"Delitto in via Teulada". La tensione (in) striscia

Claudio Bartolini
Aldo Lado n. 9/2019

La trama è semplice, quasi scarna, in linea con i costrutti thriller che nei primi anni Settanta animavano gli schermi del cinema popolare italiano: in una notte, negli studi televisivi Rai di via Teulada 66, Roma, un assassino in guanti neri uccide Diamante, interprete di uno sceneggiato televisivo. Sull’accaduto indagano l’addetto alle luci Sandro e la centralinista ipovedente Lia, mentre anche la prima ballerina di Variety Annie e l’attrice Ely sono assassinate. Quando la verità viene a galla, emerge anche un passato traumatico che ha legato i destini delle tre vittime a quelli di Lia.

Adottando come (s)punto di partenza il racconto inedito di Giorgio Scerbanenco Delitto in via Teulada, Aldo Lado torna al genere degli assassini per la quarta volta e a cinque anni da L’ultimo treno della notte (1975), rispondendo alla richiesta della Rai per una serie di stacchi gialli da inserire in striscia settimanale come intermezzo tra i servizi del programma di spettacolo Variety, creato da Brando Giordani e trasmesso su Rete 1 (attuale Rai1) da febbraio a luglio 1980. La televisione pubblica cerca di rispondere ai format aggressivi di quelle private, emergenti grazie al ritmo incalzante dei contenuti e alla brevitas degli spot, all’immediatezza delle narrazioni e al facile aggancio con l’audience. Il regista realizza dunque micro-episodi (dai 3 ai 5 minuti) prediligendo l’incedere ritmico e i picchi thrilling alla dimensione prettamente gialla dell’intreccio, ridotta ai forzati climax che separano le puntate creando cliffhangers di sicura presa. Ogni messa in onda di Variety è contrappuntata da due inserti all’insegna della paura, che ottengono un successo autonomo tanto elevato da indurre la Rai a commissionare a Lado anche la versione tv movie del progetto, cui il regista lavora assieme alle maestranze dell’emittente in vista della programmazione immediatamente successiva alla chiusura di Variety.

La versione compatta di Delitto in via Teulada approda sul piccolo schermo il 15 agosto 1980 con tagli che modificano lievemente l’intreccio: vengono espunti i delitti di Angelina e Maria, probabilmente compiuti dal fratello di Lia (quest’ultima, in quei momenti, si trovava assieme a Sandro), per concentrarsi esclusivamente sul percorso omicida della protagonista. Al netto di inverosimiglianze narrative marcate (un’ipovedente insegue agilmente e uccide chirurgicamente le sue vittime, la polizia entra in azione solo nel finale) e di uno stile di genere che è pedissequa imitazione, televisivamente depotenziata, del cinema anni Settanta di Dario Argento (l’abbigliamento del killer, l’uso della soggettiva, i primi piani sull’occhio e il finale che cita L’uccello dalle piume di cristallo [1970]), questa (micro)miniserie offre qualche sprazzo di messa in scena degno del suo regista. Su tutti, dall’inseguimento di Annie (una debuttante e poco più che ventenne Barbara D’Urso) tra i corridoi deserti degli studi televisivi – con vertiginoso disorientamento ansiogeno nella stanza degli specchi – riesce a distillare un raffinato momento di suspense. Per mezzo dell’espediente del gatto nero – che, scappato dalla padrona, percorre incessantemente i teatri di posa – Lado crea inoltre un fil rouge animalesco (di nuovo Argento, con echi dal cinema gotico e dalla letteratura di Edgar Allan Poe) capace di collegare in qualche modo gli scenari negli interni degli studi e farsi incarnazione premonitrice dei delitti.

Il main theme gobliniano della colonna sonora di Fabio Frizzi – che il compositore riutilizzerà in Paura nella città dei morti viventi di Lucio Fulci (1980), consegnandolo a un’ideale hit parade musicale del bis italiano – veicola ulteriori dosi di inquietudine e mistero, coadiuvando i vertici tensivi e accompagnando il pubblico in un universo al nero decisamente sopra le righe rispetto agli standard linguistici della tv di Stato.

