgt. Kirk», in una serie di articoli intitolati La storia del giornalinismo italiano. Studi più approfonditi – culminati nel 2011 col fondamentale Eccetto Topolino – hanno tuttavia ridimensionato il fatto. A quanto pare non ci sarebbe stato un intervento personale del Duce ma una percezione, in ambito ministeriale, oltre che dell’apprezzamento dei Mussolini verso Mickey Mouse & Co., della scarsa o inesistente rilevanza «politica» delle avventure di Topolino e Paperino, e anzi di un certo «comune sentire» fra il Fascismo e la «filosofia sociale disneyana»…

I provvedimenti coinvolsero anche il cinema d’animazione americano. Pinocchio, del 1940, fu proiettato per la prima volta in Italia solo nel 1946. Ma i disegni tratti dal film erano conosciuti da tutti, essendo stati distribuiti fin dalla fine degli anni Trenta; in un cinegiornale LUCE, girato a Firenze nel gennaio del 1942, in occasione dell’inaugurazione del Centro Didattico Nazionale, venne filmata una saletta dov’era stata allestita un’esposizione dedicata al personaggio di Collodi; in uno dei quadretti appesi al muro notiamo Pinocchio nel noto abbigliamento “tirolese” dell’interpretazione disneyana!

Fantasia, pure del 1940, fu il terzo lungometraggio della WDC. Alcune sequenze, come quella dei vulcani preistorici, furono ispirate a Disney proprio dal viaggio italiano del 1935, durante il quale si recò anche sul Vesuvio. La pellicola fu un disastro assoluto al botteghino USA, ma fu un successo… a Roma! Come racconta Romano, quando le truppe italo-germaniche riconquistarono la città di Tobruk, in Libia (che inglesi e australiani avevano invaso nel gennaio del 1941), fra il materiale abbandonato furono trovate anche numerose pellicole, tra cui Fantasia, che fu proiettata, in anteprima assoluta per l’Italia, a Villa Torlonia, per interessamento di Mezzasoma. Romano afferma testualmente: «Ne rimanemmo scioccati». Sipario.

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