Ma l’aspetto più interessante di Delitto in via Teulada è quello metalinguistico enunciato sin dall’apertura: in un appartamento dalle arie gotiche (candelabri, lunghe tende e giochi d’ombre, mentre fuori infuria un temporale) penetra un individuo con cappello a tesa; la donna che abita la casa, sola in salotto, sente un rumore: la porta della stanza cigola; la sua ansia è palpabile, mentre l’uomo le si insinua alle spalle e l’accoltella con un paio di forbici. «Stop», intima una voce fuori campo, prima che la macchina da presa carrelli all’indietro svelando il set di una fiction e l’inviperito regista interpretato dal caratterista Paolo Baroni. Nel successivo sviluppo d’opera, il metalinguismo è perseguito in un’esplorazione metodica – quasi documentaristica – dei gangli che muovono l’apparato televisivo: dalla sartoria ai depositi dei costumi, dai trucchi di scena alle sale riservate all’orchestra, dalle scenografie in movimento al set vero e proprio (con tanto di gemelle Kessler, Pippo Baudo, Emilio Fede, i Gatti di Vicolo Miracoli e Corinne Cléry come comparse) gli studi dell’emittente sono restituiti in tutta la loro complessa, affascinante struttura. Se da un lato l’operazione è smaccatamente promozionale – in un momento di forte crescita dei competitors privati, svelare ai telespettatori i backstage dei loro programmi preferiti, con tanto di beniamini al lavoro, è sicuramente un forte stimolo alla creazione di un legame “affettivo” con la rete – dall’altro il regista insinua uno spunto di riflessione cervellotico ma suggestivo, un sottotesto teorico da non trascurare: in televisione si muore, prima di tutto artisticamente, e i luoghi dove la televisione è al lavoro forniscono tutto l’armamentario necessario affinché l’assassino compia il suo truce operato. Il nuovo medium, insomma, è il deus ex machina che orchestra e ospita la sarabanda grandguignolesca, il Grande Burattinaio che nella diegesi condanna a priori i personaggi e nella realtà sentenzia il declino di quei professionisti che negli anni Sessanta e Settanta avevano operato in seno ai generi made in Italy. Una visione truce e pessimista, ma estremamente lucida e realista, sui mutamenti dell’industria culturale in una fase storica in cui il cinema popolare italiano inizia a subire pesanti ripercussioni a causa della repentina e rampante crescita catodica.

Lado, come spesso nella sua filmografia, fotografa la contemporaneità attraverso la lente di chi, senza farsi troppe illusioni, vive il cinema come un mestiere da svolgere con il piglio dell’artigiano. Ma Delitto in via Teulada resta un grido d’aiuto inascoltato e viene presto relegato a margine anche in ottica distributiva: nel mercato home video rimane inedito, mentre la sua messa in onda resta episodica.

Sono i misteri di Mamma Rai, ben più fitti, articolati e insondabili di quelli scatenati dalla povera, folle Lia.

 

 

CAST & CREDITS

Regia: Aldo Lado; soggetto: Aldo Lado, Amedeo Pagani (dal racconto inedito Delitto in via Teulada, di Giorgio Scerbanenco); sceneggiatura: Aldo Lado, Amedeo Pagani; fotografia: Pietro Morbidelli; scenografia: Emilio Voglino; costumi: Salvatore Russo; montaggio: Tullio Cordanti; musiche: Fabio Frizzi; interpreti: Aurietta Gay (Lia, come Aurietta Gai), Pietro Brambilla (Sandro), Margherita Sestito (Ely), Barbara D’Urso (Annie, come Barbara d’Urso), Branko Vatovec (Enrico); produzione: RAI; origine: Italia, 1980; durata: 15 episodi da 3’/5’; format: striscia televisiva settimanale; prima messa in onda: da febbraio a luglio 1980, Rete 1; home video: vhs inedita, dvd inedito, Blu-ray inedito; colonna sonora: inedita.

[Vai all'indice]

Scarica il pdf

Ultime uscite

François Ozon

François Ozon

Inland n. 2/2016
Il secondo numero di INLAND è il primo volume dedicato in Italia a François Ozon. Regista tra i generi, firma sfuggente all’etichetta d’autore, nei suoi film Ozon fa riverberare echi [...]
Fiume Diciannove - Il Fuoco sacro della Città di Vita
1919-2019. Un secolo fa Gabriele d’Annunzio entrava in Fiume d’Italia, dando vita a quella che sarebbe stata una rivoluzione durata cinquecento giorni. Un’atmosfera febbricitante e festosa, ma anzitutto sacra, qui [...]
Aldo Lado

Aldo Lado

Inland n. 9/2019
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai [...]
Dylan Dog - Nostro orrore quotidiano
Detective dell’Occulto, Indagatore dell’Incubo, Esploratore di Pluriversi: come definire altrimenti Dylan Dog, dal 1986 residente al n. 7 della londinese Craven Road? Le sue avventure – che affrontano tutti gli [...]
Dino Buzzati - Nostro fantastico quotidiano
Vi sono autori, come disse una volta Conan Doyle, che «hanno varcato una porta magica». Tra questi spicca Dino Buzzati, che ha condotto il fantastico nel cuore pulsante della materia. [...]
William Lustig

William Lustig

Inland n. 13/2020
Gennaio 2015, riunone di redazione: si discute a proposito della nascita di INLAND. Quaderni di cinema. A chi dedicare i primi tre numeri? Idee tante, unanimità poca. Restano quattro progetti, [...]
Jorge Luis Borges - Il Bibliotecario di Babele
Jorge Luis Borges è un autore oceanico, un crocevia di esperienze, storie, civiltà e piani dell’essere, un caleido­scopio nel quale il passato si fa futuro e il futuro si rispecchia [...]
Antonio Bido

Antonio Bido

Inland n. 11/2019
Girata la boa del decimo numero, INLAND. Quaderni di cinema compie altri due significativi passi in avanti. Innanzitutto ottiene il passaporto. A rilasciarlo è stato il Paradies Film Festival di Jena [...]
Carlo & Enrico Vanzina

Carlo & Enrico Vanzina

Inland n. 7/2018
INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel [...]
Lav Diaz

Lav Diaz

Inland n. 3/2017
È da tempo che noi di INLAND pensiamo a una monografia dedicata a Lav Diaz. Doveva essere il numero #1, l’avevamo poi annunciato come #2, l’abbiamo rimandato in entrambe le [...]
Mike Flanagan

Mike Flanagan

Inland n. 16/2023
Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene [...]
Manetti Bros.

Manetti Bros.

Inland n. 14/2022
Febbraio 2020. Inland. Quaderni di cinema numero #13 va in stampa con una nuova veste. Brossura, dorso rigido, grammatura della copertina aumentata. Il numero è dedicato a William Lustig, alfiere [...]
Lune d'Acciaio - I miti della fantascienza
Considerata da un punto di vista non solo letterario, la fantascienza può assumere oggi la funzione un tempo ricoperta dai miti. I viaggi nello spazio profondo, le avventure in galassie [...]
Rob Zombie

Rob Zombie

Inland n. 1/2015
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e [...]
Pupi Avati

Pupi Avati

Inland n. 10/2019
Numero #10. Stiamo diventando grandi. Era da tempo che pensavamo a come festeggiare adeguatamente questa ricorrenza tonda, questo traguardo tagliato in un crescendo di sperimentazioni editoriali, collaborazioni, pubblicazioni sempre più [...]
Philip K. Dick - Lui è vivo, noi siamo morti
Celebrato in film, fumetti e serie tv, Philip K. Dick ha stregato gli ultimi decenni del XX secolo. Ma il suo immaginario era talmente prodigioso che, a furia di sondare [...]
Sergio Martino

Sergio Martino

Inland n. 5/2017
Giunto al quinto numero, INLAND. Quaderni di cinema affronta uno snodo cruciale, fatto di significative ed emblematiche svolte che segnano uno scarto, un’apertura rispetto alla precedente linea editoriale. Innanzitutto la scelta del [...]
Carlo Verdone

Carlo Verdone

Inland n. 12/2019
"Vi ho chiesto di mettere la mia moto Honda Nighthawk in copertina perché su quella moto c'è passato il cinema italiano. Su quella moto io sono andato e tornato da [...]
Rob Zombie Reloaded

Rob Zombie Reloaded

Inland n. 8/2019
Giunto all’ottavo fascicolo, INLAND. Quaderni di cinema riavvolge per un attimo la pellicola della sua breve ma significativa storia, tornando a percorrere i passi compiuti nel 2015 quando aveva aperto [...]
America! America? - Sguardi sull'Impero antimoderno
L’impero statunitense ha sempre generato nella cultura italiana reazioni contrastanti, che spaziano da un’esaltazione semi-isterica a una condanna a priori, altrettanto paranoica. Sembra sia pressoché impossibile, per chi si confronta [...]
Dario Argento

Dario Argento

Inland n. 15/2022
Tutto è nato da Occhiali neri (2022). Dalla sua visione, certo, ma anche dal dibattito che il film ha riaperto a proposito di Dario Argento e di tutto ciò che [...]
Walt Disney - Il mago di Hollywood
«Credo che dopo una tempesta venga l’arcobaleno: che la tempesta sia il prezzo dell’arcobaleno. La gente ha bisogno dell’arcobaleno e ne ho bisogno anch’io, e perciò glielo do». Solo un [...]
4-4-2 - Calciatori, tifosi, uomini
Nel calcio s’intrecciano oggi le linee di forza del nostro tempo; talvolta vi si palesano le sue fratture, i suoi non-detti. Ecco perché il quattordicesimo fascicolo di «Antarès» è dedicato [...]
Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn

Inland n. 4/2017
Perché Nicolas Winding Refn? La risposta è semplice: perché, piaccia o no, è un autore che, più di altri, oggi ha qualcosa da dire. Sebbene sempre più distante dalle logiche [...]
Michele Soavi

Michele Soavi

Inland n. 6/2018
Il nuovo corso di INLAND. Quaderni di cinema, inaugurato dal numero #5, dedicato a Sergio Martino, è contraddistinto da aperture al cinema italiano, al passato, a trattazioni che possano anche [...]

Ultimi post dal blog

Fabrizio Fogliato è un esperto di cinema e in particolare del cinema dei generi. Da anni pubblica regolarmente saggi e analisi che diventano punti di riferimento per il mondo del cinema. Lo scorso anno ha mandato in stampa un nuovo importante volume intitolato Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano. Lo abbiamo intervistato per farci spiegare di che cosa si tratta e in che modo ha analizzato il cinema criminale della Penisola. Partiamo dal titolo. Come mai ha scelto Con la rabbia agli occhi, che è anche il titolo di un film degli anni 70? Con la rabbia [...]
Benedetta Pallavidino ha raccontato un attore molto controverso nel suo Helmut Berger. Ritratto su pellicola, edito da Bietti Edizioni nella collana Fotogrammi. L’abbiamo intervistata. L’attore classe 1944 è scomparso il maggio scorso ed è stato interprete di tanti capolavori tra cui diversi film di Luchino Visconti con cui ebbe anche una relazione. Ecco le sue parole sull’artista: Come nasce la tua voglia di andare a raccontare un personaggio controverso come Helmut Berger? Nasce dal fatto che l’ho sempre trovato un attore molto sottovalutato, ricordato solo per essere stato il divo e il compagno di Visconti. È sicuramente vero che diretto da [...]